TANGORRA, Vincenzo
– Nacque a Venosa (Potenza) il 10 dicembre 1866 da Vitangelo e da Antonia Maria Troccoli.
Proveniente da una famiglia di modeste condizioni economiche – il padre era un maestro elementare – ricevette la prima educazione nel collegio convitto Principe di Napoli di Assisi e completò gli studi frequentando prima il regio istituto tecnico di Melfi, dove apprese l’agrimensura, e poi la ragioneria ad Ancona, dove conseguì il diploma nel 1886. Non avendo sufficienti risorse economiche per proseguire gli studi, preferì il lavoro impiegatizio e nel 1888, in seguito a pubblico concorso, fu assunto presso la Direzione generale dei lavori ferroviari di Ancona.
Lo stesso anno vinse un concorso al ministero della Pubblica istruzione per ufficiale d’ordine; l’anno successivo, sempre per concorso e risultando primo in graduatoria, fu assunto alla Corte dei conti, dove rimase fino all’ottobre del 1902, passando da vicesegretario a primo segretario.
Acquisita una certa tranquillità economica poté, pur assolvendo agli impegni nella pubblica amministrazione, continuare gli studi e nel 1891 conseguì l’abilitazione all’insegnamento della computisteria nelle scuole tecniche: aveva coltivato l’interesse per la disciplina tanto da pubblicare La teoria delle registrature in partita doppia (Assisi 1890).
Successivamente, previa autorizzazione del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, partecipò per titoli all’esame di diploma della Scuola superiore di commercio di Venezia, dove si classificò primo. Conseguì quindi, nel 1892, l’abilitazione all’insegnamento delle scienze economiche negli istituti tecnici, titolo che gli consentì di ottenere la libera docenza di economia politica presso l’Università degli studi di Roma, dove insegnò sino al 1902.
Negli scritti di quegli anni, Tangorra trattò La teoria economica sul costo di produzione (Roma 1893), in cui esaminò il costo nell’evoluzione e nel contributo dei diversi autori classici approfondendone la struttura e la dinamica attraverso il progresso economico. Altri scritti riguardarono la teoria classica (La teoria moderna dell’utilità negli economisti classici italiani, in Rivista di sociologia, 1894, n. 8, pp. 544-588; Delle denominazioni della scienza economica, Napoli 1895; La teoria degli eccessi di produzione in Giammaria Ortes, Palermo 1895).
Intanto, nel 1897, conseguì anche la libera docenza di scienza delle finanze sempre nell’ateneo romano pur continuando a prestar servizio alla Corte dei conti. Durante quella permanenza scrisse Come funziona la Corte dei Conti italiana (Bologna 1899).
Nel 1902 vinse il concorso per professore straordinario di scienza delle finanze e diritto finanziario nell’Università di Pisa, quando ancora era studente di giurisprudenza nell’Università di Camerino e conseguì il diploma di laurea nel 1903. Nel 1904 ottenne l’ordinariato nella stessa disciplina, che insegnò sino al 1919. Fu pure incaricato dell’insegnamento di contabilità dello Stato.
Il 16 dicembre 1918 il Consiglio di facoltà di giurisprudenza di Pisa lo chiamò alla cattedra di economia politica, che prima di lui era stata di Giuseppe Toniolo. Proprio in quegli anni tale disciplina fu insegnata per la prima volta anche in altre facoltà dello stesso ateneo, cosicché Tangorra fu incaricato di economia politica dal 1919-20 al 1921-22 presso la facoltà di agraria e nel 1921-22 presso la facoltà di ingegneria. Fu inoltre docente ordinario in diritto finanziario all’Università Cattolica di Milano.
Impegnato politicamente, Tangorra fu nel 1893 consigliere provinciale, rappresentante del mandamento di Venosa. Nel 1908 fu eletto consigliere provinciale a Potenza e consigliere comunale a Pisa, a capo dell’opposizione formata da cattolici e democratici. Nel primo dopoguerra aderì al Partito popolare italiano di Luigi Sturzo e fu eletto deputato di Lucca e di Pisa nelle legislature XXV e XXVI. Fece parte di numerose commissioni e della giunta del bilancio.
