PASSARELLI, Vincenzo
PASSARELLI, Vincenzo. – Nacque a Roma il 29 settembre 1904, figlio di Tullio (1869-1941), ingegnere, fondatore dello Studio Passarelli che a Roma ha accompagnato le trasformazioni della città per più di un secolo, e di Ida Alessandrini.
Laureatosi in ingegneria civile nel 1927 e in architettura nel 1933 con un progetto di un palazzo per uffici singoli, proseguì con i fratelli Fausto (1910-1998) e Lucio (1922) l'attività professionale avviata agli inizi del secolo dal padre e fu responsabile del rinnovamento linguistico dello Studio, perseguito senza strappi, attraverso una ricerca attenta, progressiva e continua, sulle singole occasioni progettuali. Nel 1934 sposò Agnese Querini.
Il definitivo abbandono dell’eclettismo, che aveva contraddistinto le architetture di Tullio Passarelli, e di qualsiasi riferimento agli stili del passato si registra nelle tre palazzine per l'impresa Provera e Carrassi realizzate negli anni Trenta al quartiere Salario. I tre edifici, che inaugurarono la collaborazione professionale di Tullio e Vincenzo Passarelli, si diversificano e insieme risentono delle evocazioni linguistiche provenienti dai recenti studi universitari di Vincenzo, riferimenti che influirono allo stesso modo sulle coeve esperienze di altri illustri giovani architetti romani, quali Mario Ridolfi, Vincenzo Monaco, Amedeo Luccichenti e Giulio Pediconi, che con Passarelli condivisero gli anni della formazione presso la Facoltà di architettura di Roma.
Una forma di protorazionalismo è già riconoscibile nella realizzazione del silos granario per il Consorzio agrario provinciale a Roma in Lungotevere di Pietra Papa che progettò nel 1935; quest’opera fronteggia i magazzini generali, opera di Tullio Passarelli degli anni Venti, e precede quella dei Consorzi agrari, commissionata nel 1948 allo Studio Passarelli per rilanciare le attività produttive della capitale. Il complesso, insieme alle grandi strutture dismesse dei gazometri, agli edifici della Mira Lanza, al ponte di ferro e alla centrale Montemartini, rappresenta la memoria storica dell’antico nodo industriale romano all’Ostiense.
Passarelli scelse, come prima di lui aveva fatto suo padre e come fecero anche i fratelli, di impegnarsi interamente nell’attività dello Studio; la dimensione di fucina-laboratorio caratteristica degli storici studi romani del Novecento condusse in egual misura i Passarelli, i Valle, i Paniconi e Pediconi, a dedicare un interesse marginale o nullo alla didattica universitaria, preferendo sviluppare la ricerca architettonica all’interno della progettazione stessa e favorire la formazione delle nuove generazioni nel seno dell’attività professionale. Altra caratteristica comune fu che, dopo il fondatore, la paternità delle opere divenne cosa condivisa dai componenti dello Studio: i tre fratelli – Lucio si unì a Vincenzo e Fausto nel 1946, appena laureato, senza aver mai potuto condividere il lavoro con il padre, morto cinque anni prima – comparteciparono alle realizzazioni secondo le personali attitudini. Nelle numerose pubblicazioni, dal dopoguerra a oggi, infatti, le opere sono attribuite alla firma collettiva dello Studio Passarelli, che ha all’attivo oltre 200 progetti e realizzazioni.
Delle tre fasi dello Studio, una prima attribuibile completamente a Tullio, una seconda che a partire dagli anni Trenta si sviluppò fino a tutti gli anni Settanta, attraversando la nascita e il declino del Moderno e gli anni della ricostruzione, una terza nella quale è intervenuto il contributo della generazione successiva, fu nella seconda che Passarelli espresse la sua visione di un’architettura per la città moderna non più attraverso una forma di interpretazione della tradizione, ma preferendo elaborare soluzioni architettoniche pertinenti e coerenti con la cultura romana di quegli anni e con le richieste della committenza, accostandosi agli edifici storici e al contesto senza negarli, ma nemmeno imitandoli. Esemplare a tale proposito è la sede dell'IMI (Istituto Mobiliare Italiano) e dell'Ufficio italiano cambi del 1950, frutto della collaborazione di Passarelli con Mario Paniconi e Giulio Pediconi, con i quali l’anno prima aveva realizzato l’allestimento della Mostra internazionale d’arte sacra e missionaria in via della Conciliazione e l’anno successivo avrebbe condotto la realizzazione del progetto per il circolo sportivo per i dipendenti dell’IMI sul lungotevere dell’Acqua Acetosa.
