DUCCESCHI, Virgilio
Nacque a Scansano (prov. di Grosseto) il 1° sett. 1871 da Raffaello, funzionario del catasto, e da Angela Cipriani; il ceppo familiare era originario di Prunetta, cittadina dell'Appennino pistoiese.
Iscrittosi alla facoltà di medicina del R. Istituto di studi superiori di Firenze, si laureò nel 1825, entrando subito dopo, in qualità di assistente, nell'istituto di fisiologia diretto da G. Fano, sotto il cui impulso e guida il D. iniziò un'intensa attività scientifica che lo condusse, in breve tempo, ad affermarsi quale uno dei più stimati fisiologi italiani. Il periodo trascorso a Firenze (1895-1900) fu certamente quello che maggiormente contribui a sviluppare la personalità scientifica del D. e a determinarne gli orientamenti nella ricerca sperimentale.
Gli studi che il Fano coltivava con maggior passione ed entusiasmo erano quelli riguardanti l'automatismo e l'innervazione del cuore e la tonicità dei muscoli atriali. Proseguendo nello stesso indirizzo il D. studiò in Bufo vulgaris la motilità spontanea delle vene cave, trovando che esse hanno una frequenza di battiti pari a quella del cuore isolato, il che denotava la presenza anche in tali formazioni di tessuto specifico automatico; successivamente, esaminando gli effetti dell'avvelenamento lento da fosforo, riuscì a produrre un ritmo bigemino nel cuore, ma non nei vasi venosi isolati; da ciò concluse che questa forma di alloritmia doveva essere prodotta da disturbi di conduzione nella complessa rete della muscolatura ventricolare e che la genesi dei ritmo cardiaco doveva aver luogo nel tessuto muscolare e non negli elementi nervosi del cuore, come il Fano da tempo sosteneva.
Queste ricerche fecero parte della dissertazione che il D. presentò per l'esame di libera docenza nel 1899 (Contribution à la physiologie du système veineux, in Arch. ital. de biol., XXXVII [1902], pp. 139-52); in tale memoria sono riportati altri esperimenti sulla fisiologia delle vene che possono essere considerati prioritari. Egli dimostrò che nel cane curarizzato, nel quale era stato arrestato il circolo sanguigno negli arti posteriori mediante chiusura dell'aorta toracica, la stimolazione del moncone periferico del nervo sciatico generava un aumento della pressione nella vena femorale di 5-7 mmHg; era questa una prima chiara dimostrazione della innervazione vasomotrice delle vene degli arti. Misurò inoltre nelle vene isolate di uomo la sufficienza e la resistenza delle valvole sottoposte a elevate pressioni e descrisse la disposizione e il movimento dei lembi valvolari durante il flusso di un liquido di perfusione utilizzando lo speculo di G. Ceradini. Questi risultati furono riportati nell'ampia monografia di K. Gollwitze Meier sulla fisiologia delle vene, pubblicata molti anni più tardi (Venensystem und Kreislaufregulierung, in Ergebnisse der Physiologie, XXXIV [1932], pp. 1145-1255).
Un'altra notevole ricerca condotta dal D. nel laboratorio di Firenze riguarda le funzioni motrici dello stomaco (Sulle funzioni motrici dello stomaco, in Arch. per le scienze med., XXI [1897], pp. 121-89). In cani portatori di fistola gastrica, e servendosi del metodo grafico per iscrivere i movimenti delle diverse regioni dello stomaco, egli studiò separatamente gli effetti degli eccitamenti meccanici, termici, chimici ed elettrici sulla contrattilità dello stomaco; dimostrò fra l'altro l'insorgenza di contrazioni ritmiche in risposta alla distensione delle pareti gastriche, la diversa periodicità nelle singole regioni e la refrattarietà agli stimoli nel corso delle fasi di contrazione. I risultati furono riferiti estesamente nel grande Dictionnaire de physiologie di Ch. Richet (Paris 1902), nel quale è dedicato a essi un intero paragrafo dell'articolo Estomac (V, pp. 786-90).
