PELLEGRINI, Vincenzo
– Figlio di Bastiano e fratello minore del pittore Felice, nacque a Perugia nel 1575 circa. Diversamente dal fratello che, secondo Lione Pascoli (1732) si trattenne a lungo nella bottega di Federico Barocci a Urbino, Pellegrini pur avendo bevuto 'il primo latte' sotto la disciplina del pittore urbinate presto rientrò a Perugia dove, in ragione della sua abilità ma anche della sua bellezza (era detto per questo il Pittor bello), fu molto corteggiato e ammirato.
La prima opera a lui convincentemente ascritta è l’Immacolata Concezione tra i santi Michele arcangelo e Maddalena della Chiesa Nuova di Perugia, replica con poche varianti della tela di identico soggetto realizzata da Barocci per la Compagnia della Concezione a Urbino, oggi nella Galleria Nazionale delle Marche. Databile alla fine del XVI secolo, l’Immacolata della Chiesa Nuova rivela tuttavia, se confrontata con il modello, un buon grado di originalità, mescolando componenti baroccesche a elementi di naturalismo riformato di origine toscana (Mancini, 1987).
Nel 1606 miniò l’antiporta del nuovo catasto del Collegio Gregoriano (Archivio di Stato di Perugia, Catastini, 11, c. 3).
Dominata dalla figura di San Gregorio, santo titolare del Collegio preposto all’educazione dei giovani, la miniatura raffigura la Sapienza con un libro e una lucerna in mano, Mercurio, la cui intelligenza mobile e imprevedibile è sottolineata da una sfera imperfetta raffigurata alle sue spalle, e Minerva, simbolo della saggezza equilibrata e stabile, sormontata da una sfera perfetta. Due monocromi ai lati della Sapienza mostrano una scena di mietitura e una di battitura del grano, in evidente riferimento al manuale iconologico di Cesare Ripa (Iconologia, Roma 1603), laddove si spiega che è compito della Sapienza «saper distinguere, et separare il grano, dal gioglio, et la buona, dalla cattiva semenza ne’ costumi» (p. 443).
Appartiene allo stesso periodo (1606 circa) anche la Gloria di San Benedetto, tela conservata presso la Galleria Nazionale dell’Umbria, proveniente dalla chiesa perugina di Santa Maria della Misericordia, che mostra il santo nell’atto di indicare una croce di rose che, muovendo dalla sfera terrestre, si innalza verso il cielo fra una gloria di angeli. Riferibile al 1606 è anche il frontespizio miniato per la matricola del Collegio del Cambio, che fu compensato a Pellegrini nell’aprile del 1607.
In questo caso Pellegrini mette al centro della composizione un grifo passante, simbolo di Perugia, che poggia le zampe sopra un forziere, simbolo dei cambiatori di valuta. In alto, accanto alla Vergine con il Bambino, le figure di s. Giovanni Battista, titolare della cappella annessa al Collegio, e di s. Giacomo pellegrino, titolare dell’ospedale gestito dallo stesso Collegio; in basso due figure allegoriche: la Giustizia, che reca in mano un fascio di verghe e una bilancia, e la Pace che mostra un ramoscello d’ulivo. Particolare di indubbio interesse è il fatto che la Vergine con il Bambino sia un’esplicita riproposizione di un modello di Pietro Perugino, autore della decorazione murale della Sala dell’Udienza del Cambio.
Dopo l’aprile del 1607, data della Matricola del Cambio, Pellegrini avrebbe effettuato un viaggio a Roma (Volpe, 1961), rimanendo fortemente impressionato dalla pittura di Rubens.
Echi rubensiani sono evidenziabili nello Sposalizio mistico di Santa Caterina, oggi a Grenville, Bob Jones University Museum. Il dipinto, che gli era stato commissionato nel 1608 dal monastero perugino di Sant’Antonio da Padova e che gli fu pagato il 20 marzo 1608 (Mancini, 1987), è stato restituito a Pellegrini da Carlo Volpe (1961). Sul probabile soggiorno romano ha molto insistito Bruno Toscano (1989), sostenendo che la cultura di Pellegrini, oltre a manifestare un’approfondita conoscenza di Barocci, rivela una relazione con i cicli decorativi sistini, in particolare con gli affreschi del Lilio nella Sala degli Obelischi del Palazzo Lateranense; ma rivela anche un’esplicita attenzione per la produzione di Ventura Salimbeni tra Roma, Siena e l’Umbria. Il bozzetto del dipinto era visibile, ai tempi di Baldassarre Orsini (1784), presso la collezione Borgia-Montemellini di Perugia.
Pellegrini lavorò anche per i monaci benedettini di San Pietro. Su loro commissione eseguì una tela raffigurante San Pietro abate. Perduta, l’opera gli fu compensata nel 1609 (Manari, 1866).
