TEDESCHI TREVES, Virginia
(Cordelia). – Non molte sono le notizie riguardanti la vita di questa scrittrice meglio nota con lo pseudonimo di Cordelia. Nacque a Verona il 22 marzo 1849 da una famiglia facoltosa (il padre Guglielmo che aveva preso in moglie Dolce Basevi, era un commerciante di filati e socio della casa editrice Drucker&Tedeschi, fondata dallo zio Donato Tedeschi, mentre il fratello Achille Tedeschi divenne giornalista di fama nazionale) ed evidenziò ben presto una vocazione alla scrittura che fu altresì favorita dal matrimonio nel 1870 con il fratello del celebre editore Emilio Treves, Giuseppe, che conobbe la scrittrice durante un breve soggiorno a Verona, proprio negli anni in cui i due fratelli stavano dando inizio alla loro impresa editoriale.
Quando nel 1872 i Treves ebbero l’occasione di ampliare la loro tipografia, lo fecero acquistando in via Palermo a Milano un terreno anche con il ricavato della dote di Virginia Tedeschi, ben presto riconosciuta pubblicamente come un’intellettuale raffinata, donna cortese e di buon gusto, in grado di fare della propria casa un salotto letterario assai ambito e, contemporaneamente, di lavorare a pieno ritmo sulla scena editoriale nazionale. Ben presto divennero celebri i salotti da lei tenuti nella casa milanese di via Conservatorio e nella villa Cordelia di Belgirate, entrambi frequentati da Gabriele D’Annunzio, Arrigo Boito, Giuseppe Giacosa e altri personaggi celebri.
Pubblicò per i tipi di Treves, il romanzo Il regno della donna (Milano 1879), apologia della vita domestica e delle virtù femminili; sul frontespizio il suo nome era sostituito dallo pseudonimo Cordelia (inglobante il cor latino), il nome della figlia più giovane di re Lear nell’omonima tragedia di Shakespeare, una ragazza bella, intransigente e fiera.
Tra fine e principio di secolo Cordelia divenne, insieme a scrittrici come Anna Vertua Gentile, Sofia Bisi Albini, Ida Baccini ed Emma Perodi, protagonista del mondo editoriale e della produzione letteraria indirizzata a un pubblico giovanile e in particolare alle ragazze. Erano gli anni in cui l’industria culturale si apriva alle donne scrittrici, che ritagliavano per loro stesse un ruolo creativo ed educativo di carattere pubblico, alternando nella produzione una marcata dose di sentimentalismo e contenuti didattico-pedagogici a tentativi di emancipazione femminile.
A partire da questo momento Cordelia si orientò in due attività preferenziali. La prima, d’intesa con il marito e il fratello, fu quella di direttrice di riviste di moda e di ‘ago e ricamo’ edite dalla Treves, mettendo a frutto un’esperienza maturata già con la direzione del Giornale dei fanciulli (1881-1901) e sempre attenta a conciliare piacere estetico e originalità dei contenuti, non senza immettere nel formato editoriale una serie di letture amene, divulgative e pedagogiche, in cui la ‘domesticità’ si codificava lentamente come una nuova etica del lavoro.
Dopo l’Unità furono molteplici le pubblicazioni rivolte al pubblico femminile nel panorama della stampa milanese, con operazioni editoriali che guardavano ai modelli esteri ma cercavano di delineare un profilo italiano. Fu il caso di Margherita, edita tra il 1878 e il 1922, L’Eco della moda (1888-1912), il Corriere delle signore (1897-1922) e La Moda (1877-97).
Margherita, il cui sottotitolo recita Giornale delle signore italiane di gran lusso, fu il vero vanto di Cordelia, che la diresse quale esplicito omaggio alla regina Margherita, esempio di femminilità tutta italiana ed esemplare rappresentante di una borghesia colta, ricca e raffinata. Così, se da un lato esaltava «le glorie nazionali», facendo leva sulla «ricchezza e il pregio delle incisioni», la cura della grafica e la presenza di racconti e romanzi di firme accattivanti, tra cui quelli della stessa Cordelia, dall’altro delineava e proponeva il ritratto di una donna che deve saper essere bella, distinta nei modi e nel linguaggio, sempre misurata, esperta nel campo della vita domestica, della salute, dell’educazione e della letteratura, in grado di maturare una consapevolezza di sé attraverso l’attività sociale e professionale.
