MICHELI PELLEGRINI, Vincenzo
– Nacque l’8 sett. 1833 (Cresti - Zangheri, 1978) da Pietro, dell’illustre famiglia carrarese, e da Beatrice Brandoli a Modena, dove il padre, militare, dirigeva l’Ufficio statistica (Paolo Micheli Pellegrini riportato da Pisani, 2006, indica la nascita nel 1830; in effetti nel necrologio su La Nazione del 17 sett. 1905 si dice che aveva circa 75 anni).
Trasferitosi a Firenze nel 1848, fu allievo di Emilio De Fabris all’Accademia di belle arti – dove nel 1854 vinse un premio per il bozzetto d’invenzione e l’anno successivo un premio triennale – e fu suo assistente dal 1856 al 1865. Con la realizzazione del palazzo Corsini sul Prato (1860), su progetto di Ulisse Faldi, iniziò un duraturo rapporto con la nobile famiglia. Nel 1864 Giuseppe Fabbricotti, della famiglia di industriali carraresi del marmo, gli commissionò la trasformazione del casino già Strozzi in via Vittorio Emanuele II; il M. partecipò forse anche al disegno del giardino (Gobbi Sica, p. 110). Dello stesso anno sono il palazzo Bobrinskoy su via de’ Cerretani, il piccolo edificio d’angolo tra le vie Panzani e dei Banchi, e la partecipazione al concorso per il nuovo teatro di Pisa, in cui il progetto del M. fu selezionato con quello, poi vincitore, di Andrea Scala. Nel 1865 conseguì il diploma e si dimise dall’Accademia «per le molte occupazioni che sono state affidate al sottoscritto nella sua qualità di ingegnere architetto» (Orefice, p. 36): in seguito alla Convenzione di settembre (1864), nel dicembre di quell’anno era stato deciso il trasferimento della capitale a Firenze, e il M. intravedeva nuove opportunità professionali. Sempre nel 1865 realizzò il villino Lemmi con la vicina cappella di S. Benedetto Bianco in via degli Orti Oricellari e la casa Crispi in via della Scala, nel 1867 una casa d’affitto in corso dei Tintori per i principi Corsini, di forme cinquecentesche con graffiti. A Livorno iniziò dal 1865 la villa per il commerciante Francesco Mimbelli, dal ricco interno, oggi sede del Museo G. Fattori. Benché legato a Firenze (nel 1870 fu eletto accademico corrispondente e nel 1876 accademico residente), a causa della stasi edilizia successiva al trasferimento della capitale, il M. operò prevalentemente in altre città toscane. All’inizio del 1870 gli fu affidato l’incarico del piano regolatore di Pisa, dove le piene del 1864 e 1869 imponevano i lavori di difesa e risanamento studiati dall’ingegnere comunale Pietro Bellini, morto nel 1866.
Il piano del M., che indirizzò lo sviluppo della città tra Otto e Novecento, si concentrò sulla zona meridionale, dove la costruzione della stazione a sud di porta S. Gilio (1862) richiedeva il riordino dell’area e collegamenti con la città. La circolare piazza Vittorio Emanuele II, aperta da Bellini con l’abbattimento della porta, fu ridisegnata ellittica dal M.; furono demolite le mura limitrofe e creato un nodo dal quale si irradiano vie, tra cui ad ovest la principale giunge al duomo traversando l’Arno sul nuovo ponte Solferino. Nuovi tratti viari e «risanamenti» furono realizzati con il sacrificio di parte del tessuto edilizio. Il piano, approvato nel marzo 1871, prevedeva inoltre nuovi quartieri, di cui due nella zona meridionale. Del 1872 è il piano particolareggiato di piazza Vittorio Emanuele II, dove il M. sostituì alle mura, come barriera daziaria, cancellate e due padiglioni neoclassici, demoliti nel Novecento.
Nel febbraio 1871 il M. fu scelto a dirigere il restauro di S. Maria della Spina, reso improrogabile dalle alluvioni e dai lavori sui lungarno: la piccola chiesa fu smontata e ricostruita più in alto con manomissioni che indignarono J. Ruskin, in visita a Pisa nel 1872. Nell’agosto 1871, inoltre, il Comune approvò un progetto del M. per ricostruire il ponte Solferino a tre arcate in muratura.
Realizzato tra difficoltà e polemiche sui giornali (Tolaini, 2005, p. 65) e inaugurato nell’aprile 1875, era una elegante rivisitazione di quello a S. Trinita a Firenze; fu distrutto nel luglio 1944.
A Carrara il conte F. Monzoni aveva fatto un cospicuo lascito per un nuovo ospedale, nominando una commissione composta tra gli altri dal M. e da G. Tenderini, chirurgo direttore.
