BORNATI, Virgilio
Figlio di Tonino di Virgilio, appartenente a una tra le più antiche famiglie bresciane, e di Pierina Ugoni, nacque a Brescia il 30 giugno 1427. Non si sa dove compisse gli studi, testimoniati dalla qualifica di scolaro con la quale lo si definisce in un documento romano del 1451. Entrato in prelatura, ricevette in quello stesso anno la prima tonsura. Il 17 genn. 1452 ottenne la carica di abbreviatore delle lettere apostoliche: pare tuttavia che di fatto non assolvesse mai alle funzioni dell'ufficio, conservandolo a mero titolo onorifico.
Le notizie più ampie e precise sul B. riguardano la sua attività di viaggiatore: egli stesso infatti ne diede un rapido resoconto, corredato da numerosi documenti, gli uni e l'altro conservati nella Biblioteca Morcelliana di Chieri. I suoi viaggi - durati circa dieci anni, dall'Italia alla penisola iberica, dalla Germania alla Ungheria, dalla Polonia ai regni baltici, all'Inghilterra, alle Fiandre, alla Francia - cominciarono nel dicembre del 1450 e terminarono nel gennaio del 1460 a Mantova, dove, sotto la presidenza di papa Pio II, era riunito il congresso delle nazioni cristiane per l'organizzazione della crociata contro il Turco, fortemente voluta dal pontefice. Quindi da Mantova il B. fece ritorno a Brescia, di dove poi, per tutto il resto della vita, non sembra più essersi mosso.
Sulle ragioni che spinsero il B. ai suoi viaggi non si sa nulla di diretto ed esauriente: il Rivetti opina che egli potesse essere investito dalla corte pontificia di una missione specifica, quella di trattare con i numerosi principi europei, effettivamente incontrati dal viaggiatore bresciano durante la sua decennale peregrinazione, la questione appunto della crociata contro il Turco. Tale ipotesi, che peraltro trova una vaga conferma soltanto in un documento tra i tanti conservati dal B. relativi alle sue avventure, ha a suo favore la cronologia stessa dei viaggi, compiuti negli anni in cui maggiore si era fatta la minaccia turca nel Mediterraneo orientale, e in particolare su Cipro, e insieme si moltiplicavano gli sforzi della Curia pontificia per organizzare una vigorosa controffensiva della cristianità; rendono plausibile questa ipotesi anche il fatto che il B. ebbe realmente colloqui con i sovrani delle regioni attraversate, che da loro fu sempre accolto con favore, munito di salvacondotti e variamente beneficato; e che il B. concludesse a Mantova il suo lungo itinerario - il che farebbe supporre un suo legame diretto con l'iniziativa di Pio II -; il fatto infine che il B., dopo il suo congedo dal pontefice, non abbandonò più la città natale.
Tutte ragioni, comunque, evidentemente non decisive, se pure attendibili; indirettamente, però, era il B. stesso a dare una diversa versione, affermando a Mantova, alla presenza del pontefice, in un momento in cui il riserbo sembra che non fosse più necessario, che "mira videndi orbis cupiditas sponte perduxit, non necessitas agitavit" (Rivetti, p. 163): con la quale dichiarazione pare soprattutto aver voluto escludere che il viaggio avesse motivi mercantili, ma che in effetti testimonierebbe anche l'assenza di ragioni diplomatiche. La gratuita curiosità che avrebbe spinto il B. al viaggio sembra d'altra parte abbastanza coerente con gli interessi scientifici che pure caratterizzarono il personaggio, secondo il Rossi, e appare confermata anche dal suo viaggio in Palestina nel 1452, dai suoi pellegrinaggi ai più celebrati santuari europei e dal suo soggiorno a Maiorca, nel maggio del 1458, "pro arte generali magistri Raymondi Lullii habenda" (ibid.), tutte circostanze che non si spiegherebbero troppo bene invece con l'ipotesi della importante e urgente missione politica; infine non pare senza importanza che il B. non faccia alcuna menzione di questa supposta missione diplomatica nelle sue note di viaggio.
Comunque, quali che siano stati i motivi del lungo vagabondare del chierico bresciano, questi lasciò per la prima volta la città natale il 4 dic. 1450 alla volta di Roma. Giuntovi il 16 dicembre, il 2 marzo 1451 riprendeva la strada alla volta di Napoli, accompagnandosi a T. Gritti, oratore della Repubblica di Venezia presso Alfonso d'Aragona, e ritornava alla corte papale il 15 agosto con lo stesso Gritti, incaricato dalla Repubblica veneta di esporre al papa Niccolò V le intenzioni veneziane relative alla pace con il duca di Milano Francesco Sforza.
Ricevute a Roma la tonsura e la carica di abbreviatore, il B. accompagnò quindi, nel febbraio 1452, il Gritti nel suo viaggio di ritorno a Venezia. La sua presenza presso l'oratore veneto in questo periodo lascerebbe credere a qualche sua incombenza di carattere diplomatico: in contraddizione con questa ipotesi appare peraltro il viaggio del B. in Terrasanta nel novembre del 1452, dopo alcuni mesi di soggiorno a Venezia. Di ritorno dalla Palestina, il B. si riportò a Brescia nel dicembre di quello stesso anno, ma già nell'aprile del 1453 ne ripartiva alla volta della penisola iberica, dove visitava il santuario di Santiago di Compostela e rendeva omaggio ad Alfonso di Portogallo a Evora e a Giovanni di Castiglia a Valladolid.