Per suggerirriento del Fano, il D. si cimentò anche in ricerche di neurofisiologia. Ripeté gli esperimenti di F. Goltz e J. R. Ewald, i quali avevano dimostrato che la sezione trasversa del midollo spinale a livello toracico faceva comparire contrazioni ritmiche spontanee nello sfintere esterno dell'ano (Der Hund mit verkürzten Rückenmark, in Pflügers Archiv..., LXIII [1896], pp. 362-400); egli confermò questo fatto e analizzò i riflessi anocaudali dopo tale intervento, e le sue ricerche furono segnalate da C. S. Sherrington (Journ. of physiol., XIX [1903], p. 58); inoltre dimostrò l'esistenza nella zona motrice della corteccia cerebrale di un centro la cui stimolazione provocava la contrazione dello sfintere esterno dell'ano, e la cui estirpazione determinava la comparsa di contrazioni ritmiche di tale muscolo, della medesima frequenza di quelle indotte dalla cordotomia (Sulla innervazione centrale dello "Sphincter ani externus", in Riv. di patol. nerv. e ment., III [1898], pp. 241-46). Il D. ideò un metodo per la perfusione del sistema nervoso centrale nella rana, che fu successivamente adottato da altri fisiologi italiani e stranieri al fine di studiare il metabolismo dei centri nervosi (Sul metabolismo dei centri nervosi. L'acqua nelle funzioni del sistema nervoso, in Lo Sperimentale, LII [1898], pp. 283-307).
Il D. trasse dalla scuola del Fano la convinzione, condivisa del resto anche dai maggiori fisiologi italiani del tempo, che le contrazioni rapide del muscolo scheletrico siano prodotte dall'attività delle miofibrille, eccitate dai nervi somatici, mentre le contrazioni lente, toniche siano di origine sarcoplasmatica e regolate dai nervi vegetativi. Sebbene edotto delle più moderne ricerche che portavano a escludere una duplice innervazione delle fibre muscolari scheletriche, egli cercò di dimostrare, negli anni successivi, l'esistenza di una regolazione tonica simpatica nei muscoli del padiglione auricolare e della laringe (Système nerveux sympathique et tonus musculaire, in Arch. intern. de Physiol., XX [1923], pp. 331-39, Sulla tonicità dei muscoli intrinseci della laringe, in Arch. di fisiol., XXIII [1925], pp. 79-84, in collab. con C. Campanari).
A Firenze il Fano aveva istituito un centro di studi di fisica-chimica applicata alla biologia; ivi lavorò anche il D., in collaborazione con F. Bottazzi, con il quale studiò la composizione proteica del miocardio (Les substances protéiques du miocarde, in Arch. ital. de biol., XXVIII [1897], pp. 395-402), l'alcalinità e la pressione osmotica del plasma e la resistenza degli eritrociti in differenti classi di animali (Resistenza degli eritrociti, alcalinità del plasma e pressione osmotica del siero di sangue nelle differenti classi di animali, in Lo Sperimentale, L [1896], pp. 203-15). A questo periodo risale l'interesse del D. per le ricerche di ematologia e di chimica fisiologica, che si incontreranno più tardi nella sua produzione scientifica.
Meno fortunati furono gli studi sulle alterazioni dei processi ossidoriduttivi e della composizione proteica del sangue indotte dalla tiroidectomia (Sur les albuminoïdes du sang, chezle chien, en rapport avec les effets de la tyreoïdectomie, in Arch. ital. de biol., XXIV [1895], pp. 453 ss.; Les processus d'oxidation, de réduction et de synthèse chez les animaux tyreoïdectomisées, ibid., XXVI [1896], pp. 209-15); a quel tempo, infatti, non si era ancora riusciti a estirpare la tiroide lasciando in sito le paratiroidi, delle quali si conosceva poco o niente. Queste ricerche sono qui citate a testimonianza della varietà degli indirizzi di ricerca perseguiti nel laboratorio diretto dal Fano.
Come era consuetudine dei giovani valenti ricercatori di quell'epoca, il D. si recò in Germania, a Strasburgo, per un viaggio di studi. Frequentò dapprima il laboratorio di J. R. Ewald, ove porto a termine una elaborata ricerca sugli effetti che la compressione graduata del nervo, esercitata mediante un filo a cui è legato un peso, determina sulla struttura istologica e sulla conduttività delle fibre nervose (Über die Wirkung engbegrenzterNervencompression, in Pflügers Archiv ..., LXXXIII [1901], pp. 38-72).
Successivamente passò all'istituto di chimica fisiologica, diretto da F. Hoffman, ove dimostrò la presenza della fenilalanina fra i prodotti di scomposizione dell'albume d'uovo, della cheratina e delle proteine del sangue (Zur Kenntniss der aromatischen Gruppe im Eiweissmolekül, in Beiträge zur chemische Physiol. u. Pathol., I [1901], pp. 339 s.), e affrontò il difficile problema della genesi delle melanine dalla tirosina, mettendo in evidenza l'importanza dei processi di ossidazione (Sulla natura delle melanine e di alcune sostanze ad esse affini, in Rend. d. R. Accad. d. Lincei, cl. di sc. fis. mat. e nat., s. 5, CCXCVIII [1901], pp. 180-88). In un'ampia rassegna sintetica egli fece il punto delle ricerche condotte sino a quel tempo sulle melanine e altri composti affini (Sulle melanine, in Arch. di fisiol., I [1904], pp. 621-50).
