NOLFI, Vincenzo
NOLFI (Galassi), Vincenzo. – Nacque a Fano il 2 novembre 1594 dal nobile Arnolfo Galassi e da Nicolosa Andreani di Cherso. Intorno al 1627 venne adottato dal marito della zia Lucrezia Galassi, il giurista e mecenate fanese Guido Nolfi.
In gioventù ebbe per docente Pietro Paolo Teofilo, maestro stipendiato dal Comune di Fano, morto ottantaquattrenne nel 1623. Sempre in gioventù trascorse un periodo alla corte romana della duchessa di Bracciano di casa Orsini, unendosi poi in matrimonio con Ippolita Uffreducci nel 1626. Negli anni della cosiddetta prima guerra di Castro (1641-44) fu aggregato al Consiglio civico, come Magistrato nel settembre-ottobre 1642; nel 1643 entrò a far parte della Congregazione per la guerra fino a giungere, il 18 maggio 1644, al grado di gonfaloniere. A settembre si recò a Roma (insieme con Gregorio Amiani) come ambasciatore del Comune presso il nuovo papa Innocenzo X (incarico svolto anche nel 1655, con Antonio Uffreducci, presso Alessandro VII).
Pur avendo trascorso la maggior parte della vita a Fano nel suo palazzo in via Arco d’Augusto, soggiornò per un certo periodo a Roma, dove poté frequentare varie accademie – era già membro della quella fanese degli Scomposti, fondata nel 1641 dal ricordato Amiani – entrando in quella degli Intrecciati, per la quale nel biennio 1650-51 produsse sonetti e discorsi «sacri e morali». Non è invece accertato se sia stato effettivamente aggregato all’Accademia degli Incogniti promossa a Venezia da Gian Francesco Loredano. Un decennio prima, al tempo della guerra di Castro, aveva fornito al nobile concittadino Giacomo Torelli, celebre scenotecnico dal 1639 a Venezia come ingegnere militare, il dramma per musica Il Bellerofonte, portato trionfalmente in scena nel carnevale 1642 in quel teatro Novissimo che lo stesso Torelli aveva costruito e inaugurato l’anno precedente con La finta pazza di Giulio Strozzi: iniziativa riconducibile all’ambiente intellettuale degli Incogniti.
Tra le cinque edizioni del Bellerofonte pubblicate fra il 1642 e il 1649, spicca la seconda, un in-folio di 91 pagine – oltre il frontespizio, ornato in alto con lo stemma mediceo e quello di Torelli in basso e la dicitura «da Giacomo Torelli da Fano, inventore degli apparati, dedicato al Ser.mo Ferdinando il Gran Duca di Toscana» – arricchita da 10 splendide tavole calcografiche realizzate da Giovanni Giorgi con le immagini degli apparati scenici.
Dichiaratamente antiaristotelica la premessa dell’autore: «Tu perdi il tempo, o lettore, se con la Poetica dello Stagirita in mano vai rintracciando gli errori di quest’opera, perch’io confesso alla libera che nel comporla non ho voluto osservare altri precetti che i sentimenti dell’inventore degli apparati e il genio di questo popolo. […] la favola ruvinosa per l’antichità è stata ristaurata dalla mia penna sul modello dramatico nell’angustia del brevissimo tempo in ordine al ricevere la perfettione dalla bellezza delle macchine et apparati teatrali. È ella qui un corpo esanimato disposto alla vivificazione per mezzo di quello spirito che nasce dalla soavità e negli artifitij della musica composta dal signor Francesco Sacrati di Parma, e dall’armoniosa voce de’ più celebri cantanti d’Europa».
Ma la passione di Nolfi per il teatro era di più lunga data: nel 1628 il ritratto di mano di Giovanni Francesco Guerrieri (Fano, Pinacoteca civica; la data risulta da un sonetto encomiastico ben leggibile sul dipinto) lo effigia mentre sta componendo la tragedia Romilda, pubblicata a Venezia nel 1643 (Bertana, 1906, pp. 142-144; Castellani, 1921, pp. 162 s.; Emiliani, 1997, pp. 99, 102 s.).
