MUCCIOLI, Vincenzo
– Nacque a Rimini, primo dei due figli di Luigi e di Maria Moretti, il 6 gennaio 1934 da una famiglia benestante; il padre era un agiato proprietario terriero.
Dopo gli studi iniziò a lavorare nell’agenzia assicurativa gestita dal padre. Nel 1962 sposò Maria Antonietta Cappelli, dalla quale ebbe due figli, Andrea e Giacomo, con i quali costituì non solo una famiglia ma anche un autentico e integratissimo team di lavoro, fortemente impegnato nel progetto cui consacrò la propria esistenza, e per il quale è divenuto molto noto in Italia e a livello internazionale: la realizzazione di una comunità di recupero per tossicodipendenti in Romagna.
L’ubicazione della comunità derivò dalla passione per la campagna e dalla precedente attività economica di Muccioli, il quale, all’indomani del matrimonio, aveva acquistato alcuni appezzamenti vicino a Rimini, nella località di San Patrignano, per dedicarsi all’allevamento di cani di razza e alle coltivazioni agricole. Un’altra delle sue passioni, la medicina naturale, si affiancava all’attenzione verso il tema dell’assistenza dei malati; da qui, breve risultò il passo nella direzione dell’impegno diretto sui temi del disagio e dell’emarginazione che nell’Italia di quegli anni si traducevano sostanzialmente nella questione della tossicodipendenza, in primo luogo da eroina. Le droghe maggiormente usate negli anni Settanta, a differenza di quanto sarebbe accaduto successivamente con sostanze psicotrope come la cocaina, marchiavano duramente e visibilmente chi le assumeva, condannandolo a inabissarsi in un girone di marginalità e illegalità, per lo più senza speranza di riscatto. La scarsità di interventi nei riguardi di queste tipologie di tossicodipendenti rappresentò la molla che fece scattare in Muccioli l’intuizione dalla quale sorse «SanPa», nome con cui divenne universalmente nota quella che si sarebbe configurata come la comunità terapeutica per tossicodipendenze più grande d’Europa.
La prima tossicodipendente, una ragazza di Trento figlia di amici di famiglia, arrivò a San Patrignano nel 1978, presto seguita da altri giovani. Il 31 ottobre dello stesso anno, quando il numero degli ospiti arrivava a una trentina, la comunità aprì ufficialmente i battenti, con la costituzione di una cooperativa avente come finalità prioritaria l’«assistenza gratuita ai tossicodipendenti ed agli emarginati» .
Nel 1985 fu istituita la Fondazione San Patrignano, che nel 1990, in seguito all’atto di donazione con cui Muccioli e la sua famiglia avevano ceduto tutti i loro beni immobili alla comunità, fu riconosciuta come ente morale dallo Stato. Nel 1997 la Fondazione fu accreditata presso le Nazioni Unite come organizzazione non governativa, con lo status di consulente speciale presso il Consiglio economico e sociale dell’ONU. Intanto la comunità aveva sviluppato massicciamente le sue relazioni internazionali, collocandosi al centro di una rete globale: ne scaturì, nel 1995, Rainbow. International association against drugs, un’organizzazione no-profit promossa da San Patrignano in collaborazione con sette comunità d’Europa e del Nord America e costituita da circa 200 associazioni e strutture di recupero di tutto il mondo contrarie alla legalizzazione delle droghe.
Nel corso della sua attività su Muccioli si addensarono alcune complesse vicende giudiziarie che occuparono significativamente le cronache dell’epoca e divisero in modo marcato l’opinione pubblica nazionale tra innocentisti e colpevolisti. Subì due processi: il primo, nel 1984, lo vide imputato di sequestro di persona e maltrattamenti per avere incatenato alcuni ospiti e si concluse con un’assoluzione in appello, confermata in Cassazione; il secondo, nel 1994, riguardò l’omicidio, avvenuto l’anno precedente, di un altro ospite, Roberto Maranzano, e Muccioli fu condannato a otto mesi di carcere per favoreggiamento e assolto dall’accusa di omicidio colposo.
Muccioli intrattenne sempre forti legami con la politica e con alcuni leader dell’epoca, in primis il socialista Bettino Craxi e il liberale Francesco De Lorenzo (medico di formazione e ministro della Sanità tra il 1989 e il 1993), con esponenti della gerarchia ecclesiastica, di cui fu un paladino, e con ambienti importanti dell’economia. Per questo, e per la sua vicinanza alle politiche dei governi del pentapartito, fu considerato il principale ispiratore della legge Craxi-Jervolino-Vassalli (n. 162 del 26 giugno 1990), che introdusse il principio della punibilità del consumatore di stupefacenti leggeri. Quella norma, che cambiò radicalmente l’impianto della legge n. 685 del 1985, fu ritenuta una delle più repressive nel panorama europeo e internazionale. Un altro rapporto fondamentale e duraturo fu il sodalizio con i coniugi Letizia e Gianmarco Moratti, che furono tra gli sponsor e i sovvenzionatori più importanti della comunità.
