vintage
<vìntiǧ> (it. <vìnteǧ>) voce ingl., usata in it. come agg. e s. m. – Lo status e il valore di un oggetto prodotto almeno un ventennio prima del tempo presente. Il vocabolo prende origine dal francese l’age du vin («l’annata del vino») ovvero vendage, a sua volta derivato dal latino vindēmia, che definiva la raccolta di uve destinate a vini d’annata. Carico di significati simbolici e culturali, l’attributo v. si può riferire anche a oggetti prodotti prima del 20° secolo, tutt’ora funzionali e generalmente considerati pregiati e spesso superiori agli oggetti contemporanei per l’elevata qualità dei materiali e della lavorazione, soprattutto rispetto all’attuale produzione, veloce e globalizzata. Si definisce v. anche la moda d’epoca intesa come patrimonio storico e culturale espresso da capi d’abbigliamento, accessori prestigiosi e gioielli antichi che testimoniano l’estetica e il costume di un particolare periodo. Nata attorno agli anni Sessanta del 20° secolo, la moda v. è oggi sempre più ricercata dallo star system come dimostrano, per esempio, le apparizioni di Natalie Portman in un abito Dior degli anni Cinquanta alla notte degli Oscar nel 2012 o dell’icona pop Lady Gaga che ha scelto un v. Versace per la sua partecipazione all’Europride di Roma del 2011, o ancora i look retrò di attrici come Scarlett Johansson, Sarah Jessica Parker e Kirsten Dunst. L’altro lato dell’abito v. è l’universo dell’usato, legato alle fiere e ai mercati delle pulci, dove si possono trovare abiti di seconda mano a basso costo in una vera e propria ‘caccia all’affare’ di pezzi rari o addirittura unici. A partire dalla rivoluzione hippy, che per prima sostenne il rifiuto del consumismo, adottando un mix di abiti etnici provenienti da tutto il mondo, negli ultimi anni gli eventi dedicati al tema si sono moltiplicati. In Italia un importante appuntamento annuale è la manifestazione VINTAGE! La moda che vive due volte organizzata da Forlì fiera nel mese di settembre, che propone una ricca offerta di arredamento originale ma anche di abiti, accessori e oggetti d’antan (giocattoli, bijoux, vinili, fumetti, ecc.). Sempre a settembre si svolge il Padova vintage festival, mentre è doppio l’appuntamento con Next vintage, mostra mercato allestita al Castello di Belgioioso (Pavia) con abiti e accessori da tutto il mondo, e per il Mercanteinfiera di Parma, una vera e propria città antiquaria che coinvolge più di mille espositori. In Italia il più influente negozio di abbigliamento v. è A.N.G.E.L.O. vintage palace di Lugo di Ravenna, nato da un’intuizione di Angelo Caroli che iniziò a importare jeans dagli Stati Uniti alla fine degli anni Settanta, quando il mercato dell’usato era ancora poco frequentato. L’archivio storico di A.N.G.E.L.O. comprende oggi oltre 80.000 pezzi dal 1890 al 1990, provenienti da ogni parte del mondo, spesso noleggiati dagli uffici stile delle più importanti case di moda italiane e dalle produzioni musicali o cinematografiche. Business ma anche etica solidale ed ecologica del recupero sono al centro della filosofia della catena di charity shop Humana (presente in molte capitali europee, e in Italia a Milano), che vende capi originali degli anni dai Sessanta agli Ottanta raccolti attraverso centri di recupero, che contribuiscono al sostegno di progetti di cooperazione allo sviluppo in Africa.
Musica. − Particolare importanza e significato culturale ha assunto il v. nel campo della musica, dove si assiste a una rinnovata attenzione verso strumentazioni del passato che, relegate precedentemente all’ambito del collezionismo, tornano a influenzare la scena musicale contemporanea e il mercato discografico. Non si tratta solo di strumenti musicali di grande pregio grazie all’utilizzo di legni di particolari annate, né solo del riuso di alcuni specifici modelli di chitarra o di basso, ma è la tendenza a riportare in auge strumenti come theremin e sintetizzatori, organi e pianoforti elettrici, amplificatori valvolari ed effetti analogici: si delinea in questo modo una rinnovata sensibilità musicale non conforme agli standard qualitativi proposti dalle tecnologie digitali. La preferenza accordata all’analogico piuttosto che al digitale riguarda anche la qualità di ascolto: si assiste infatti a una rinascita del mercato del vinile e a una relativa riscoperta di giradischi e impianti hi-fi. Il mercato del vinile, inoltre, risulta particolarmente legato allo sviluppo della scena indie, una delle più dinamiche realtà musicali del decennio. Nel panorama recessivo del mercato discografico statunitense ed europeo il vinile rappresenta dunque l’unico settore in espansione e si offre come un’alternativa alla diffusione dei file audio MP3, a cui va imputata la crisi del CD (Compact disc). La moda v. influenza infine differenti produzioni di artisti pop e rock: dalla rinascita del punk rock (punk revival) a opera di gruppi come i Green day, fino al successo del white soul (ispirato alla musica degli anni Cinquanta e Sessanta) di Amy Winehouse e di Adele, le sonorità del passato esercitano una notevole influenza sugli artisti del panorama musicale contemporaneo.