Il progetto, ispirato a criteri di igiene edilizia, con riguardo al soleggiamento e al ricambio dell’aria, fu realizzato nel 1874-76 (G. Tenderini, Le infermerie dell’Ospedale di Carrara secondo il nuovo sistema Micheli-Tenderini, Genova 1880).
L’unico impegno noto del M. a Firenze in quel periodo riguardò il tempio israelitico, il cui progetto gli fu affidato, con convenzione del 23 genn. 1871, insieme con Mariano Falcini e Marco Treves.
Falcini, il più anziano ed esperto, aveva progettato per la comunità israelitica l’ampliamento della scuola spagnola; Treves, l’unico di religione ebraica, era incaricato sin dal 1860 di studiare la realizzazione del tempio; M., il più giovane ma già affermato, forse fu scelto per i legami con l’Accademia. Benché fosse stato comprato un terreno, l’ubicazione dell’edificio non era certa e dapprima gli architetti valutarono altre possibilità, finché nel maggio 1872 proposero l’acquisto di un lotto confinante che consentiva il corretto orientamento del tempio su via Farini. Un progetto più dettagliato fu presentato all’Accademia che, con parere del 5 dic. 1872, ne apprezzò lo stile orientale, ma ritenne che gli inserti classicheggianti guastassero l’insieme. Dopo altre varianti, fu posta la prima pietra il 30 giugno 1874. La costruzione, inaugurata nell’ottobre 1882, è a pianta centrale di derivazione bizantina, con facciata porticata e arcuata tra torrette avanzate, dietro la quale si staglia l’alta cupola, e si attiene allo stile moresco, affermatosi dopo la metà del secolo in Europa per le sinagoghe.
Il M. è ricordato principalmente per quest’opera, oltre che per l’arcone di piazza della Repubblica, ma è difficile stabilire il suo apporto; i tre architetti ebbero incarico collegiale, firmarono insieme i disegni ed ebbero compensi simili. Nel 1877 il Comune di Massa approvò il suo progetto per il teatro Guglielmi, le cui strutture furono terminate intorno al 1880; esso apparve in Ricordi di architettura del 1878, che in quell’anno iniziava le stampe, codiretto dall’architetto Giacomo Roster, e che svolse un ruolo di propaganda professionale, tra gli altri, per il M., di cui pubblicò vari progetti. A Massa il M. realizzò anche il distretto militare e il palazzo Pellerano; nel 1879 una villa alla Padula, presso Carrara, per Bernardo Fabbricotti, che gli affidò anche la trasformazione della villa con parco a Livorno, oggi sede della Biblioteca Labronica. Sempre nel 1879 il M. fornì il disegno della facciata del duomo di Pontremoli, finita nel 1881. Nel 1882 fu scelto per lo studio del restauro della pieve romanica di S. Maria a Chianni; il M., dopo aver ipotizzato un ripristino integrale, secondo i criteri del restauro stilistico dell’epoca, propose per motivi funzionali ed economici interventi meno radicali (Giubbolini). In quel periodo il M. progettò a Fucecchio le scuole elementari. Dal 1883 rientrò sulla scena fiorentina, quando l’ospedale di S. Maria Nuova, in corso di ammodernamento, lo nominò con Roster in una commissione per valutare la possibilità di adeguare le infermerie ai moderni principî di igiene. Il M. progettò tre nuovi padiglioni per le donne, riscaldati e costruiti secondo criteri avanzati, inaugurati nel 1888 (Lo Sperimentale). Progettò inoltre un ampliamento dell’ospedale di Bonifacio. Sempre nel 1883 entrò nella tormentata vicenda del «riordinamento» del centro di Firenze dove, già prima che la città divenisse capitale, erano state allargate via de’ Calzaiuoli e le vie Panzani e de’ Cerretani, collegamenti con la stazione, sui nuovi allineamenti delle quali M. aveva progettato i suoi primi edifici. Dal 1865 l’attenzione di amministratori, progettisti e imprenditori si volse al quadrilatero tra le vie de’ Pecori, de’ Calzaiuoli, di porta Rossa e de’ Tornabuoni, con al centro il mercato vecchio sull’area del forum romano e l’antico ghetto. Realizzato il nuovo mercato a S. Lorenzo, si moltiplicarono dal 1881 i progetti che con motivazioni di decoro, igiene, ma anche sfruttamento fondiario, ridisegnavano l’area per lo più accomunati dall’idea di una grande piazza centrale da dedicare a Vittorio Emanuele II.
