OLPER, Virginia
OLPER (Olper Monis), Virginia. – Nacque nel ghetto ebraico di Venezia il 21 gennaio 1856, da Silvio e da Sofia Alpron.
Ancora in tenera età rimase orfana di madre e, insieme con il fratello Leone, venne educata dal padre, il quale si dedicò alla formazione dei figli con attenzione e interesse assidui.
La famiglia godeva di una certa agiatezza economica. Oltre a essere un facoltoso negoziante, Silvio Olper era dedito anche ad attività editoriali; fu inoltre fervente sostenitore dell’Unità d’Italia e della Massoneria (Virginia ne riporta il giudizio: «Il suo scopo è il bene dell’umanità […] ha per base l’adorazione del principio del bene, il culto della virtù, l’esercizio della beneficenza; l’associazione degli onesti, lo scoprimento del vero», In memoria di Silvio Olper, Padova 1899, p. 12).
Il padre e il contesto ideologico che gli ruotava intorno favorirono nella giovane quella libertà intellettuale e relazionale che la pose senza pregiudizio e senza timore anche di fronte a scelte anticonformiste, come quella di sposare un cattolico: Isidoro Monis, farmacista, originario di San Giorgio al Tagliamento. La decisione le costò l’esclusione dai registri ufficiali della comunità ebraica di Venezia, anche se non rinunciò mai al proprio credo religioso. Dal matrimonio nacquero due figlie: Silvia ed Elisabetta Lia.
Nel 1884, dopo alcuni brevi spostamenti, subordinati all’attività del marito, si stabilì con la famiglia a Padova, dove rimase per 23 anni. Quegli anni, centrali nella sua vita, coincisero con il periodo di maggiore applicazione su ogni versante del suo impegno civile e letterario: dalla critica d’arte alla condizione della donna, quest’ultima oggetto d’interesse e di nuove rivendicazioni sociali da parte dell’emergente movimento femminista italiano. Iniziò una serie di collaborazioni con riviste d’opinione, locali e nazionali, attraverso le quali sostenne le proprie posizioni rispetto alle istanze emancipazioniste del tempo. Contemporaneamente si applicò alla produzione novellistica, con la pubblicazione di Racconti veneziani e novelle sentimentali (Milano 1893), e alla stesura del suo unico romanzo, Il Raggio (Vicenza 1903).
Nel 1907 si trasferì a San Giorgio al Tagliamento, dove la famiglia aveva una proprietà ed era solita trascorrere periodi di vacanza. Seguirono anni d’isolamento, dedicati alle cure della figlia Elisabetta Lia, scomparsa agli albori del primo conflitto mondiale.
Provata nello spirito e nel fisico, morì a Venezia, durante un intervento chirurgico, il 13 settembre 1919.
Pur non ottenendo significativi riconoscimenti critici, attraverso l’impegno letterario Virginia Olper Monis mise comunque in luce il profondo disagio della donna nei diversi aspetti della quotidianità: uno specchio in cui riflettere specificità e meccanismi psicologici del mondo femminile che continuavano a essere soffocati, fraintesi e mortificati. Quasi in contemporanea, Sigmund Freud, suo coetaneo e correligionario, diffondeva teorie e sperimentava pratiche terapeutiche innovative per alcune forme di disagio comportamentale e psicosomatico, dando origine alla psicanalisi e, indirettamente, quasi legittimando la protesta e le richieste di cambiamento dello stesso movimento femminista.
Nel 1879, appena ventitreenne, in contrapposizione ad alcune teorie clericali, moderate, e conservatrici, mascherate da intenti innovativi in materia di diritto familiare, in una lettera aperta a La missione della donna, Olper osò sostenere e proporre, tra le prime in Italia (v. Pieroni Bortolotti, 1975, p. 136), il divorzio come «eroico rimedio», causando scandalo e non poche e risentite polemiche, provenienti dal mondo culturale e politico sia maschile sia femminile. Ma, sintonizzata con le correnti culturali europee, prediligeva e diffondeva un’ottica anticipatrice, ancora lontana per la donna italiana: non si lasciò condizionare da tali reazioni e mantenne le proprie convinzioni, sulle quali ritornò in età più matura, con tesi più complete e meditate.