Nel governo Bonomi fu sottosegretario al ministero del Tesoro dal 4 luglio 1921 al 26 febbraio 1922. Dopo la marcia su Roma e l’ascesa, il 30 ottobre 1922, di Benito Mussolini alla presidenza del Consiglio dei ministri fu da questi chiamato come ministro del Tesoro.
Nei dibattiti parlamentari intervenne sul progetto di legge Nitti, sul monopolio delle assicurazioni, che riteneva ingiustificabile, e in materia monetaria. Fra i suoi discorsi, è rilevante quello del 17 dicembre 1919, in cui sferzò una violenta critica alla politica finanziaria di Francesco Saverio Nitti e quello del 2 luglio 1920, nel quale espose le condizioni fondamentali per la ricostruzione economica e finanziaria del Paese.
Morì a Roma il 21 dicembre 1922.
Delle sue lezioni accademiche rimangono gli appunti (V. Tangorra - F. Cioni, Lezioni di scienza delle finanze, Pisa 1910; Scienza delle finanze: lezioni del prof. Vincenzo Tangorra: 1911-1912, Pisa 1912; Appunti presi alle lezioni di scienza delle finanze, Pisa 1919).
Nella letteratura economica finanziaria trovò posto tra gli esponenti della scuola politica di scienza delle finanze insieme ad Amilcare Puviani, Giovanni Montemartini, Luigi Einaudi, Guglielmo Masci, Benvenuto Griziotti, Cesare Cosciani.
Cospicua resta la sua produzione scientifica, corredata da saggi di economia finanziaria, di finanza pubblica, sul sistema tributario, di economia e di sociologia. Tra questi lavori, Studi sulla pressione tributaria (Roma 1897) in cui scrisse che «l’entità della pressione tributaria è sempre misurata dalla somma delle sensazioni piacevoli a cui si rinuncia e non già dalla differenza positiva fra questa somma e quella delle altre sensazioni piacevoli addotte dai servizi pubblici» (p. 13) e nel testo si dilungò sulle differenti specie di pressione tributaria. In un altro saggio, Il subietto ed i fattori del costo edonistico finanziario (Roma 1897) Tangorra ritenne «l’attività finanziaria una vera e propria attività di produzione, nel senso economico di questa espressione» (p. 5) e individuò nel «Governo, inteso come complesso di tutte le rappresentanze politiche della collettività, il soggetto che determina le spese pubbliche da incontrare che ne apprezza la convenienza, sia in sé, sia in relazione al costo» (p. 9). Sempre sulla dottrina finanziaria scrisse Il diritto finanziario e i suoi odierni problemi (Torino 1900); Saggio sulla teoria dell’interesse in economia e finanza (Torino 1901) e altri.
La sua maggiore opera resta il primo volume del Trattato di scienza delle finanze (Milano 1915), in cui puntualizzò che «La finanza pubblica è una scienza sociale, politica e giuridica [...] perché nell’indagine delle cause dei singoli fenomeni, oltre a risalire a quelle d’indole finanziaria, occorre riportarsi, mediante il metodo delle combinazioni successive, a quelle economico-sociali, politiche e giuridiche» (p. 45), restando così nell’ambito del dibattito della tradizione finanziaria italiana.
Tangorra distinse la scienza delle finanze dal diritto finanziario: «La scienza delle finanze considera lo Stato come un’attività che provoca fenomeni economici a scopo politico; il diritto finanziario lo considera invece come [...] attività che provoca fenomeni giuridici a scopo economico; l’una espone postulati, indica leggi tendenziali, è eminentemente teorica, l’altro risponde a un fatto concreto e costituisce una scienza pratica» (p. 56).
L’opera si sviluppa in sette libri concernenti la dottrina generale della finanza pubblica, le spese pubbliche, le pubbliche entrate in generale, le entrate economico-private o originarie, le entrate miste, le tasse e i contributi speciali, la teoria generale delle imposte. Al completamento dell’opera, che non fu mai realizzata, rinviò l’Appendice e gli aggiornamenti dei dati statistici relativi alle spese pubbliche.
