SPADA, Virgilio. –
Figlio di Paolo, tesoriere di Romagna, e della sua seconda moglie, la nobile forlivese Daria Albicini, nacque a Cesena il 17 luglio 1596 nel palazzo della Tesoreria.
All’età di sei anni, al termine del mandato paterno, si trasferì a Roma con tutta la famiglia in casa dello zio Orazio di fronte a S. Andrea della Valle. Qui Spada ricevette la sua prima educazione, completata poi a Bologna presso i padri gesuiti dove fu mandato nel 1610 a studiar «le armi con le matematiche» (Archivio di Stato di Roma, Fondo Spada Veralli [da ora in poi ASR, FSV], vol. 463, cap. III).
Alla morte della madre, nel 1612, interruppe lo studio di Bologna per restare accanto al genitore. All’insaputa di questi si imbarcò diciottenne a Civitavecchia come soldato di ventura al seguito della spedizione spagnola comandata da Emanuele Filiberto di Savoia, in difesa dello sbarco dell’armata turca in Sicilia del 1614. Scioltasi la flotta, nell’estate del 1615 Spada fu riaccolto in famiglia per la quale iniziò a svolgere incarichi amministrativi. La passione per l’architettura derivatagli dal padre gli permise, ricevute alcune lezioni da «buoni maestri» (Aringhi, 1788, p. 5), di assisterlo nelle sue molteplici imprese edilizie, manifestando contemporaneamente grandi interessi per l’astronomia, la matematica, le scienze naturali e la storia, perseguiti per tutta la vita.
Sollecitato dal genitore, accettò nel 1616 di accompagnare l’arcivescovo di Bologna Alessandro Ludovisi quando fu nominato nunzio straordinario dal papa per condurre i negoziati di pace con Carlo Emanuele I di Savoia durante la prima guerra del Monferrato. Nel 1617 iniziò il processo di conversione per il quale Spada decise di consacrare la propria vita a Dio e ne scrisse al padre nel giugno 1619. Compì a Roma gli studi teologici presso il Collegio Romano dei gesuiti conclusi nel 1621 con la pubblicazione di una tesi di filosofia sulla fisica di Aristotele dedicata al cardinal Ludovico Ludovisi. Nel settembre del 1622, ordinato sacerdote, entrò nella Congregazione degli oratoriani di Roma alla chiesa Nuova frequentata fin dal ritorno dalla Sicilia, affidandosi alla direzione spirituale del padre Lodovico Santolini. La decisione di aderire alla Congregazione maturò però attraverso l’esemplare figura del filippino Marsilio Honorati che attrasse all’Oratorio alcuni studenti di filosofia del Collegio gesuita tra cui Spada.
Sebbene riluttante, nei primi anni di sacerdozio si recò spesso a Faenza su richiesta del padre infermo, sempre più bisognoso della sua collaborazione per portare avanti i cantieri intrapresi, tra cui il monastero femminile di S. Francesca Romana a Brisighella. La sua competenza in materia di architettura fu presto riconosciuta anche dalla Congregazione che, in vista di un trasferimento di residenza, lo incaricò nel 1627 di revisionare un progetto di Paolo Maruscelli per la fabbrica del convento e della sacrestia da presentare agli altri padri per un esame collettivo. Le osservazioni fatte da Spada furono inserite dall’architetto nella stesura del progetto definitivo approvato all’unanimità dalla Congregazione nel luglio del 1629.
I lavori procedettero lentamente per difficoltà finanziarie e i contrasti creatisi in seno alla comunità nel timore che la trasformazione edilizia modificasse il volto spirituale dell’istituzione. Spada risanò diplomaticamente la scissione propiziandosi gli animi dei confratelli rassicurati anche dalla sua politica finanziaria innovativa ed efficace. Questo clima favorì la sua elezione a preposito della Congregazione nel 1638, incarico rinnovatogli per tre mandati consecutivi.
Nella Descrittione della nostra fabrica (Roma, Archivio della Congregazione dell’Oratorio [da ora in poi ACOR], C II 7), scritta sotto forma di dialogo, Spada sembra rivendicare la soluzione di problemi logistici, finanziari e architettonici, legando il proprio nome a quello di Francesco Borromini, subentrato a Maruscelli nella realizzazione dell’Oratorio dei filippini. Con il ticinese alimentò un rapporto di affinità intellettuale e stima professionale dimostrata anche nei momenti più critici della carriera del celebre architetto. Come preposito Spada diede impulso ai lavori della fabbrica vallicelliana le cui fasi furono descritte in forma manoscritta nella Piena relatione della fabbrica da lui redatta in collaborazione con Borromini intorno al 1647 (ibid., C II 6, edita da Sebastiano Giannini, Roma 1725, e a cura di J. Connors, Milano 1998, con il titolo Opus architectonicum).