Nel 1900 il D. si trasferì a Roma, nell'istituto di fisiologia diretto da L. Luciani: vi restò per i successivi sei anni. Partecipò alla grande opera del Luciani sulla fisiologia del cervelletto solo limitatamente, e ciò al fine di confutare con ulteriori esperimenti la tesi di M. Lewandoski per la quale la decerebellazione provocherebbe la perdita della sensibilità muscolare (Il senso muscolare nelle lesioni del cervelletto, ibid., pp. 233-40, in collab. con G. Sergi).
Il D. continuò le ricerche iniziate a Firenze sulla fisiologia gastrica, studiando gli effetti prodotti dalla stimolazione e dalla sezione dei nervi afferenti ed efferenti dello stomaco sulla motilità e sulla sensibilità di quest'organo (Sui nervi dello stomaco. Contributo alla conoscenza della innervazione viscerale, ibid., II [1905], pp. 521-48). I risultati sperimentali dei suoi studi, relativi alle funzioni gastriche, furono riportati estesamente nel grande trattato di L. Luciani, Fisiologia dell'uomo (Milano 1908-13, II, pp. 206-14, 225); essi costituirono la premessa dottrinale per gli interventi operatori di vagotomia gastrica in patologia umana.
L'attività sperimentale del D. a Roma fu come sempre intensa ed estesa a molti campi della fisiologia e della chimica fisiologica; egli faceva parte di quella schiera di ricercatori i quali, forti di una solida preparazione tecnica e culturale, ambivano a mettere in luce fenomeni nuovi e inaspettati in ogni campo della vita animale, piuttosto che a scavare, con paziente e graduale progresso, aree limitate del sapere.
Fra le ricerche di fisiologia classica sono comprese la dimostrazione di una asincronia nell'inizio dei movimenti inspiratori del diaframma e del torace in un soggetto portatore di fistola bronchiale (Sulla fisiologia della respirazione, I, Osservazioni su di un caso di fistola bronchiale nell'uomo, in Rend. d. R. Acc. d. Lincei, cl. di sc. fis., mat. e nat., s. 5, CCCIII [1906], pp. 223-32); le osservazioni sulla "tonicità" dei muscoli respiratori, evocata in via riflessa mediante la stimolazione del moncone centrale del nervo crurale e abolita dal taglio dei nervi vaghi (Sulla fisiologia della respirazione, II, Della tonicità dei muscoli respiratori, ibid., pp. 519-26); la descrizione di un metodo semplice per la registrazione nell'animale del polso longitudinale della carotide (Un nuovo metodo di sfigmografia, in Arch. di fisiol., I [1904], pp. 79-91); la registrazione di contrazioni dell'esofago in animali resi asfittici mediante chiusura della trachea, contrazioni ascritte dal D. a una irradiazione di impulsi dal centro respiratorio al centro della deglutizione (Sui rapporti fra centro respiratorio e centro della deglutizione, ibid., III [1906], pp. 581-98).
A Roma il D. tenne anche un corso di insegnamento di chimica fisiologica al quale fece precedere una prolusione su Evoluzione morfologica ed evoluzione chimica (Bologna 1904), i cui concetti sviluppò anche in un lavoro successivo (Les problèmes biochimiques dans la doctrine de l'évolution, in Arch. ital. de biol., XLIII [1905], pp. 241-56); nell'ambito di questa disciplina egli già aveva studiato i processi fermentativi del fegato (Sur les processus fermentatifs du foie, ibid., XXXIX [1903], pp. 29-39). Condusse anche ricerche di ematologia, presso la stazione zoologica di Napoli, nelle quali studiò l'effetto dei sali e specialmente della cocaina sulla coagulazione del sangue di Crostacei, avanzando l'ipotesi che gli amebociti abbiano una parte rilevante nell'iniziare il processo coagulativo (Über die Blutgerinnung bei wirbellosen Tieren, in Beiträge z. chem. Physiol. u. Pathol., III [1902], pp. 378-84). Inoltre, a continuazione di precedenti ricerche del Luciani, determinò la composizione chimica e morfologica del sangue in Bombix mori (baco da seta) allo stato larvale (Ilsangue del Bombix mori allo stato larvale, in Atti d. R. Accad. d. Georgofili, XXV [1902], pp. 11-28).