Nel 1882 il Comune adottò un proprio piano, ma non cessarono le proposte, tra cui quella del M. e di Roster (Progetto di riordinamento del centro di Firenze proposto dagli architetti V. Micheli Pellegrini e G. Roster, Firenze 1883), che non si distingueva dalle altre per disinvoltura nelle demolizioni. Vi si prevedevano portici su tutti i lati della piazza e un’arteria principale porticata nord-sud, che attraversava l’edificio settentrionale in una galleria, il cui ingresso faceva da sfondo al monumento al re. Nel maggio 1883 il Comune fece una comparazione dei progetti, e a quello del M. e Roster ne fu preferito uno più economico; il piano definitivo approvato nel 1886 conservava i portici sul solo lato ovest, aperto da un arcone su via degli Strozzi. La decisione non chiuse del tutto la vicenda, né escluse il M., che con lettera al sindaco del 2 genn. 1885 si offrì di disegnare gratuitamente i prospetti sulla nuova piazza (oggi della Repubblica), causando le proteste di altri professionisti.
Il M. infine progettò l’edificio principale la cui facciata, vicina al neocinquecentismo della contemporanea esedra di G. Koch a Roma, si apre in un arco monumentale (1895; dell’ottobre 1898 è il progetto per il completamento su via degli Strozzi) affiancato da due ordini sovrapposti e coronato dall’attico con l’epigrafe magniloquente che ricorda il «risanamento»: un tema usato in scala minore nel 1887 dal M. per l’esposizione di materiali da costruzione. Sul lato opposto della piazza realizzò l’hotel Savoy e la palazzina Targioni su via degli Speziali, sempre in forme rinascimentali, decorata a graffito, e ancora nell’area «risanata» una casa di linee quattrocentesche, in via de’ Pescioni 4.
Nel valutare l’apporto del M. alla piazza, va ricordato che l’arco è stato privato del fastigio e del monumento equestre cui faceva da sfondo, e che la facciata dell’albergo è stata alterata dopo la seconda guerra.
La fama del M. era consolidata: ufficiale della Corona d’Italia dal 1875, socio del Collegio degli ingegneri e architetti di Firenze dal 1876, socio corrispondente delle Accademie di belle arti di Modena, Lucca, Carrara e dell’Accademia di S. Luca, fu dal 1888 professore di geometria, prospettiva e architettura nell’Accademia di Firenze, di cui divenne direttore nel 1894; molti architetti fiorentini erano stati suoi allievi o apprendisti.
La sua attività era proseguita con la chiesa e convento di S. Francesco in piazza Savonarola, del 1888 e, ancora in un sobrio neogotico, con la cappella di S. Andrea Corsini nella villa Le Corti a San Casciano Val di Pesa, per il principe Tommaso Corsini; nel 1891 partecipò al concorso quinquennale G. Martelli con lo stabilimento balneare di S. Maria Nuova in via B. Lupi, vincendo il premio nel 1896. Fu in varie commissioni, quali quelle per un monumento a U. Foscolo in S. Croce (1889) e per i lavori al palazzo arcivescovile (Collegio degli architetti ed ingegneri di Firenze, Sulla parziale demolizione del palazzo arcivescovile. Relazione della commissione nominata dal Collegio composta dai soci prof. arch. V. M., prof. arch. M. Treves, prof. ing. Bellati relatore, Firenze 1892); nel 1892 partecipò alla commissione governativa per i lavori nel centro di Roma, e a quelle dei concorsi del 1895-96 per la facciata del duomo di Arezzo; nel 1902 fu interpellato con G. Fattori sull’ubicazione del Monumento a Garibaldi a Pistoia. Partecipò inoltre a una commissione sulla stabilità della Mole Antonelliana e alla giuria del concorso del palazzo di Giustizia di Roma. Dedicò scritti a nuovi materiali: Descrizione del nuovo trovato denominato Ceramomaza (Pasta di terre cotte) e Descrizione del trovato avente per titolo Carbolignite, Firenze 1897; Cenni sulla fabbricazione della Ceramomaza, Prato 1898 (brevetto in Annuario scientifico ed industriale, 1898, p. 329 e anni successivi); Sopra un nuovo processo di fabbricazione dei materiali laterizi e di ceramica, Firenze 1898. Fondò la Società A. e G. Fossi per l’estrazione dell’acido borico a Castelnuovo Val di Cecina, e nel 1887 era concessionario per la miniera di cinabro di Montaione in Valdelsa (Mori, 1957). Collaborò a un progetto per un nuovo acquedotto a Firenze (E. Bauco, A. Zannoni, V. Micheli Pellegrini, Acqua di Badia a Taona …, Firenze 1893).