Fotografia. – Il termine v. si diffonde in ambito fotografico a partire dagli anni Settanta del Novecento per indicare una stampa eseguita dallo stesso autore, o sotto la sua supervisione, entro cinque anni circa dalla creazione del negativo. L’alta richiesta di opere v. proveniente dal mercato del collezionismo ha determinato la tendenza, tra i fotografi professionisti, alla realizzazione di stampe in tiratura limitata, mentre è emersa con sempre maggiore consapevolezza la necessità di elaborare criteri di valutazione che tengano conto dei profondi cambiamenti apportati dall’utilizzo sempre più diffuso delle nuove tecnologie digitali. Il valore riconosciuto alla stampa v. è legato alle caratteristiche di rarità e originalità che vi si associano: il fascino derivante dall’appartenenza dell’oggetto a un passato storico, rintracciabile sulla superficie materica che conserva le tracce del passaggio del tempo, si combina con l’esaltazione della dimensione autoriale derivante dalla convinzione che quell’opera sia il frutto della visione originale del fotografo. Negli ultimi anni si è assistito all’affermarsi di un vero e proprio atteggiamento di ‘culto’ nei confronti dell’oggetto v., che ha investito diversi aspetti del vivere sociale. In campo fotografico ha coinvolto a diversi livelli professionisti e amatori, interessando parallelamente la produzione digitale e quella analogica. In quest’ultimo ambito, la riscoperta di tecniche fotografiche arcaiche risalenti ai primordi della fotografia (calotipo, stampa al platino, su carta salata, ecc.) risponde per molti alla necessità di recuperare quella dimensione artigianale della pratica fotografica che si è andata gradualmente perdendo, soprattutto in seguito all’avvento del digitale. Il recupero della fisicità della fotografia nel duplice aspetto dei materiali e dei processi si carica in questo caso di una valenza ideologica, aprendo la strada a un ripensamento della pratica e dell’oggetto fotografico stesso in alternativa all’intangibilità del pixel. L’interesse verso pratiche fotografiche desuete è inoltre alla base del successo di tecniche risalenti agli ultimi decenni del secolo scorso (Lomo, Diana, Holga), apprezzate per la possibilità di sperimentazione libera da tecnicismi e vincoli formali che caratterizza anche la fotografia istantanea della Polaroid, la cui diffusione ha assunto i tratti di un vero e proprio fenomeno di massa. Nonostante la chiusura degli stabilimenti nel 2008, questa tecnica continua a sopravvivere grazie all’opera di Impossible project, società basata in Olanda a cui si deve il recente rilancio delle pellicole Polaroid sul mercato. Sebbene il recupero di queste tecniche analogiche avvenga in parte in contrapposizione al dilagare della fotografia digitale, l’interesse per i procedimenti arcaici si manifesta anche in tale ambito: accanto ai più comuni programmi di postproduzione, assistiamo alla diffusione di applicazioni per smartphone (Instagram, Hipstamatic) che consentono in pochi istanti di creare immagini dotate di caratteristiche v. e retrò grazie alla possibilità di selezionare pellicole, lenti e filtri particolari e alla simulazione di graffi, grana e imperfezioni della carta. Attraverso il recupero degli aspetti materici e la contestualizzazione in un passato storico evocato mediante il processo di simulazione della tecnica, la fotografia digitale si appropria di quei valori di autenticità e autorialità evocati dalla stampa v. analogica. Nel contesto di proliferazione delle immagini digitali, il tentativo di riaffermarne l’unicità e la ‘realtà’ trova quindi una sua soluzione nella finzione messa in atto da questo tipo di applicazioni, la cui diffusione sul web ha raggiunto proporzioni enormi (Instagram in particolare è una community di photosharing formata da milioni di utenti). Il processo di ricongiungimento di tecniche analogiche e digitali evocato da queste pratiche trova infine piena attuazione nella nuova macchina fotografica Polaroid presentata recentemente (settembre 2012) da Impossible project: mediante un adattatore applicato sul corpo macchina, è in grado di trasformare le immagini scattate con l’iPhone in istantanee analogiche realizzate secondo la tecnica Polaroid. La fotografia digitale abbandona così la necessità della simulazione mediante il ritorno ai procedimenti fisico-chimici, acquistando una presenza reale e un’esistenza autonoma nell’ambito della fruizione.