Nel 1905 il D. riuscì nella tema dei vincitori del concorso per la cattedra di fisiologia dell'università di Palermo e nel 1907 fu chiamato dall'università di Cordoba (Argentina) a dirigere l'istituto di fisiologia sperimentale; qui'tenne anche i corsi di insegnamento di chimica fisiologica e di psicologia sperimentale. In questa sede, ove rimase sino al 1916, quando si arruolò nel primo conflitto mondiale, lasciando di sé un ricordo incancellabile attestato dalla nomina a professore onorario dell'università di Cordoba, il D. condusse un'accurata ricerca istologica sugli organi della sensibilità cutanea nei Marsupiali, Didelphys marsupialis subsp. Azarae Linn., veri e propri quadrumani (Sopra gli organi della sensibilità cutanea nei Marsupiali, in Arch. di fisiol., VII [1909], pp. 327-44), con l'intento di pervenire al riconoscimento del significato funzionale dei singoli recettori della pelle. Da questa ricerca e dai dati della letteratura sulla sensibilità cutanea nell'uomo egli giunse alla conclusione che la superfice esterna e quella interna della cute possiedono funzioni sensitive distinte; la prima, che comprende gli strati epidermico e papillare, è la sede delle sensazioni superficiali di contatto, termiche e dolorifiche, mentre la seconda, vale a dire il tessuto cellulare adiposo e sottocutaneo, è il punto di origine delle sensazioni profonde di pressione e di quella di tensione o di trazione della pelle (Osservazioni anatomiche e fisiologiche sopra gli apparati sensitivi della cute umana, ibid., IX [1911], pp. 341-66).
Il cervello dei Marsupiali presenta, fra i Mammiferi, uno dei tipi estremi di grande predominanza della zona olfattiva sul resto degli emisferi cerebrali. Colpito dall'osservazione che Didelphys modifica in via riflessa l'ampiezza e il ritmo della respirazione in risposta alle varie emanazioni odorifere, verosimilmente in relazione all'esistenza nella zona olfattiva di centri in grado di regolare l'attività dei centri bulbari che presiedono agli atti respiratori, il D. studiò gli effetti della stimolazione elettrica della zona olfattiva cerebrale sulla ventilazione polinonare: poté così mettere in evidenza un effetto eccitatorio provocato dall'attivazione dell'area olfattiva e del lobo piriforme, e un effetto inibitorio indotto dalla stimolazione del bulbo e della benderella olfattiva (Zone olfactive cérébrale et centres respiratoires bulbaires, in Arch. ital. de biol., LIII [1910], pp. 183-96).
Approfittando della vicinanza della città di Cordoba alla Cordigliera delle Ande, il D. promosse inoltre una spedizione scientifica alle alte quote, nel corso della quale analizzò i sintomi del mal di montagna, o puna del Sudamerica, e descrisse un fenomeno mai prima menzionato, la puna de la bajada, il malessere cioè che coglie gli individui nella rapida discesa dai 4-5.000 metri (Ilmal di montagna o "puna" nel Sud America, in Arch. di fisiol., X [1912], pp. 77-113). Queste osservazioni sono ritornate di attualità, in quanto oggi si propende ad attribuire il male acuto di montagna (acute mountain sickness) a una ritenzione di acqua e sali di origine endocrina, piuttosto che a un effetto diretto della ipossia sulle strutture vasculo-cerebrali. Sempre nel laboratorio di Cordoba il D. iniziò una serie sistematica di ricerche sugli effetti della ingestione di alcool etilico (etanolo) sulla concentrazione della colesterina, della lecitina e dei grassi neutri nel sangue e in vari organi (fegato, rene, ghiandole surrenali, testicoli); al fine di fornire dati positivi alle autorità sanitarie compilò anche una tabella del coefficiente tossico delle principali bevande alcooliche di uso più comune nella Repubblica argentina (Recherches relatives à l'action de l'alcool éthilique sur l'organisme, in Arch. ital. de biol., LXX [1920], pp. 92-114).
Egli aveva intanto proseguito le ricerche di ematologia già iniziate in Italia, studiando, fra l'altro, in vari mammiferi la durata dell'azione anticoagulante della cocaina, che pose in rapporto con l'effetto antiaggregante sulle piastrine; l'aggregazione delle piastrine è a suo giudizio il primum movens della coagulazione sanguigna (Plaquettes et coagulation du sang, ibid., LXIV [1915], pp. 339-53).