Nel 1950 era stato bandito un importante concorso per la sede dei due istituti, in via delle Quattro Fontane, in un contesto delicatissimo, che comportava la progettazione di un edificio il cui fronte principale si sarebbe trovato incastonato tra il gioiello borrominiano di S. Carlino e il palazzo ottocentesco del Collegio pontificio canadese. Si trattava di uno dei primi concorsi di rilievo a Roma nel dopoguerra e il gruppo composto da Passarelli, Paniconi e Pediconi vinse il primo premio. La chiave interpretativa del tema progettuale fu un’integrazione non mimetica dell’edificio moderno nel cuore del centro storico, per cui l’imponente, lunga facciata bidimensionale del palazzo, rivestita da lastre di pietra, leggermente aggettante dal primo piano, è interrotta solo dall’improvvisa apparizione di un sovradimensionato bow-window in ferro e vetro che chiude e mette in evidenza la presenza di una sala di rappresentanza e risulta sollevata dal suolo per l’innesto di importanti vetrate al piano terra che delimitano l’atrio passante, aperto su una elegante e ampia corte interna.
In seguito, per la nuova sede dell’IMI in viale dell'Arte all’EUR (1969) lo Studio fu incaricato della revisione e integrazione del progetto di un complesso in costruzione, ideato da Attilio La Padula e Alfio Marchini, acquistato dall’Istituto per trasferirvi gli uffici di rappresentanza.
Il progetto di completamento, avvalendosi della collaborazione di Arrigo Carè per la parte strutturale e delle opere artistiche di Michelangelo e Bruno Conte, si accentrò sulla sala destinata alle riunioni, che diventava parte delle sistemazioni esterne, con le pareti esterne scolpite nella graniglia di cemento e in marmo bruno e acciaio ritagliate da elementi circolari.
Le collaborazioni con i più importanti interpreti della cultura romana caratterizzarono i decenni postbellici, durante i quali proseguirono gli incarichi da parte di enti pubblici e comunità religiose. Nel 1956 il Vicariato commissionò allo Studio Passarelli la chiesa di S. Luca in via Gattamelata. Elemento caratteristico dell’edificio è la copertura sagomata a triangoli, nata dallo studio della componente statica da parte di Riccardo Morandi il quale inserì tiranti diagonali in cemento a chiusura delle vetrate, per ridurre lo spessore della soletta e del sistema portante. Sono anche gli anni del secondo settennio del programma INA-Casa e, nel segno delle collaborazioni tra protagonisti della cultura architettonica romana, nel 1958 Passarelli partecipò alla realizzazione del complesso INA-Casa a Torre Spaccata, con Vittorio Ballio Morpurgo, Serena Boselli, Gino Cancellotti, Massimo Castellazzi, Plinio Marconi, Eugenio Montuori, Giuseppe Nicolosi, Mario Paniconi, Giulio Pediconi, e del relativo mercato comunale, con Fabrizio Falchetti.
Gli anni Sessanta furono caratterizzati da un allargamento degli interessi di Passarelli per gli aspetti figurativi della tecnologia, particolarmente evidenti nella realizzazione dell’Istituto di frutticultura ed elettrogenetica in via di Fioranello (1956-58, con Paolo Cercato); nella scuola internazionale Notre Dame sulla via Aurelia (1960, con Edgardo Tonca) per la quale lo studio ricevette la targa IN/ARCH; e nel palazzo per uffici in via Aurora a Roma, sede della Bomprini-Parodi Delfino, del 1961.
Negli anni Settanta, proprio a partire da un uso linguistico dei sistemi costruttivi, in un periodo di rallentamento dell’attività, fu avviata un’archiviazione del repertorio dei principali dettagli costruttivi, per poterli riutilizzare come un alfabeto per il progetto: un universo tecnico professionale che si presenta come un dizionario della lingua parlata dalle architetture dello Studio Passarelli.
Se la scuola internazionale Notre Dame è una delle opere più interessanti anche per aver introdotto in Italia una nuova tipologia scolastica, di derivazione statunitense, con i fabbricati che costituiscono un complesso progettato come un sistema urbano, è nella nuova sede dell’Istituto per l’istruzione della Compagnia di Gesù a Roma che Passarelli sperimentò il tema della scuola come opera corale.