Cordelia scrisse negli anni in cui si andavano definendo i confini di una nuova professionalità femminile, fatta di articoli, romanzi e rubriche, in cui le donne erano allo stesso tempo oggetto e soggetto educativo.
In questo nuovo campo rientrano le sue opere narrative ‘per signorine’, quali Prime battaglie (Milano 1880), Vita intima (Milano 1881), Dopo le nozze (Milano 1882), Catene (Milano 1882), Casa altrui, La dote di Serena, Evelina (Milano 1883), Massime e consigli (Perugia 1886), Il mio delitto (Milano 1890), I nostri figli (Milano 1894), L’incomprensibile (Milano 1900) e Le donne che lavorano (Milano 1916).
Nel 1912 Cordelia fu tra i fondatori a Milano di un Lyceum femminile, proprio con l’obiettivo di favorire nelle donne una vocazione alla scrittura, alla creatività, al filantropismo e alla conoscenza scientifica; tuttavia, già in precedenza aveva aderito all’Associazione Pro suffragio femminile e presentato, nel 1908, una relazione al primo Congresso delle donne italiane tenutosi a Roma.
La seconda attività di Cordelia fu una densa produzione di commedie, romanzi e racconti destinati ai fanciulli.
Fra questi, tutti apparsi per i tipi di Treves, si ricordano: Il castello di Barbanera (1883), Nel regno delle fate (con illustrazioni di E. Dalbono, 1884), Mentre nevica: racconti dell’amica dei bimbi (1886), Piccoli eroi (con illustrazioni di A. Ferraguti, 1891 e successive edizioni; ristampato anche, in due volumi, Firenze s.d., per la Stamperia nazionale braille), Il libro delle avventure (1891), Il segreto della felicità (1896), Nel regno delle chimere (1898), I nipoti di Barbabianca (1912). Opere grazie alle quali Cordelia si fece apprezzare per la capacità con cui, senza eccedere in atteggiamenti pedanti, impartì insegnamenti morali tali da far emergere una narratrice totalmente autonoma da pregiudizi, opportunismi pedagogici e moralismi.
Nel campo della letteratura per l’infanzia – in particolare grazie al suo testo più celebre, Piccoli eroi, giunto in breve tempo a cinquantotto edizioni – la produzione di Cordelia successiva al 1886 si inserì a pieno titolo nella ‘linea del cuore’ tracciata dal successo di Edmondo De Amicis. Gli epigoni deamicisiani da un lato mostravano il ritardo dei nostri scrittori per l’infanzia, preoccupati che ‘utile e bello, moralità e racconto’ potessero combaciare in testi di buona fattura e di lunga tenuta, dall’altro assumevano Cuore a modello nella speranza di mettere radici in un mercato editoriale fiorente dopo una serie di interventi legislativi (in particolare la legge Casati del 1859 e la legge Coppino del 1877) che coinvolsero i figli delle classi medie e medio-basse nel processo di alfabetizzazione della nuova Italia.
Non stupisce dunque che, a meno di dieci anni dalla pubblicazione del capolavoro deamicisiano, Cordelia licenziasse Piccoli eroi, che a quell’«illustre e caro maestro» – come lei stessa lo definì nella prefazione – guardava con spirito di evidente emulazione, tanto nella struttura quanto negli scopi, che non potevano essere se non quelli di «interessare i giovani lettori e far loro un po’ di bene» (cfr. Prefazione, in Piccoli eroi. Libro per ragazzi, Milano 1911, p. I).