Nell’ottobre del 1644 fu nominato da Innocenzo X suo elemosiniere segreto, un ufficio che riguardava l’amministrazione di fondi da distribuire come sussidio ai poveri e, per obbedienza al papa, si trasferì nei palazzi apostolici partecipando saltuariamente alle attività dell’Oratorio. Nel decennio del pontificato Pamphili, come stimato consulente architettonico del papa, oltre a proporre interventi di carattere urbanistico, come l’abbattimento della Spina di Borgo, Spada soprintese ad alcuni progetti edilizi per conto della famiglia del pontefice (l’ammodernamento del palazzo in piazza Navona e la costruzione di quello di San Martino al Cimino, Viterbo) e importanti opere pubbliche, come il restauro della basilica di S. Giovanni in Laterano e la costruzione delle Carceri nuove di via Giulia, divenute emblema della riforma carceraria innocenziana. Sui lavori di tutte le fabbriche di cui fu soprintendente, Spada lasciò un rapporto dettagliato. Fu inoltre nominato membro della congregazione dell’Annona e della Zecca con incarichi di carattere economico e politico menzionati nel manoscritto Scritture di negotii passati in tutto o in parte per mani di monsignor Virgilio Spada nel pontificato di Innocenzo 10° (ASR, FSV, vol. 235).
Alla morte di Innocenzo X (7 gennaio 1655), Spada lasciò Roma per non ricevere incarichi dal nuovo pontefice Alessandro VII e si traferì per alcuni mesi presso l’abbazia di S. Giovanni in Venere in Abruzzo, di proprietà della Congregazione dell’Oratorio di Roma e ne redasse un catasto aggiornato dei feudi. Esortato dal fratello a rientrare a Roma, Spada persuase Alessandro VII a non rinnovargli «titolo o carica» di elemosiniere segreto, pur mettendosi a disposizione «ogni giorno per un’ora» (ACOR, C I 7, 70). Come membro della congregazione della Fabbrica di S. Pietro ebbe un ruolo decisivo nel dibattito sul progetto del colonnato nella piazza antistante la basilica. Nel 1656 durante la terribile pestilenza che devastò Roma, Spada diede prova di eroismo caritatevole chiudendosi nel lazzaretto di S. Bartolomeo all’Isola al servizio degli appestati. Costretto a uscire per intervento del fratello, rimase in quarantena fino alla primavera del 1657. Rieletto preposito, riprese i lavori della casa dei filippini rimasta incompiuta dopo che Borromini aveva lasciato l’incarico nel 1652 per disaccordi con la Congregazione. Spada tentò di riproporlo come architetto agendo in difesa del suo operato senza convincere il resto della comunità che, sollecitata da un breve papale del 1658 a terminare l’edificio, si rivolse a Camillo Arcucci.
Il 15 marzo 1660, Alessandro VII nominò Spada commendatore dell’arcispedale di S. Spirito per risanarne l’amministrazione gravata da ingenti debiti. La nuova dignità ecclesiastica rese incompatibile, secondo le costituzioni oratoriane, la sua permanenza nella Congregazione a cui dovette rimettere la carica di preposito ricevuta per la quinta volta. Nel biennio del suo mandato, nonostante la salute malferma lavorò indefessamente per garantire le risorse economiche del grande ospedale migliorando il bilancio dell’azienda. Della sua attività come commendatore rende conto il Libro del padre Virgilio Spada, commendatore del S. Spirito, 1660-62 (ASR, FSV, vol. 444). In questa veste egli propose al pontefice di spostare il Banco di S. Spirito – la banca di Stato i cui luoghi di monte erano garantiti dai possedimenti dell’ospedale – in una nuova sede a Monte Giordano quale fulcro di un programmato quartiere degli affari. Godendo dell’approvazione papale, il progetto, avviato nell’aprile del 1661, fu interrotto per il peggioramento della salute di Spada che nel novembre del 1662, ispezionando nella zona di Santa Severa le proprietà ospedaliere, contrasse la polmonite. Tornato a Roma alla Vallicella, i padri lo portarono all’ospedale di S. Spirito dove morì l’11 dicembre 1662. Fu sepolto alla chiesa Nuova.
