VIRGILIO Marone il Grammatico
Nativo forse di Tolosa, visse nel sec. VI tra la popolazione aquitana appartenente alla parte iberica della Gallia, e parlò il dialetto di Bigorre. Si crede che, per sfuggire alle persecuzioni dei Visigoti ariani, esulasse in Irlanda, dove promosse lo studio di certa latinità.
Questo oscuro personaggio è oggetto di discussione. Delle molte opere grammaticali che pare abbia scritto, ci sono state tramandate soltanto 15 Epitomae e 8 Lettere su questioni grammaticali o metriche. In esse nomina un gran numero di grammatici contemporanei che portano i nomi di antichi autori latini. Si è pensato che tutto questo mondo culturale sia affatto immaginario; ma altri crede all'esistenza di una vera accademia, i cui componenti si fregiarono di ambiziosi pseudonimi e il cui scopo era di foggiare una latinità nuova. Unico superstite ne sarebbe questo Virgilio, i cui scritti furono risparmiati perché, contenendo estratti da tutti gli altri, potevano esser conservati con risparmio, in luogo di quelli. Comunque sia, egli ha importanza per la conoscenza della latinità medievale. I procedimenti che insegna rivelano che in quell'epoca lo scrivere latino s'ispirava a un ideale strano di linguaggio segreto faticosamente costruito con la sostituzione di espressioni oscure ed enigmatiche a quelle chiare e usitate, ponendosi nella difficoltà d'intenderle il pregio massimo della sagacia e dell'eleganza. Affatto confuse ed errate sono le sue dottrine retoriche, e anche quelle metriche, le quali dimostrano che egli non sentiva più come essenziale l'elemento della quantità ma quello del ritmo. Le sue dottrine sulle duodecim latinitates esercitarono notevole influsso sul linguaggio della letteratura irlandese del sec. VI e VII nella predilezione di espressioni criptiche ottenute con la scissione delle parole, e nel gusto di certa composizione artificiosa.
Ediz.: A. Mai, in Class. Auct., V (1833), pp.1-152; a cura di J. Huemer, Lipsia 1886 (supplem. di T. Stangl, Virgiliana, Monaco 1891, pp. 28-95).
Bibl.: A. F. Ozanam, Oeuvres complètes, IV, Parigi 1893, pp. 443-72; J. Huemer, in Wiener Sitzungsber., XCIX (1882), pp. 509-59; A. Ernault, De V. M. gramm., Parigi 1886; M. Roger, L'enseignement des lettres classiques d'Ausone à Alcuin, ivi 1905; M. Manitius, Gesch. d. lat. Liter. d. Mittelalt., I (1911), pp. 119-27; G. Pesenti, in Boll. filol. class., XXVII (1920), pp. 49-52; H. Zimmer, in sitzungsber. d. preuss. Akad., Berlino 1910; H. A. Strong, in Class. Review, XXV (1911), pp. 70 seg., 201 seg.; XXVII (1913), pp. 81-83; D. Tardi, Les Epitomae de V. de Toulouse, Parigi 1928.