A metà degli anni Cinquanta il Massimo, la prestigiosa scuola gesuita romana, decise di trasferirsi dalla sede storica che si trovava nei pressi della Stazione Termini, all'EUR. L’Ordine religioso scelse tre studi di architettura di ex alunni dell’Istituto: lo studio Passarelli e gli studi Rebecchini (con Julio Lafuente) e Lenti-Sterbini impegnati in un progetto unitario la cui realizzazione avvenne in più fasi tra il 1962 e il 2000; di queste una prima, finita in pochi anni, consistette in una composizione modulare di elementi connessi e separati tra di loro esaltati dall'emergenza del volume poligonale della chiesa e dell’edificio alto per la residenza della comunità.
Tra le opere più recenti, l’edificio polifunzionale in via Campania (1964), un’icona dello studio, oggetto di numerose pubblicazioni, che è stato incluso da Bruno Zevi tra i Capolavori del XX secolo (2000); il padiglione italiano all’Esposizione internazionale di Montreal (1967) e la nuova ala dei musei Vaticani (1971).
Il primo, commissionato dall’Istituto romano beni stabili, apparve subito un edificio rivoluzionario per il modo con cui risolveva il problema dell’inserimento in un lotto di fronte alle antiche Mura Aureliane. L’edificio indaga il tema della stratificazione storicizzando l’intervento contemporaneo grazie a una innovativa forma di mimetismo che sfrutta le qualità di materiali tecnologicamente performanti; il gioco delle pareti specchiate nelle quali si riflette la città storica con le sue tracce archeologiche immerge l’edificio nel contesto urbano, mentre con studiata indifferenza, alla parte destinata agli uffici – un parallelepipedo di vetro sollevato dal suolo – è sovrapposta una parte destinata alla residenza costituita da una sequenza di quattro livelli variamente slittati di fasce-fioriere in cemento di wrightiana memoria.
Alle soglie degli anni Settanta, Passarelli fornì un contributo significativo a esperienze progettuali alla scala urbana. Fece parte dello Studio Asse (con Vincio Delleani, Mario Fiorentino, Riccardo Morandi, Ludovico Quaroni, Bruno Zevi, Aldo Enrico Ponis, Salvatore Dierna, Edgardo Tonca, Gabriele De Giorgi) che elaborò un decisivo studio di fattibilità con esemplificazioni e proposte progettuali per il sistema direzionale romano; a Milano, a pochi passi da Porta Romana realizzò con Giuseppe Chiodi un quartiere integrato composto da residenze, servizi commerciali, uffici, giardini e parcheggi, che coglie la lezione lecorbusieriana del piano terra libero e del tetto praticabile, oltre a un moderato brutalismo derivante dagli studi delle unità di abitazione di grandezza conforme (Casabella, dicembre 1969, n. 343, pp. 16-29).
Membro di numerose commissioni tecnico-scientifiche, riguardanti l'edilizia e l'urbanistica, dal 1962 fece parte con Luigi Piccinato, Mario Fiorentino, Michele Valori, Piero Maria Lugli del gruppo dei consulenti per il Piano regolatore generale di Roma e della Commissione urbanistica ed edilizia del Comune di Roma; fu membro effettivo dell'INU (Istituto Nazionale di Urbanistica) e accademico di San Luca.
Morì a Roma il 18 settembre 1985.
Fonti e Bibl: Roma, Archivio privato presso lo Studio Passarelli. R. Pedio, Lo studio degli architetti Passarelli, in l’Architettura cronache e storia, 1957, n. 22, pp. 224-243; P. V., in Dizionario enciclopedico di architettura e urbanistica, a cura di P. Portoghesi, Roma 1969, pp. 389 s.; B. Zevi, Cronache di architettura, Roma-Bari 1971, pp. 320-325; V. P., in 50 anni di professione, a cura di R. Bizzotto - L. Chiumenti - A. Muntoni, Roma 1983, pp. 105-108, 168 s.; V. P., in V. Sgarbi, Dizionario dei monumenti italiani e dei loro autori. Roma. Dal Rinascimento ai giorni nostri, Milano 1991, pp.189-192; P.V., in Architectonicum. Vite professionali parallele 1920-1980, Roma 1992, p. 220; S. Ciranna, P.V., in Dizionario dell’architettura del XX secolo, a cura di C. Olmo, Torino 2001, pp. 27-29; R. Lenci, Studio Passarelli. Cento anni cento progetti, Milano 2006; P. V., in Roma Architetture Biografie 1870-1970, a cura di A.P. Briganti - A. Mazza, Roma 2010, pp. 388-393. Per ulteriori approfondimenti si rinvia al sito www.studiopassarelli.it (settembre 2014).