Spada è da ritenersi tra i più insigni esponenti del mondo oratoriano e interpreti dell’originario spirito filippino: durante gli anni del suo mandato come preposito approfondì la conoscenza delle costituzioni dell’Oratorio e scrisse un commento Instituta Congregationis Oratorii illustrata (ACOR, C I 14) in cui delineò il suo concetto ideale di convivenza, rappresentato dalla Congregazione oratoriana. Attuando una politica economica innovativa basata sull’investimento immobiliare, risanò le finanze dei filippini che poterono sostenere i costi della realizzazione della nuova fabbrica, sede dell’Oratorio e della biblioteca in cui si svolgevano le principali attività dell’istituto. I lavori di trasformazione della residenza dei filippini svilupparono in lui una capacità di giudizio critico in campo architettonico con la messa a punto di un lessico specialistico adatto a ogni tipologia di errore di cui si servì nel formulare i numerosi pareri che gli furono richiesti. Il suo interesse scientifico per l’astronomia lo indusse a commissionare a Niccolò Tornioli un dipinto che rappresenta una disputa tra astronomi, espressione del dibattito scientifico fra la teoria tolemaica e copernicana per la quale Spada propendeva al punto da perorare una riabilitazione di Galileo Galilei presso il S. Uffizio per conto di Leopoldo de’ Medici. Strumenti scientifico-astronomici compaiono insieme a medaglie, monete e altre curiosità nel piccolo museo che Spada affidò alla Congregazione dell’Oratorio insieme alla sua biblioteca personale come strumenti per favorire la missione storico-scientifica che da sempre caratterizza l’identità culturale dell’Oratorio.
Opere. Avvertimenti intorno allo stato della Congregazione dell’Oratorio, in Aringhi, 1788, pp. 123-203; della sua vasta produzione manoscritta (conservata tra Archivio di Stato di Roma, Fondo Spada Veralli, Biblioteca Vallicelliana e Archivio della Congregazione dell’Oratorio) un elenco è in Aringhi, 1788, pp. 119-120, da integrare con gli indici in Archivio di Stato di Roma, Fondo Spada Veralli, vol. 379 e 494; in Roma, Archivio della Congregazione dell’Oratorio, A VI 33; Biblioteca Vallicelliana, Z 109, a cui si aggiunge il Discorso sulle monete, Biblioteca nazionale di Roma, Fondo gesuitico, 114; Notizie varie su San Giovanni in Venere, Libro degli interessi dell’abbazia e libro d’istruzioni per l’abbazia di san Giovanni in Venere (Roma, Archivio della Congregazione dell’Oratorio, A VII 5, 6, 18).
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio della Congregazione dell’Oratorio, Decreti, C I 6-8, passim; Epistolario, B III 13-16, 18; B IV 1-3, 14, 26, 31, s.v. Virgilio Spada; C I 14, cc. 39-40; Archivio di Stato di Roma, Fondo Spada Veralli, voll. 229, cc. 212-220, 133-159; 283, cc.n.n; 438, cc. 1-104; 463, cap. III; 572 e 573, passim; Biblioteca apostolica Vaticana, Vaticani latini, 11899, 11257, 11258; Chigiani, H II 22, cc. 106, 184-185, H II 50, cc. 98-100; Roma, Biblioteca Vallicelliana, Z 109.
P. Aringhi, Memorie istoriche della vita del padre V. S., Venezia 1788, passim; F. Ehrle, Dalle carte e dai disegni di V. S., in Atti della pontificia accademia romana di archeologia, s. 3, Memorie, II (1928), pp. 1-98; G. Incisa della Rocchetta, Un dialogo del p. V. S. sulla fabbrica dei filippini, in Archivio della Società romana di storia patria, XC (1967), pp. 117-121; M. Heimburger-Ravalli, Architettura, scultura e arti minori nel Barocco italiano, Firenze 1977, passim; A. Cistellini, San Filippo Neri. L’Oratorio e la Congregazione oratoriana, Brescia 1989, s.v. Virgilio Spada; J. Connors, Borromini e l’Oratorio romano, Torino 1989, pp. 91, 147; R. Cannatà - M.L. Vicini, La galleria di palazzo Spada, Roma 1992, pp. 72-79; A. Pampalone, La cappella della famiglia Spada nella Chiesa Nuova, Roma 1993, pp. 11-18; G. Finocchiaro, Il museo di curiosità di V. S., Roma 1999, pp. 11-38, 117 s.; A. Antinori, La magnificenza e l’utile: progetto urbano e monarchia papale nella Roma del Seicento, Roma 2008, pp. 138-145; M. Tabarrini, Borromini e gli Spada, Roma 2008, p. 4; B. Greco, La cappella Spada in san Gerolamo della Carità, in Lazio ieri e oggi, XLVIII (2012), pp. 42-44; A. Di Falco, Francesco Borromini, V. S. e la costruzione della casa dei Filippini, Roma 2015, p. 53; G.M. Weston, Niccolò Tornioli (1606-1651): art and patronage in baroque Rome, Roma 2016, pp. 110-119.