Morì il 19 settembre 1995, a Coriano (in provincia di Rimini), dopo un breve periodo di malattia, quando la sua comunità accoglieva circa 2000 ospiti.
La peculiarità del lavoro di Muccioli consistette in una filosofia sulla quale fondò la sua metodologia e il suo approccio alla lotta verso la diffusione delle sostanze psicotrope: il consumo di quelle sostanze conduceva necessariamente, nella sua visione, alla dipendenza; tesi che estendeva anche alle droghe leggere e che lo portava a rigettare l’impiego terapeutico del metadone. Il tossicodipendente era, in questa concezione, un soggetto dalla volontà fragile e totalmente bisognoso di essere guidato da una personalità forte, anche piegando la sua volontà con metodi coercitivi (come le catene). Rispetto alla modalità di assistenza dei servizi sociali, che considerava non molto efficace perché lasciava il tossicodipendente sostanzialmente libero, Muccioli fondava la sua azione sull’ingresso in una struttura chiusa e protetta. Di qui l’idea di impostare la comunità come una famiglia che difendesse il ‘debole’ individuo tossicodipendente dal mondo esterno e lo sottraesse alle ‘tentazioni’ preservandolo dal rischio di ricadute; una modalità organizzativa e gestionale nella quale il capo-comunità, da intendersi alla stregua di un severo pater familias, era incontestabile e dotato di poteri e prerogative larghissimi sugli ospiti e i pazienti. Profondo e convinto nemico del cosiddetto relativismo morale, Muccioli divenne il campione e il simbolo degli avversari dell’antiproibizionismo, della legalizzazione delle droghe leggere e della categoria di libertà di scelta rispetto al consumo di sostanze. Per questo si rese protagonista di epici e furibondi scontri con molta parte della sinistra, istituzionale e di movimento. Al riguardo, numerosi e frequenti furono, per esempio, gli articoli di critica e denuncia che, negli anni Novanta, dedicò a SanPa e al suo leader il settimanale politico-satirico Cuore.
Muccioli fu dunque una figura complessa e controversa nella quale trovarono compendio ruoli e aspetti di diversa natura: la dimensione imprenditoriale convisse con un orientamento politico conservatore, e la devozione religiosa di cattolico pio (con punte di misticismo assai spinto) coabitava con una visione comunitaria e comunitarista. Suscitò appassionati sostegni e, al tempo stesso, generò critiche molto dure e severe, alle quali si contrappose in maniera aspra e assai poco dialogica. Sicuramente il suo essere ‘leader carismatico’ gli permise di entrare in sintonia con personalità forti di quella stagione politica, sociale e culturale della vita italiana. Secondo Marco Gervasoni (2011) fu vissuto come un uomo ‘forte’ (al pari di figure come l’allora presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan e come Craxi), e in grado di far uscire dalla condizione di incertezza i suoi seguaci. Del resto, l’acme della notorietà e della popolarità di Muccioli coincise, non casualmente, con il decennio degli anni Ottanta, che abbondò di personalità marcate, anche per il diffondersi in maniera dirompente dei modelli socio-culturali riconducibili alla società dello spettacolo, che iniziavano a dar vita ai fenomeni della personalizzazione in ambito sociopolitico e, quindi, anche laddove Muccioli operava.
Alla sua morte nella gestione della comunità, che in quasi un trentennio di attività ha ospitato circa 20.000 giovani, gli subentrarono i due figli; in particolare il primo, Andrea, ne ebbe la guida fino alle dimissioni, avvenute nel gennaio 2012.
Prendendo spunto dall’idea della rilevanza dello sport nel recupero dei tossicodipendenti, nel 1996 fu istituito il Memorial Vincenzo Muccioli, una manifestazione calcistica che ha visto alternarsi, nelle sue edizioni annuali, varie squadre della categoria esordienti, ovvero le giovanili delle squadre di calcio più note del campionato italiano di serie A. Fu inoltre istituito il Challenge Vincenzo Muccioli di equitazione, disciplina di cui il fondatore di SanPa era appassionato.
Articoli e discorsi di Muccioli sono raccolti in Io, Vincenzo Muccioli, Rimini 1995.
Fonti e Bibl.: Processo San Patrignano. Cronache, commenti e valutazioni sul dibattito processuale e la sentenza, Rimini 1985; San Patrignano. I perché di un processo, a cura di V. Andreucci - A. Balloni-Sapio, Bologna 1985; G. Rinaldi Vignoli, M. e il caso San Patrignano, Milano 1987; G. Zois - P. Tollio, Gioventù bucata. V. M. e l’emergenza droga, Clusone (Bergamo) 1989; A. Battistini, Il delitto di San Patrignano. Il caso Russo/Maranzano, Roma 1995; D. Giacalone, Disonora il giusto. Quello che hanno fatto a V. M., Roma 1996; M. Gervasoni, Storia d’Italia degli anni Ottanta. Quando eravamo moderni, Milano 2011, ad indicem.