Nuovamente a Brescia nel novembre del 1453, ne ripartì il 9 apr. 1454, subito dopo la conclusione della pace tra la Repubblica di Venezia e il duca di Milano. Questa volta la sua meta erano i paesi dell'Europa orientale e settentrionale: da Venezia si portò a Innsbruck, dove rese omaggio all'arciduca Sigismondo d'Austria, quindi a Landshut, dove fu ricevuto dal duca di Baviera, infine alla corte imperiale, allora a Neustadt. Preso congedo dopo venti giorni dall'imperatore Federico III ("de quo me insignivit taceo", dice misteriosamente il. B., ibid., p. 170), il viaggiatore bresciano si portò a Buda, dove visitò il sepolcro di s. Paolo eremita: qui il castellano di Buda lo munì di un salvacondotto che è il solo documento accennante a un fine specifico dei viaggi del B.: il castellano testimoniava, infatti, che egli si recava, impegnato "in arduis negotiis", presso Ladislao, re d'Ungheria, a Praga.
Presso questa corte il B. si trattenne quarantacinque giorni. In tale occasione i ricordi di viaggio del chierico bresciano si soffermano a qualche inusitato commento di costume: ciò che lo impressiona di più, durante la sua sosta a Praga, sono gli usi religiosi e le credenze dei Boemi, che li hanno messi in netta opposizione a Roma: in particolare osserva perplesso l'abolizione nella regione dei benefici ecclesiastici e degli usi liturgici.
Anche il re d'Ungheria testimoniò al viaggiatore italiano la sua benevolenza: lo insignì della dignità cavalleresca "et suscepit me in numero familiarum suorum de consensu sui Consilii, ut per litteras suas patenter patet" (ibid., p. 171). Altre soste il B. fece alla corte del re Casimiro IV di Polonia, quindi a quella di Carlo VIII, re di Svezia e di Norvegia, e a quella di Danimarca, sempre onorevolmente accolto e riccamente munificato. Quindi si portò a Londra, dove si trattenne per due mesi e ottenne una decorazione da Enrico VI. Il 18 febbr. 1456 era a Dublino e di lì, il 19 aprile, si recava in visita al convento di San Patrizio a Dun; quindi a Edimburgo, presso il re di Scozia Giacomo II Stuart, poi a Bruxelles, presso Filippo di Borgogna, a Parigi e a Blois, dove incontrò Carlo, duca d'Arles; ad Angers, dove Roberto d'Angiò gli concesse le insegne del regno di Sicilia; poi a Lione, alla corte di Carlo VII, quindi a Chambéry, dal duca Ludovico di Savoia, poi presso Ludovico, marchese di Saluzzo; infine a Milano, dove Francesco Sforza dimostrò grande curiosità per i racconti di viaggio del B. e lo trattenne un mese "cupiendo plura intelligere" (ibid, p. 162). A Brescia il B. fece ritorno il 12 ag. 1457; ma per ripartirne il 12 maggio dell'anno successivo, spinto forse a questa nuova peregrinazione dalla morte della madre, avvenuta nel febbraio.
La prima tappa fu alle "isole Majorche", dove per 20 giorni fu istruito da un Giovanni Luppeto nei principî dell'arte lulliana; quindi si recò a Barcellona, a rendere omaggio a Giovanni d'Aragona. Di qui fece ritorno in Italia, raggiungendo al campo di Venosa il re di Napoli Ferdinando I d'Aragona, in guerra contro il principe di Taranto Giovanni Antonio Orsini; poi, imparzialmente, fu a Spinazzola, presso l'Orsini. Il B. visitò quindi alcuni santuari del Regno e, risalendo la penisola, quelli di Loreto e Assisi e le corti di Camerino, Cesena, Forlì, Faenza, Imola, Modena, Mirandola, Carpi, Correggio e finalmente l'8 ottobre era a Mantova. Qui, il 17 ottobre, fu presentato al papa, il quale lo annoverò tra i suoi familiari e il 17 genn. 1460 lo insignì della decorazione delle chiavi d'oro.
Il 28 gennaio il B. fece ritorno a Brescia, di dove, come si è detto, non si mosse più. Sulla sua successiva attività rimangono notizie piuttosto vaghe: secondo il Rossi, che nel sec. XVII poté leggere ancora alcuni scritti del B., andati poi smarriti, egli sarebbe stato un cultore di astrologia, avrebbe scritto alcuni discorsi sulle cose celesti e avrebbe anche costruito due globi - della volta celeste e della Terra -andati anch'essi perduti. Pure perduta è un'opera in versi del B., di cui al tempo del Rossi si conservavano ancora alcuni frammenti, la quale aveva per tema le lotte delle fazioni bresciane.
Non è nota la data della morte.
Fonti eBibl.: O. Rossi, Elogi historici di bresciani illustri, Brescia 1620, p. 178; L. Cozzando, Libreria bresciana, Brescia 1694, I, p. 205; G. M. Mazzuchelli, Gli Scritt. d'Italia, II, 3, Brescia 1762, p. 1780; L. Rivetti, Di Virgilio Bornato (o Bornati) viaggiatore bresciano del secolo XV, in Archivio storico italiano, s.5, XXXIII (1904), pp. 156-171.