Non dichiarò mai un’appartenenza politica, benché avesse chiaro il suo credo sociale. Ideologicamente, all’inizio del suo impegno civile, era molto vicina alle tesi repubblicane. I suoi principi, espressi ne Il Movimento etico-sociale e l’Unione morale (Lodi 1899), erano di chiara ispirazione mazziniana, come la necessità di istruire il popolo, di educarlo alla cooperazione e alla solidarietà, di formare nuove coscienze per ottenere una «collettività di masse illuminate, eque, anti-egoistiche» (ibid., p. 14). Con questi obiettivi operò concretamente per organizzare scuole popolari, circoli di lettura, biblioteche, persino un ‘gratuito patrocinio’ popolare, per consulenze legali e amministrative.
Nel corso del tempo maturò nuove idee e assunse nuove posizioni. Della dottrina di Marx condivideva le rivendicazioni, ma non approvava la spinta rivoluzionaria, generatrice di lotta di classe; cavalcò, invece, l’idea del rinnovamento morale e dell’elevazione dello spirito per mirare alle trasformazioni sociali e plasmare un consorzio umano più solidale e consapevole. Tuttavia le sue convinzioni non si ridussero mai a propaganda di partito e neppure a orientamento religioso: seppero andare oltre i dogmi e le ideologie di settore, basate com’erano sul valore della persona, sulla dignità e sulle potenzialità di cui ognuno è dotato («Ad ognuno il diritto di avere secondo il proprio bisogno, affinché ognuno produca secondo la sua capacità e qualità funzionale», ibid., p. 8).
A tal proposito, nell’ultima sua significativa pubblicazione, La donna nella realtà (Padova 1908), oltre a ribadire la necessità di istituzionalizzare il divorzio, pose in primo piano questioni e motivazioni per allargare il campo dei diritti e delle possibilità per la donna, riconoscendola prima di tutto come ‘persona’. I tempi si rivelarono prematuri, ma nel suo saggio trovarono voce il diritto all’istruzione, al lavoro e all’indipendenza economica, all’equiparazione del salario con la controparte maschile. Sollecitò, inoltre, l’opportunità di diventare soggetto politico attivo: votare ma anche essere votata. Sul piano morale, evidenziò l’importanza di sanare la piaga della prostituzione, il dovere di ricercare la paternità per tutte le situazioni di illegittimità in cui al maschio non veniva attribuita alcuna responsabilità, così come per l’adulterio. Ma l’aspetto competitivo tra uomo e donna non rientrò mai nella sua visione sociale. Coerentemente con le sue posizioni pacifiste, sostenne sempre la tesi del ‘mutuo appoggio’, cioè la collocazione dell’uomo e della donna in una dinamica relazionale (famiglia) che privilegiasse, quale elemento connettivo, un rispettoso sentimento e, come scopo comune, l’educazione dei figli.
Quella di Virginia Olper Monis è una conoscenza ancora da completare. La sua tomba, nel cimitero israelitico del Lido di Venezia, reca questa scritta: «Auspicò al bello, al buono, al vero, perciò nella vita stimata, nella tomba compianta».
Opere. Saggistica: Di volo sopra una seria questione. Lettera alla signora Olimpia Saccati, in La missione della donna…, 1879; In solitudine, in Il Veneto, 23-24 agosto 1893; Arte e artisti, in Natura e arte, 1898; Profili d’artisti: Pietro Pajetta, in Vita nuova, 1° settembre 1899; Un maestro di musica inventore meccanico (ing. Angelo Tessaro), in Natura e arte, 1900; Gaspara Stampa nell’arte letteraria, in La Favilla: rivista letteraria dell’Umbria e delle Marche, 1904, nn. 4-5; Una donna, in L’Adriatico, 20 gennaio 1907; L’umanità di Francesco Petrarca (s.l. né d.). Narrativa e poesia: Miutte: bozzetto friulano, Padova 1898; La Cieca: racconto educativo, Padova 1904; Epitalamio per nozze Cenigotto-Zanetti, Venezia 1905; Derelitti: racconto, Milano 1906.
Fonti e Bibl.: A. Giacinto, L’antica Pieve di San Giorgio al Tagliamento, Udine 1967; F. Pieroni Bortolotti, Alle origini del movimento femminile in Italia, 1848-1892, Torino 1975, ad ind.; F. Chiarot, Una donna senza festa: vita e scritti di V. O. Monis, Portogruaro 2002; D.G. Tonon,V. O. Monis: una dimenticata scrittrice ebrea, in Scorpione letterario, I (2004), 1; A. Gallo,Una «valorosa e fine scrittrice» veneta: V. O. Monis, in Padova e il suo territorio, XXII (2007), 126.