SANUDO, Vincenzo (in religione Pietro Aurelio). – Nacque a Venezia intorno al 1490 (nel 1493 secondo il non troppo affidabile Perini, 1935, p. 153), secondogenito di Pietro, senatore, e del suo secondo matrimonio (1483)
con la figlia di Marco Michiel, nipote di Alvise.
Nel 1505 pronunciò i voti e con il nome di Pietro Aurelio vestì l’abito dell’Ordine degli eremitani di S. Agostino nel convento di S. Stefano a Venezia, che divenne la sua casa e punto di riferimento per il resto della sua vita. Nell’agosto dello stesso anno fece testamento lasciando i suoi beni al fratello maggiore, Alvise, e alla sorella Isabetta, che nel 1554 testò a sua volta a favore dei discendenti maschi della famiglia (Zabarella, 1669).
Tra XIV e XV secolo, anche in relazione al movimento dell’osservanza, l’Ordine degli eremitani di S. Agostino, già organizzato in provincia dalla fine del XIII, scelse di insediarsi in realtà cittadine e si espanse su tutto il territorio veneto. La nomina nel 1436 di Simone da Camerino come vicarius generalis dei conventi di Ortone, Murano e Cittadella segnò l’anno di nascita della Congregazione riformata dell’Osservanza. La Congregatio Montis Orthonis e la Provincia Marchiae Tarvisinae svolsero un ruolo di notevole prestigio come istituzioni culturali: a fianco dello Studio di Padova, tra i più importanti della penisola, anche i conventi di Venezia, Verona e Treviso divennero Studia generalia, e nel corso del XVI secolo tre generali dell’Ordine provennero dalla provincia veneta. La provincia trasse vantaggio anche dal prestigio internazionale che godeva la Repubblica, né va sottovalutato il ruolo svolto dal potere politico nel sostenere la riforma dell’Osservanza: «più vicine alla spiritualità laicale del XV sec. [...] le congregazioni riformate godono delle particolari attenzioni delle autorità secolari, nel tentativo quasi di creare dei movimenti religiosi su base territoriale, più facilmente controllabili» (Urbani, 1997-1998, p. 49).
Non può essere considerato un caso che nei conventi dell’Ordine i priori fossero comunque dei ‘veneti’: dagli anni Quaranta il generale auspicava che provenissero da un altro convento, ma restando sempre all’interno dei domini della Serenissima. In S. Stefano presero i voti numerosi rappresentanti delle grandi famiglie, che nella gestione delle responsabilità loro affidate tesero ad adeguarsi alle disposizioni del Consiglio dei dieci piuttosto che a quelle del generale dell’Ordine; del resto, il rapporto di fiducia con le autorità civili era fondamentale per la carriera nell’Ordine. Dal canto loro, le magistrature cittadine, gelose delle proprie autonomie, tendevano a sovrapporsi ai legami degli Ordini tanto con la Curia romana quanto con le curie generalizie.
La carriera di Sanudo procedette con il sostegno della sua autorevole famiglia di origine. Nel maggio del 1513, probabilmente già sacerdote, venne inviato come cursore dapprima a Bologna e poi a Siena, ma non è certo che vi si sia recato. Nel maggio del 1514 Egidio da Viterbo lo nominò «lectorem in forma consueta» (Aegidii Viterbiensis, a cura di A. De Meijer, 1984, n. 15, p. 27), nel 1515 divenne baccelliere e nel 1517 fu promosso magister. La dizione che accompagna il conseguimento del titolo «Magister auctoritate apostolica» indica che esso gli fu conferito, con un percorso esterno alle università e probabilmente interno agli Studia dell’Ordine, da una commissione appositamente convocata per disposizione del pontefice: una procedura assai diffusa nel Cinquecento e solitamente giustificata dalla povertà del candidato non in grado di sostenere i costi del percorso universitario.
