PANCIATICHI, Vinciguerra
PANCIATICHI, Vinciguerra. – Nacque a Pistoia alla metà del secolo XIII, figlio di Astancollo, fu uno dei personaggi più influenti del casato dei Panciatichi, il protagonista dell'internazionalizzazione degli affari della famiglia e uno degli uomini più rappresentativi della Pistoia d'inizio Trecento.
Sono pochissime le notizie che possediamo sulla sua vita familiare, sulla sua formazione e sugli anni che ne decretarono il successo prima mercantile e poi militare e politico. Si dovrà, anzi, rilevare allo stato attuale delle ricerche il forte squilibrio fra la fama e la statura politica e sociale raggiunti da Vinciguerra e la penuria di informazioni che si porta dietro.
Cresciuto in una famiglia di tradizione aristocratica e di appartenenza ghibellina dovette risentire del clima di divisioni e di lotte che segnarono la sua città nel terzo quarto del Duecento. Il padre Astancollo è documentato con una qualche certezza nel 1255 all'atto di affittare un pezzo di terra nella zona di Camporegio e di vendere una casa a Grandebene di Palmerio, posta nella cappella cittadina di S. Giovanni (Archivio di Stato di Firenze, S. Gregorio, 1255 maggio 13; agosto 17).
Le basi rurali e cittadine del potere familiare erano confermate, e sulle quelle basi Vinciguerra dovette costruire i presupposti per abbandonare Pistoia, in seguito alle altalene politiche e agli scontri fra guelfi e ghibellini. Esule dalla sua città si trasferì ad Avignone, forse nel 1281, dove si stabilì con la famiglia e con i fratelli si dette alla mercatura. Accrebbe il giro d'affari della compagnia di famiglia e ben presto si dedicò alle armi: secondo il racconto dell'erudizione di età moderna, nel 1301, si sarebbe meritato il titolo di cavaliere da parte del re di Francia, Filippo il Bello; avrebbe anche guidato alcuni contingenti di armati per riportare all'ordine le insurrezioni in Normandia. Gli affari della famiglia e i successi militari gli avrebbero consentito di accumulare ricchezze importanti.
Durante le accese lotte di primo Trecento i fuoriusciti bianchi e i ghibellini nell'intento di trovare un raccordo con Uguccione della Faggiola avrebbero richiamato Vinciguerra Panciatichi per coagulare attorno alla sua figura tutte le forze che si opponevano al guelfismo imperante in quegli anni: Francesco Vergiolesi sarebbe stato il mediatore di tutta l'operazione che avrebbe riportato in patria il Panciatichi (Passerini).
Subito dopo il rientro al porto di Pisa Vinciguerra avrebbe seguito Uguccione della Faggiola nell'assedio di Lucca e quindi avrebbe fatto rientro a Pistoia. Negli anni successivi avrebbe condizionato la politica della sua città fino ad assumervi un ruolo egemone da quasi signore. Le ricchezze accumulate in Francia e i patrimoni fondiari di famiglia consentirono a Vinciguerra di godere di una posizione eminente da un punto di vista economico e sociale: in quegli stessi anni dette avvio alla costruzione del grande palazzo di famiglia che costituì una sorta di dimora signorile e di fortezza al centro della città (Rauty, 1972). Il palazzo ebbe una vicenda costruttiva stratificata per essere ultimato, con ogni probabilità, da suo figlio Giovanni nel 1353. Secondo il racconto di ser Luca Dominici sarebbe quindi giunto in eredità a Bandino Panciatichi per 3200 fiorini d'oro (Luca Dominici).
Vinciguerra Panciatichi morì a Pistoia nel 1322, lasciando una cospicua ricchezza ai suoi eredi.
Il profilo umbratile e per molti versi poroso di Vinciguerra è meglio restituito dalla posizione sociale e politica testimoniata dai suoi figli. Andrea, Bandino, Bartolomeo, Corrado, Giovanni e Gualtieri assunsero tutti, seppure in modo diverso, un ruolo di rilievo nella Pistoia dei decenni centrali del Trecento, ricoprendo incarichi significativi nei Consigli e nelle istituzioni del Comune: furono, infatti a più riprese, podestà nelle comunità del contado, ufficiali dei castelli, ufficiali delle spese, ufficiali della Grascia e, in qualche caso, anche podestà in altre città della Toscana, come Corrado ad Arezzo. Furono proprietari di molti immobili nei quartieri centrali della città e nella campagna circostante (Rauty, 1977).
Il cartulario di Corrado di messer Vinciguerra costituisce una preziosa testimonianza, per il periodo compreso fra il 1329 e il 1339, dell'assetto fondiario, della cura gestionale e delle tipologie contrattuali con cui in quegli anni i Panciatichi amministravano le loro proprietà fondiarie nella campagna di Pistoia (Rauty, 1970; Iacomelli, 1998).
La figura di Vinciguerra Panciatichi per uno dei tanti paradossi della storia è tanto celebrata quanto di fatto sfuggente a causa di una debolissima trama documentaria. In attesa che la ricerca possa riuscire ad illuminarne meglio i contorni si dovrà ammettere che questo uomo d'affari, uomo d'armi e politico è meglio noto nei suoi effetti che non per la contestualità delle sue azioni. Il resto è tutto avvolto nelle elaborazioni e anche, e forse purtroppo, nelle ricostruzioni che del suo personaggio e della sua memoria hanno lasciato gli eruditi dell'età moderna: non sarà un caso che i racconti di metà Seicento di Michelangelo Salvi e quelli settecenteschi di Jacopo Maria Fioravanti siano in più punti del tutto discordanti. Una differenza interpretativa che era stata ben argomentata anche dall'unico genealogista della famiglia, quel Luigi Passerini che nel 1858 aveva scritto la sua Genealogia e storia della famiglia Panciatichi.
Fonti e bibl.: Archivio di Stato di Pistoia, Famigliario Franchi; Comune di Pistoia, Provvisioni e riforme; Archivio di Stato di Firenze, Diplomatico, Ospedale di S. Gregorio; M. Salvi, Historie di Pistoia, Pistoia 1657; Memorie storiche della città di Pistoia raccolte da Jacopo Maria Fioravanti, nobile patrizio pistoiese, Lucca 1758; Cronache di ser Luca Dominici, a cura di G.C. Gigliotti, voll. 2, Pistoia 1933; L. Passerini, Genealogia e storia della famiglia Panciatichi, Firenze 1858; D. Herlihy, Pistoia nel Medioevo e nel Rinascimento. 1200-1430, Firenze 1972; N. Rauty, Le finestre a crociera del Palazzo Panciatichi a Pistoia (1972), ora in Id., Pistoia. Città e territorio nel Medioevo, Pistoia 2003, pp. 33-46; N. Rauty, Cenni di topografia urbana a Pistoia alla metà del Trecento (da un inventario di beni dello spedale del Ceppo) (1977), in Id., Pistoia. Città e territorio nel Medioevo, Pistoia 2003, pp. 247-288; B. Dini, I successi dei mercanti-banchieri, in Storia di Pistoia, II, pp. 155-194; F. Iacomelli, La proprietà fondiaria e le attività agricole, in Storia di Pistoia, II, pp. 197-199.