Nel 1919 il D., vinto il relativo concorso, assunse la direzione dell'istituto di fisiologia dell'università di Sassari e l'anno successivo fu chiamato dall'università di Pavia; la permanenza in queste sedi fu troppo breve perché vi potesse lasciare una traccia durevole. Dedicò molto impegno all'attività didattica e preparò la prima edizione dell'eccellente volumetto Guida alle esercitazioni di fisiologia e di chimica fisiologica (Milano 1905, più volte ristampato), che sarà uno dei pochi se non l'unico testo di esercitazioni pratiche pubblicato da autori italiani. Nel 1925 si trasferì all'università di Padova, succedendo a C. Foà sulla cattedra di fisiologia umana, e a Padova rimarrà fino alla morte.
Nel periodo immediatamente successivo al primo conflitto mondiale e in seguito ai rivolgimenti sociali che ne seguirono sia gli uomini politici sia gli scienziati presero chiara coscienza del fatto che gli stati di carenza alimentare e di malnutrizione rappresentavano anche in Italia una piaga sociale che colpiva gli strati più poveri della popolazione e che doveva essere combattuta su ogni fronte. Nella prolusione tenuta all'inizio del suo insegnamento ufficiale a Padova il D. propugnò l'ideale di "un contatto più intimo fra le scienze della vita e quelle sociali e l'affermarsi di una coscienza scientifica nazionale". A questi sentimenti furono ispirate le sue ricerche nel campo dell'alimentazione. Pubblicò un'ampia monografia sul valore alimentare della soia (La soja e l'alimentazione nazionale, Milano 1928) e dimostrò che l'aggiunta al pane comune di opportune quantità di proteine tratte dai pannelli di soia ne accresceva il valore nutritivo senza modificarne la digeribilità (La farina di soja nell'alimentazione umana, in Arch. di fisiol., LII [1927], pp. 428-60); studiò l'assorbimento intestinale di certi oli che residuavano nei processi di raffinazione olearia e ne suggerì l'impiego nell'alimentazione umana (Sull'assorbimento digestivo di diversi tipi di olio di oliva, in Quaderni d. nutriz., III [1936], pp. 368-85); pubblicò una originale monografia sull'alimentazione umana nelle età preistoriche, frutto di pazienti indagini protratte per molti anni (L `alimentazione umana nelle età preistoriche, in Mem. d. R. Ist. ven. di scienze lett. e arti, XXX [1936], pp. 1-92).
Uomo metodico e laborioso, il D. continuò la sua attività di scienziato fino agli ultimi giorni della carriera universitaria. Si dedicò ancora a ricerche di ematologia: dimostrò un effetto di parete sulla velocità di sedimentazione dei globuli rossi, cioè una maggiore rapidità di sedimentazione in tubi da piccolo diametro: 1-2 min (Sulle "azioni di parete" nella sedimentazione degli eritrociti, in Arch. di fisiol., XXIX [1931], pp. 439-52); studiò l'azione dell'aldeide formica nel sopprimere la specificità di gruppo delle emazie, nell'intento di rendere possibile nell'uomo la trasfusione di sangue eterogeneo (Action de l'aldéhyde formique sur les hematies et sur les phénomènes de hémoagglutination et l'hémolyses; trasfusion de sang hétérogène formolisé, in Arch. ital. de biol., LXXXIX [1933], pp. 115-30, con A. Cardin). Dotato di una facile vena di scrittore, pubblicò in questo periodo vari scritti di storia della medicina e di divulgazione scientifica. L'opera più impegnativa a questo riguardo fu la compilazione di alcuni capitoli per il Trattato di fisiologia di F. Bottazzi (I-III, Milano 1938-42), rimasto incompiuto (ne erano previsti quattro volumi).
Perduta la moglie in Argentina dopo appena sei mesi dalle nozze, il D. condusse sempre una vita molto appartata, interamente dedito allo studio e all'insegnamento. Stella d'oro al merito della scuola, fu membro dell'Istituto veneto di scienze, lettere e arti e socio nazionale dell'Accademia dei Lincei.
Morì a Padova il 19 giugno 1952, lasciando tutti i suoi beni all'università: la villa del D. è ora la Casa dell'assistente e la ricca collezione privata di antichi testi di medicina è integrata nella Fondazione Pinali.
Bibl.: Necrol., in Arch. di fisiol., LIII (1953), pp. I-IV; A. Roncato, Commemorazione, in Rend. d. Acc. naz. d. Lincei, cl. di sc. fis., mat. e nat., s. 8, CCCL (1953), pp. 443-49; Un secolo di progresso scientifico ital., IV, Roma 1939, pp. 163, 174, 191, 262, 293, 309, 324 s., 327, 337, 346.