VIOLENZA carnale
Nel diritto romano la violenza carnale era compresa nel crimen vis preso in considerazione dalla lex Iulia iudiciorum publicorum ed era punita con la pena di morte. Nel diritto germanico lo stupro, che comprendeva ogni illecito commercio carnale, in un primo periodo veniva punito con pene gravissime (sino alla privazione della pace), in un secondo periodo con la composizione in danaro. La somma era maggiore se la donna era libera e vergine. Il diritto canonico punisce lo stupro solo quando viene consumato su donna vergine, con violenza che priva la vittima della volontà. Il codice penale italiano tratta questo reato nel titolo IX tra i delitti contro la moralità pubblica e il buon costume, nel capo I, che considera i delitti contro la libertà sessuale.
Secondo l'art. 519 l'incriminazione puo sorgere dall'uso di violenza o di minaccia, in modo che l'atto carnale sia effetto di costrizione, ovvero dall'abuso di particolari condizioni, in cui versa la vittima. Soggetto attivo del reato può essere chiunque: tanto un uomo quanto una donna, parlando la legge genericamente e non essendo impossibile l'ipotesi di violenza di donna su maschio. Soggetto passivo può ugualmente essere ogni persona, sia del medesimo sia di differente sesso del soggetto attivo, di qualsiasi condizione (vergine, coniugata, vedova, donna onesta o meretrice).
È stato discusso se deve ritenersi sussistere il reato quando la congiunzione carnale viene consumata sulla propria moglie. I più ritengono che non si può avere violenza (illegittima) tra coniugi, purché si cerchi il rapporto sessuale normale e in normali condizioni.
L'oggetto del reato deve consistere in una costrizione, mediante violenza o minaccia alla persona, diretta a congiunzione carnale. La violenza fisica o morale e la minaccia vanno valutate secondo il comune concetto adottato dal codice. Non è necessario che la violenza sia grave, ma è necessario che essa sia idonea a vincere tutti i mezzi, che secondo le condizioni fisiche e psichiche era in grado di opporre la persona determinata a resistere. La locuzione congiunzione esclude la necessità della completa introduzione del membro, o la deflorazione, o la seminatio intra vas. Ove non si abbia congiunzione carnale, ma un semplice contatto corporeo, ricorre il delitto di "atti di libidine violenti" (art. 521). Tutti gli atti che precedono la congiunzione carnale possono costituire tentativo, purché idonei e diretti inequivocabilmente a essa.
Nella seconda parte dell'art. 519 sono ipotizzate speciali figure criminose, nelle quali la violenza o minaccia viene supposta in considerazione delle particolari qualità o condizioni del soggetto passivo, che viene ritenuto incapace di prestare un valido consenso. Così: 1. se esso non abbia compiuto gli anni quattordici (non è ammessa l'ignoranza dell'età dell'offeso); 2. se non abbia compiuto gli anni sedici quando il colpevole è l'ascendente o il tutore, ovvero un'altra persona a cui il minore è affidato per ragioni di cura, di educazione, d'istruzione, di vigilanza o di custodia; 3. se è malato di mente, ovvero non è in grado di resistere a cagione delle proprie condizioni d'inferiorità psichica o fisica, anche se questa è indipendente dal fatto del colpevole; 4. se è stato tratto in inganno per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
La pena è della reclusione da tre a dieci anni, oltre le pene accessorie comminate dall'art. 541. Condizione di punibilità è la querela della persona offesa. La querela una volta proposta è irrevocabile. Si procede d'ufficio, se il fatto è commesso dal genitore o dal tutore, ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio e se il fatto è connesso ad altro delitto, per il quale si deve procedere d'ufficio (articolo 542). L'omicidio commesso nell'atto di compiere una violenza carnale è aggravato (art. 576, n. 5). Circostanza aggravante è che la violenza sia commessa da cinque o più persone (art. 112, n.1).
Bibl.: Il Digesto italiano, Torino 1914-21, XXIV, p. 1064; Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, V, parte 2ª, Roma 1929, p. 303 segg.; C. Saltelli-E. Romano di Falco, Commento teorico pratico del nuovo codice penale, II, parte 2ª, ivi 1931, p. 736; G. Sotgiu, La violenza carnale presunta nel nuovo codice penale, in Il nuovo diritto italico, Roma 1933; V. Maurini, Trattato di diritto penale, Torino 1934, VI, pag. 543; M. Manfredini, Delitti contro la moralità pubblica e il buon costume, in Trattato di diritto penale coordinato da E. Florian, Milano 1934, p. 127 segg.; G. Maggiore, Principî di diritto penale, II, Bologna 1934, p. 335 segg.