Fra le opere a stampa prodotte da Nolfi il primato spetta al trattato Ginipedia o vero Avvertimenti civili per donna nobile, di cui si conoscono quattro edizioni, la prima data in luce a Venezia nel 1631, la seconda «accresciuta e rimodernata» a Bologna nel 1662, le altre postume (ibid. 1685 e 1689) e che più di ogni altro libro di Nolfi «ne assicura la fama, perché in essa è ritratta fedelmente anche nei più minuti particolari la vita italiana del seicento ed è fonte autorevole e ricca da non trascurarsi da quanti vogliono occuparsene» (cfr. Castellani, 1932, pp. 150-157; Deli, 1979, pp. 81-92).
Da ricordare poi le due monografie agiografiche dedicate alla Vita di s. Fortunato, uno de vescovi e protettori di Fano (Urbino 1631) e al Compendio della vita e miracoli di s. Paterniano vescovo e protettore di Fano (Pesaro 1636), precedute dalle Vite delli quattro santi vescovi e protettori di Fano (Venezia 1641): tematica in perfetta sintonia con la religiosità professata da Nolfi, membro della Confraternita dell’Angelo custode e committente per la sua cappella in S. Agostino della celebre tela del Guercino L’angelo custode (1641). Si deve infine a Nolfi anche il curioso antiromanzo Elena restituita alla fama della pudicitia (Venezia, 1646).
Come da volontà testamentaria di Guido Nolfi, predispose anche gli «ordini ovvero costituzioni» per poter procedere alla fondazione del Collegio Nolfi per gli studi di legge e di medicina, aperto solo nel 1680, elevato nel 1729 al grado di Università e durato fino al 1824.
Morì a Fano il 25 settembre 1665.
Postumo, per iniziativa dell’abate Domenico Federici, uscì il poema sacro Della Santa Casa di Loreto (Vienna 1666, con «argomenti» di Camillo Boccaccio), di cui l’autore aveva fatto conoscere i singoli canti con personali letture in seno all'Accademia degli Scomposti. Inedito, citatissimo e saccheggiatissimo dai successivi storici locali resta nella Biblioteca Federiciana di Fano il voluminoso tomo manoscritto Delle notizie historiche sopra la fondatione, varietà de’ governi e successi memorabili della Città di Fano, un’opera che fa di Nolfi il primo storico fanese degno di nota.
Fonti e bibl.: E. Bertana, Storia dei generi letterari italiani. La Tragedia, Milano 1906, pp. 142-144; G. Castellani, V. N. Note bio-bibliografiche, in Studia Picena, VIII (1932), pp. 147-188; C. Selvelli, Fanum Fortunae, Fano 1943, pp. 131 s.; P. Bjurström, Giacomo Torelli and baroque stage design, Stockholm 1961, pp. 58-73; N. Mangini, I teatri di Venezia, Milano 1974, pp. 58, 64 s.; L. Bianconi - T. Walker, Dalla «Finta pazza» alla «Veremonda». Storie di Febiarmonici, in Rivista italiana di musicologia, X (1975), pp. 414 s.; G. Arbizzoni, Un «antiromanzo» di V. N., in Fano. Supplemento al Notiziario di informazione sui problemi cittadini del 1978, Fano 1978, pp. 97-113; Fano nel Seicento, a cura di A. Deli, Urbino 1979, passim; E. Rosand, Opera in seventeenth-century Venice, Berkeley 1991, ad ind.; G.M. Claudi - L. Catri, Dizionario storico-biografico dei Marchigiani, II, Ancona 1993, p. 89; F. Mancini - M.T. Muraro - E. Povoledo, I Teatri del Veneto. Venezia, I, Venezia 1995, pp. 323-360 ( in part., p. 335); A. Emiliani, Giovanni Francesco Guerrieri da Fossombrone, Fano 1997, pp. 99-103; F. Battistelli - G. Boiani Tombari - L. Ferretti, Il Teatro della Fortuna in Fano, I, Fano 1998, pp. 47, 63, 64, 85, 100; M. Viale Ferrero, La metafora della scena, in Giacomo Torelli. L’invenzione scenica nell’Europa barocca, a cura di F. Milesi, Fano 2000, pp. 73-76; P. Peretti, Il Bellerofonte, ibid., pp. 89-93; M.I. Biggi, Il Bellerofonte dramma di V. N. musica di Francesco Sacrati, ibid., pp. 95-107; B.L. Glixon - J.E. Glixon, Inventing the business of opera, New York 2006, ad ind.