CENTURIONE, Virginia
Nacque a Genova da Giorgio del ramo dei Becchignoni e da Lelia Spinola il 2aprile dell'anno 1587. Sposata a Gaspare di Giacomo Grimaldi dei signori Bracelli, dal quale ebbe due figlie, Lelia e Isabella, rimase vedova nel 1607 e da allora si dedicò alacremente alle opere di carità. Nel 1625 si adoperò per assistere i rivieraschi fuggiti in città di fronte all'avanzata delle truppe piemontesi, che giunsero ad occupare Gavi, Voltaggio e Savignone. La crisi economica causata dalle distruzioni belliche provocò un aumento spaventoso dell'accattonaggio: preoccupazione della C. fu innanzitutto quella di aiutare le giovani costrette a rifugiarsi in città e spesso spinte alla prostituzione; inoltre riuscì ad attirare intorno a sé altre dame per affrontare il compito di raccogliere e distribuire elemosine. L'iniziativa, che in origine doveva affiancare il magistrato delle signore di misericordia, ebbe successo tale da poter dar vita a una nuova istituzione, detta delle Cento dame della misericordia protettrici e sovvenitrici dei poveri di Gesù: la C. ne dettò le costituzioni, ma ne rifiutò il priorato.
Tuttavia nel 1627 le Cento dame si trovarono in grave difficoltà: la decisione del governo spagnolo di sospendere i pagamenti delle rendite dei regi proventi a Napoli e in Sicilia spettanti a stranieri spinse molte dame a non tenere più fede ai propri impegni finanziari verso la congregazione, che a poco a poco si dissolse.
Nel 1630 un'altra gravissima crisi economica colpì la città: grazie all'aiuto di Giovanni Francesco Lomellini, la C. si propose di assistere donne povere, senza distinzione tra cittadine e forestiere, provvedendo ad alloggiarle dapprima nella sua casa e poi (1631) nel convento del Monte Calvario, presso l'Acquaverde in località Bregara, che provvide a prendere in affitto dalla consorte di don Carlo Doria, duca di Tursi.
Il rifugio fu organizzato da padre Mattia Bovoni, coadiutore della C., che trasferì le più morigerate in un'altra casa in Bisagno, detta di S. Spirito. La C. dettò anche un laconicissimo "ordine", che può definirsi come la prima regola del Monte Calvario: esso esigeva solo che si vivesse in obbedienza e povertà in vita comune, prescriveva l'uniformità dell'abito, ma non imponeva voti e lasciava libere le ricoverate di andarsene, purché avessero un recapito sicuro dove vivere onestamente. Il 28 nov. 1635 la C. chiedeva al Senato di poter costituire un'opera unica e il 13 dicembre il Senato riconobbe tutte le case aperte dalla C. con il nome di S. Maria del Rifugio, "tamquam opus publicum seu pro Reipublicae utilitate institutum".
Nel 1632 l'Ufficio dei poveri aveva accettato la richiesta della C. di affidarle il lazzaretto che, nei tempi liberi dal contagio, manteneva non meno di seicento poveri in condizioni drammatiche. La C. si adoperò perché essi fossero vestiti, impedì che i loro lavori manuali venissero pagati meno del giusto, cercò di assicurare condizioni igieniche accettabili. Salite, poi, a circa trecento le sue assistite, acquistò una villa in Carignano dove nel 1641 trasferì le ricoverate.
Una grave malattia colpì in questo anno la C. che fu costretta a sospendere la sua attività e a lasciare la cura dell'opera ai tre protettori (Gian Francesco Lomellini, Giacomo Filippo Durazzo e Gian Francesco Granelli) che già da tempo la assistevano. Nel 1650 ai tre si aggiunse Emanuele Brignole, che provvide ai bisogni finanziari del rifugio - dove le ricoverate erano salite a cinquecento - e che, come membro dell'Ufficio dei poveri, chiamò le "figlie" al governo del lazzaretto.
Ormai riconosciuta l'opera dalla Repubblica, la C. preferì ritirarsi nell'ombra, volle essere la serva di tutte, tollerando umiliazioni e dolori con estrema serenità. Il suo desiderio di poter entrare, come semplice conversa, nel monastero di S. Chiara in Carignano non venne esaudito; aggravatesi le sue condizioni di salute, spirò a Genova il 15 dic. 1651.
Fonti e Bibl.: La prima biografia della C. fuscritta nel 1661 da padre Antero Maria di San Bonaventura; un Embrionedella vita fucomposto dal nipote della C., Scipione Alberto Squarciafico, nel 1681: entrambe le opere sono inserite nella Beatificationis et canonizationis servae Dei Verginiae Centurione Bracelli … positio super introductione causae et super virtutibus ex officio exarata, Romae 1971; vedi anche G. B. Semeria, Storia eccles. di Genova…, Torino1838, pp. 301-304; G. B. Semeria, Secoli cristiani della Liguria, II, Torino 1843, pp. 284-288; L. Grillo, Elogi di liguri illustri, II, Genova 1846, pp. 170-178; G. Banchero, Genova e le due Riviere, Genova 1846, pp. 175 s.; F. Alizeri, Guida artistica per la città di Genova, II, Genova 1847, pp. 909-923; A. M. Centurione, Vita di V. C. Bracelli, Genova 1873; P. Remondini, Parrocchie suburbane di Genova, Genova 1882, p. 113; L. Traverso, Vita e apostolato della gentildonna V. C. Bracelli, Genova 1882; A. Zimei, Una sublime figura cinquecentesca genovese, in Il Nuovo Cittadino, 2 genn. 1930; Nel terzo centen. della morte dellaserva di Dio V. C. Bracelli, Roma 1951; G. Moroni, Diz. di erudiz. storico-ecclesiastica, VI, pp. 272-275 (s.v. Calvario, monache); Diz. d. istitutidi perfezione, II,coll. 764 s.