Opere. Il controllo fiscale dell’amministrazione finanziaria. Ricerche intorno a taluni lineamenti formali della finanza, Torino 1890; I fattori primi dei fenomeni sociali: prime linee della teoria delle cause in sociologia, Roma 1896; La nostra politica coloniale: il problema dell’emigrazione, Roma 1896; Le smobilizzazioni bancarie e la circolazione cartacea, Bologna 1898; Le teorie finanziarie di A.G.R. Turgot, Bologna 1898; Il controllo fiscale nell’amministrazione finanziaria: ricerche intorno a taluni lineamenti formali della finanza, Torino 1899; Degli indirizzi oggettivo e soggettivo dell’economia politica, Roma 1900; Contributo alla teoria delle spese pubbliche, Pisa 1905; Delle pubbliche imprese e delle entrate che ne provengono, Caserta 1912; Contributo alla teoria delle tasse: principi fondamentali della dottrina, Pisa 1913; Saggio sulla domanda e l’offerta dei servizi pubblici: contributo alla teoria generale della finanza pubblica, Pisa 1915.
Scrisse su varie riviste, nel Giornale degli economisti: La finanza italiana dal 1862 al 1900, XII (1901), 23, pp. 26-47; Il controllo sugl’“impegni” delle pubbliche spese, XV (1904), 29, pp. 139-171; L’ultimo progetto di legge sulla contabilità generale dello Stato, XVI (1905), 29, pp. 232-259; La tecnica finanziaria come materia d’indagine teorica e di studi teorico-descrittivi, XVIII (1907), 35, pp. 993-1014; Riforme urgenti nella legislazione sul registro e sul bollo, XIX (1908), 36, pp. 35-63; Su taluni congegni della burocrazia in relazione alla finanza e alla pubblica amministrazione, ibid., pp. 311-329; La cointeressenza degli impiegati nei proventi dei servizi pubblici. Comunicazione fatta al Congresso dell’Associazione per il progresso delle scienze tenutosi in Firenze nell’ottobre del 1908, XX (1909), 38, pp. 105-135; Il programma dell’amministrazione per le tasse sugli affari, ibid., 39, 1, pp. 19-43; L’elemento giuridico nella scienza finanziaria, ibid., 4, pp. 329-352. Nel successivo Giornale degli economisti e Rivista di statistica: Su taluni problemi di tecnica finanziaria: contributo allo studio dell’amministrazione finanziaria italiana, XXIII (1912), 44, 1, pp. 36-67; Delle pubbliche imprese e delle entrate che ne provengono, XXIV (1913), 47, 8, pp. 185-227; nella Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie: La pressione tributaria in Italia, 1922, vol. 93, n. 355, pp. 209-216; È attuabile la legge sulla burocrazia?, ibid., n. 353, pp. 3-13; nella Rivista italiana di sociologia da lui fondata, di cui ebbe la direzione e sulla quale scrisse vari articoli. Pubblicò anche su L’Archivio giuridico (Il riformismo costituzionale e la politica del lavoro: conferenza, 1908, vol. 10, n. 1), Gli Annali dell’Università toscana, L’Economista, la Rivista politica e parlamentare. Su quest’ultima scrisse Il controllo legislativo del bilancio (1898, pp. 152-155), in cui analizzò il metodo del controllo legislativo delle finanze riconducibile in Europa a quello inglese, americano e francese: Tangorra preferiva il metodo inglese perché più completo rispetto agli altri due. Riferendosi all’Italia lamentava in particolare alcune deficienze dovute allo scarso interesse mostrato dalla Camera per le questioni finanziarie e alla scarsa partecipazione degli intervenuti, tranne essere particolarmente attenti quando erano in discussione «gli interessi particolari del singolo collegio» (p. 154), rendendo così inadeguato e inefficiente il controllo finanziario legislativo.
Fonti e Bibl.: Università di Pisa, Archivio storico degli economisti, f. 16 (con 89 documenti di cui 5 autografi).
A. Cammarata, Figure che non scompaiono, in Il popolo, V (1924), p. 1; C. Cosciani, Istituzioni di scienza delle finanze, Torino 1968, pp. 16 s., 520, 702; T. Fanfani - M. Cini, L’insegnamento dell’economia e le scuole di pensiero negli studi economici e aziendali, Bologna 2010; G. Dallera, La ‘scuola’ italiana di scienza delle finanze, in Moneta e credito, 2013, vol. 66, n. 261, pp. 45-93; D. Fausto, Saggi di storia dell’economia finanziaria, Milano 2015; A. Li Donni - P. Li Donni, La scienza delle finanze in Italia. Una prospettiva storica siciliana, Milano 2017.