Se Piccoli eroi racconta la storia di una famiglia di fratellini che trascorrono i mesi autunnali in campagna, educati dalla sorella maggiore Maria, che svolge il ruolo di madre, la struttura prevede a propria volta che «le allegre scampagnate, le visite agli stabilimenti industriali, i divertimenti all’aria aperta» siano alternati con la «lettura di racconti, nei quali si narra la storia di eroismi ignorati, di sacrifici sconosciuti» (ibid.). Il lettore di Cuore riconosceva qui un segno di familiarità nel carattere esemplare e dimostrativo del testo letterario. Non tutto è identico, tuttavia: il narratore di Piccoli eroi passa dalla prima persona del diario di Enrico Bottini alla terza persona del narratore esterno di Cordelia; la formula diaristica non scompare, ma si muove dal primo piano allo sfondo e arretra nel passato di Maria, che fin da piccola scriveva per passione racconti ora riadattati per i suoi fratellini, con «voce un po’ tremante» per la timidezza ma «chiara e armoniosa», alla presenza dei personaggi che compongono il mondo adulto di Piccoli eroi: il curato del villaggio don Vincenzo e il professor Damiati, che dà ripetizioni a Carlo, uno dei fratellini Morandi. Permane dunque la riuscita formula deamicisiana del ‘racconto nel racconto’, i cui protagonisti vestono i panni di eroi del quotidiano, anonimi e proprio per questo commoventi, che hanno come primo valore sociale la famiglia e come virtù la modestia di chi sa accontentarsi di ciò che ha, senza pretese eccessive. Da De Amicis viene anche l’espediente della lettera, ma Cordelia la priva dei toni esemplari cui Cuore ricorreva e si affida invece alla voce di Angiolina, una bambina di umili origini invitata nella casa in campagna della famiglia Morandi e che, con la propria operosità, funge da exemplum per i propri coetanei. Coerentemente con la legge Coppino, il lettore cui si rivolge Cordelia nei suoi testi per l’infanzia si colloca tra i nove e i quattordici anni.
Non va dimenticato che se Cordelia caldeggiò sin dall’inizio l’emancipazione femminile, rigorosamente mediata da una buona formazione culturale, non solo ammessa ma rivendicata, e se si dedicò con successo all’alfabetizzazione dell’infanzia italiana, non ammise tuttavia i conflitti tra le classi sociali: se infatti gli operai sono da lei elogiati quando lavorano con dedizione, al punto che – si legge in Piccoli eroi – «parevano anch’essi far corpo colle loro macchine» (cit., p. 213), risultano dipinti a tinte fosche quando scioperano o mostrano ingratitudine al proprio datore di lavoro. Morì a Milano il 7 luglio 1916.
Fonti e Bibl.: N. Pavoncello, Gli ebrei in Verona dalle origini al sec. XX, Verona 1960, p. 58; S. Bartesaghi, Cordelia, una carriera di scrittrice fra editoria e letteratura, in Storia in Lombardia, X (1991), 2, pp. 52-95; M. De Giorgio, Le italiane dall’Unità a oggi. Modelli culturali e comportamenti sociali, Roma-Bari 1992, ad ind.; P. Boero - C. De Luca, La letteratura per l’infanzia, Roma-Bari 1995, p. 73; Dizionario biografico delle donne lombarde. 568-1968, a cura di R. Farina, Milano 1995, p. 1062; P. Boero, Alla frontiera. Momenti, generi e temi della letteratura per l’infanzia, Torino 1997, p. 14; M. Stival, Frammenti d’epoca. I dilemmi di Cordelia tra tradizione e innovazione, Milano 2000; Donne e giornalismo. Percorsi e presenze di una storia di genere, a cura di S. Franchini - S. Soldani, Milano 2004, pp. 91-109, 302 s.; C. Gallo, T.T. V., in Dizionario biografico dei veronesi (sec. XX), a cura di G.F. Viviani, Verona 2006, p. 802; R. Verdirame, Narratrici e lettrici (1850-1950). Le letture della nonna dalla Contessa Lara a Luciana Peverelli, Padova 2009, ad ind.; Letteratura per l’infanzia. Dall’Unità d’Italia all’epoca fascista, a cura di S. Calabrese, Milano 2011, pp. 199-203.