Nel maggio del 1521 venne nominato superiore del proprio convento in attesa dell’arrivo del confratello Cipriano e alcuni mesi dopo (febbraio 1522) il generale Gabriele Della Volta lo destinò priore del convento di Vallerosia nella provincia senese. Sanudo, però, restò a S. Stefano, prima solo come Magister e dal 1523 come nuovo priore «pro antiqua domus illius consuetudine» (Gabrielis Veneti, a cura di C.A. Vañes, 2010, n. 788, p. 278). La sua gestione del monastero lasciò molto a desiderare, sin dall’inizio: il generale lo accusò di tollerare la scandalosa indisciplina dei confratelli «ut fratrum suffragia sibi procuraret in novi prioris electione» (n. 1164, p. 395) contro Alvise Nani, sostenuto anch’egli dai potenti parenti. Della smodata ambizione che il generale gli imputa, Sanudo diede ulteriore prova candidandosi a successore di Antonio Contarini, patriarca di Venezia (1524) e più tardi a vescovo di Brescia (1531). Dai ripetuti richiami del generale, tanto di Della Volta che di Gerolamo Seripando, l’immagine è quella di un uomo non solo ambizioso, ma arrogante, disobbediente, fomentatore di discordie, vendicativo (Gutiérrez, 1976, pp. 45 s.), non certo di un «uomo di gran bontà di vita, & di bellissime lettere» (Zeno, 1662). Di certo la sua carriera, benché non interrotta, fu accompagnata da continui rimproveri, reprimende, scandali (nel breve priorato a Spilimbergo nel 1538 finì anche in carcere per ordine del patriarca di Aquileia). Nel marzo del 1544 Seripando lo privò di voce attiva e passiva, dei titoli accademici e dell’affiliazione al convento; la protezione politica di cui aveva sempre goduto lo sottrasse alla competenza del nunzio pontificio e a settembre il generale dovette reintegrarlo «in suis honoribus et gradis», con il solo divieto di dimorare in S. Stefano. Nel 1545 rientrò nel convento, di cui fu ancora priore non integerrimo dal 1548 al 1551, anno in cui la Signoria di Venezia tentò di farlo nominare presidente del capitolo che avrebbe dovuto eleggere il nuovo generale dell’Ordine.
Morì nell’agosto del 1553, probabilmente la terza settimana del mese (Gutiérrez, 1976, p. 45), e il suo nome venne iscritto nell’obituario del convento.
Opere. Scrisse una interessante opera polemica contro l’ex confratello Martin Lutero, in cui stupisce per il tono sobrio, oggettivo, colto: Soli Deo Honor et Gloria. Recens Lutheranarum assertionum oppugnatio, per Magistrum Petrum Aurelium Sanutum Venetum Augustinianum, Venetiis, apud Aldi filios, 1543. Il volume, di 95 fogli numerati, ebbe anche due edizioni parigine nel 1549 e nel 1559. Dedicandolo a Paolo III l’autore scrive di avervi raccolto le proprie note stese nel 1531, quando era stato autorizzato a leggere gli scritti luterani, note che ora vuole rendere pubbliche per contrastare l’eresia dilagante. Il dialogo tra un Hereticus e un Catholicus è articolato in 10 punti, di diversa ampiezza: i primi 9 discutono il Sola Scriptura e la giustificazione per fede; il decimo tratta invece del libero arbitrio. Sanudo imbastisce il discorso sulla base della bolla Exurge Domine, della Assertio omnium articulorum e del De servo arbitrio. Le autorità cui ricorre sono esclusivamente la Bibbia e le opere di Agostino; vengono citati una sola volta Aristotele, Ambrogio, Gerolamo, Gregorio Magno, Ugone e Basilio Magno in relazione ai voti monastici. Lo scritto si conclude con una breve, pacata Ad literam haeretici responsio (c. 93r).
Della sua attività di studioso restano una edizione della Logica di Alberto di Sassonia, dedicata nel 1518 al Magistro Cypriano Morello, Veneto Augustiniano (Venetiis 1522) e un breve Tractatus de erogandis exigendisque elemosynis, il cui ms., rilegato insieme alla Oppugnatio, è conservato nella Biblioteca apostolica Vaticana, Aldine II.40.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Santo Stefano, b. 28 (Processi), cc. n.n.; Capi del Consigio dei X, Lettere, doc. 206; Aegidii Viterbiensis O.S.A. Registrum generalatus, II, 1514-1518, a cura di A. De Meijer, Romae 1984, ad ind.; Gabrielis Veneti O.S.A. Registrum generalatus, I, 1518-1520, a cura di C.A.Vañes, Romae 2010, ad indicem.
P.A. Zeno, Memoria de’ scrittori veneti patritii, ecclesiastici, & secolari, Venetia 1662, p. 118; G. Zabarella, Tito Livio padovano, ovvero Historia della Gente Livia romana & padovana, et della sereniss. fameglia Sanuta veneziana..., Padova 1669, p. 61; D.A. Perini, Bibliographia Augustiniana cum notis biographicis scriptores Itali, III, Firenze 1935, pp. 153 s.; D. Gutiérrez, I primi agostiniani che scrissero contro Lutero, in Analecta Augustiniana, XXXIX (1976), pp. 44-56; C. Urbani, La provincia agostiniana della Marca negli anni tridentini, in Atti dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, classe di scienze morali, lettere ed arti, 1997-1998, vol. 156, pp. 47-102.