Di pochi anni successiva è la Madonna che intercede presso le anime del Purgatorio, tela di notevole livello qualitativo, tuttora visibile sull’altare maggiore della Chiesa della Compagnia della Morte di Perugia. Baldassarre Orsini (1784), pur lamentandone lo stato di conservazione non perfetto, dovuto all’intervento di inesperti 'ripulitori', manifesta sincero apprezzamento per l’opera, ammirandone la grazia delle attitudini, l’armonia dei colori locali, «e la buona maniera nel disporre il tutto insieme» (p. 255).
Secondo i documenti rintracciati da Mancini (1987) la tela, prima di essere sistemata sull’altare della Compagnia della Morte, rimase esposta per qualche tempo nella chiesa di Santo Spirito dei padri minimi. Da qui, il 10 marzo 1612, una solenne processione accompagnò l’opera sino alla meta finale: «fu condotta alla nostra chiesa a un ora di notte per la essa processione et alegrezza della cita sonato le campane grosse a doppio» (p. 172). Di quest’opera scrisse anche Adolfo Venturi (1934), che individuò nella Santa Caterina, sistemata in basso a destra, un saggio di «raffinato sensualismo secentesco» e negli angeli cantori una «foga rubensiana».
Attribuita a Vincenzo Pellegrini (Mancini, 1987) è infine una grande pala d’altare conservata nel Duomo di Perugia. Dipinta per la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta a Villa Pitignano nel contado di Perugia, la tela raffigura la Natività della Vergine. Databile attorno al 1610, fu commissionata da Annibale Floramonti, il cui ritratto è visibile nella parte inferiore del dipinto. Considerata in passato opera di Perino Cesarei, di Giovanni Antonio Scaramuccia o di Giulio Cesare Angeli, la tela presenta in realtà quella conduzione pittorica fresca e vibrante che è tipica dell’arte di Pellegrini.
Lione Pascoli (1732) narra la tragica fine di Pellegrini, il quale l’11 dicembre 1612 fu «barbaramente per gelosia da atroce, perfida, e cruda mano ammazzato». Il cadavere fu portato nella Chiesa della Compagnia della Morte e le esequie si svolsero proprio di fronte alla Madonna che intercede presso le anime del Purgatorio. Secondo Pascoli cessò di vivere «due mesi, ed undici giorni dopo la morte del caro, ed amato suo maestro», «non lasciò figli, perché non ebbe moglie» e «non lasciò scolari di grido» (p. 177).
Fonti e Bibl.: L. Pascoli, Vite de’ pittori, scultori ed architetti perugini, Roma 1732, pp. 175-177; B. Orsini, Guida al Forestiere per l’Augusta città di Perugia, Perugia 1784, pp. 135, 155, 255, 285; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia dal Risorgimento di belle arti fin presso al fine del XVIII secolo (Bassano 1809), a cura di M. Capucci, I, Firenze 1968, p. 356; L. Manari, Documenti e note ai cenni storico-artistici della Basilica di S. Pietro di Perugia, in L’Apologetico, V (1866), pp. 174 s.; A. Venturi, Storia dell’Arte Italiana. La pittura del Cinquecento, IX, 7, Milano 1934, pp. 1000-1002; C. Volpe, Un’apertura per V. P., in Paragone, 1961, n. 137, pp. 32-37; B. Teodori, Aspetti del baroccismo perugino: Benedetto Bandiera, Felice e Vincenzo Pellegrini, in Arte e Musica in Umbria tra Cinquecento e Seicento. Atti del XII convegno di studi umbri, Gubbio-Gualdo Tadino… 1979, a cura di B. Brumana - F.F. Mancini, Perugia 1981, pp. 289 s.; F.F. Mancini, Miniatura a Perugia tra Cinquecento e Seicento, Perugia 1987; B. Toscano, Pittura del Seicento in Umbria, un’indagine di campo, in Pittura del Seicento. Ricerche in Umbria. Catalogo della mostra, Spoleto, 1 luglio-23 settembre 1989, Perugia 1989, pp. 22 s.; C. Galassi, V. P., in Nel segno di Barocci. Allievi e seguaci tra Marche, Umbria, Siena, a cura di A.M. Ambrosini Massari - M. Cellini, Milano 2005, pp. 308-311; F.F. Mancini, Il maestro e la scuola. Barocci e il baroccismo in Umbria, in Federico Barocci 1535-1612. L’incanto del colore. Una lezione per due secoli. Catalogo della mostra, Siena… 2010, a cura di A. Giannotti - C. Pizzorusso, Cinisello Balsamo 2009, pp. 138-145; F.F. Mancini, In Umbria, al tempo di Federico Barocci, in Federico Barocci e la pittura della maniera in Umbria. Catalogo della mostra, Perugia…2010, a cura di F.F. Mancini, Cinisello Balsamo 2010, pp. 11-27.