Tra le ultime opere si ricordano la cappella Antinori nel cimitero di Soffiano e il monumentale ponte Umberto I a Torino, per il quale nel concorso del maggio 1901 il progetto presentato dal M. ed Enrico Ristori (V. Micheli Pellegrini, Progetto per il ponte Umberto I sul Po a Torino, Firenze 1901) fu selezionato con quello di Raimondo D’Aronco e Gioachino Ferria; dopo alterne vicende prevalse una nuova soluzione del M. e Ristori, approvata nel 1903 con esclusione delle decorazioni. Inaugurato nel 1907 e completato da statue nel 1910, richiama anch’esso le linee del ponte di S. Trinita.
Il M. morì a Firenze il 16 sett. 1905, dopo «lunga infermità» (La Nazione, 17 e 18 settembre).
Nella commemorazione all’Accademia si legge delle sue opere che «In tutte è da ammirarsi un giusto equilibrio nelle masse, correttezza di disegno ed eleganza di particolari anche là dove si sarebbe forse desiderata una maggiore fedeltà al carattere dell’ambiente circostante e alle tradizioni artistiche di Firenze» (cit. in Orefice, p. 43). Spirito pragmatico, propositivo con la committenza pubblica e legato da duraturi rapporti con la privata, specie nobile, operò mentre non era ancora compiuta la separazione tra le figure dell’ingegnere e dell’architetto. Il suo efficiente professionismo predilesse il linguaggio neorinascimentale predominante nell’architettura dell’Italia unita, il più adatto a rivestire i nuovi fabbricati d’abitazione. Le numerose opere di questo «infaticabile architetto» (De Gubernatis), la cui attività non è ancora del tutto indagata, se non presentano caratteri di modernità e originalità, sono sempre formalmente corrette e funzionali, e tali da lasciargli un posto di rilievo nell’architettura toscana del secondo Ottocento.
Il figlio Alberto, uno dei cinque avuti dal matrimonio con Ida Salvini, nacque a Firenze nel 1870 e vi frequentò l’Accademia di belle arti. Partecipò a varie esposizioni a partire dal 1896, prediligendo la pittura di paesaggio e il ritratto femminile. Si dedicò contemporaneamente all’illustrazione collaborando tra l’altro a Fiammetta e a Novissima; dagli anni Dieci del secolo scorso sino alla fine degli anni Quaranta, quando non risulta più attivo, collaborò stabilmente con la casa editrice Salani illustrando i volumi di varie collane.
Fonti e Bibl.: Giornale della R. Società Italiana d’igiene, V (1883), p. 787; Il Nuovo Osservatore fiorentino, 1885, pp. 28, 38, 176; Lo Sperimentale, XLII (1888), 4, p. 443; P. Bologna, Artisti e cose d’arte e di storia pontremolesi, Firenze 1898, pp. 42, 110; T. Broglio, La cattedrale di Arezzo, Arezzo 1898, p. 19; Arte e storia, XXIV (1905), 15-16, p. 157; XXV, agosto 1906, nn. 15-16, p. 127; L. Callari, Storia dell’arte contemporanea italiana, Roma 1909, pp. 139, 348 (per Alberto); G. Caprin, Giovani ritrattisti toscani, in Emporium, XXXVII (1913), pp. 360-367 (per Alberto); M. Naselli, La fortuna del Foscolo nell’Ottocento, Città di Castello 1923, p. 317; G. Mori, La Valdelsa dal 1848 al 1900, Milano 1957, p. 195; C.L.V. Meeks, Italian architecture 1750-1914, New Haven-London 1966, ad indicem; L. Ginori Lisci, I palazzi di Firenze, Firenze 1972, ad ind.; C. Cresti - L. Zangheri, Architetti e ingegneri nella Toscana dell’Ottocento, Firenze 1978, ad ind. (con fonti e bibl.); G. Orefice, L’opera di V. M., in Architettura in Toscana dal periodo napoleonico allo Stato unitario. Atti del Convegno... 1976, a cura di G. Orefice, Firenze 1978, pp. 35-46; … E nell’idolo suo si trasmutava: la Divina Commedia nuovamente illustrata da artisti italiani … (catal.), a cura di C. Cresti - F. Solmi, s.l. [ma Bologna] 1979, p. 153 (per Alberto); A. Boralevi, La costruzione della sinagoga di Firenze, in Il centenario del tempio israelitico di Firenze, Firenze 1985, pp. 51, 61 s., 67, 71 n. 30, 74; Garibaldi e la Toscana. Atti del Convegno di studi, Grosseto … 1982, Firenze 1984, p. 204; G. Gobbi, Itinerari di Firenze moderna, Firenze 1987, ad ind.; L. Patetta, L’architettura dell’eclettismo, Milano 1991, pp. 128, 140, 299; P. Pallottino, Storia dell’Illustrazione italiana, Bologna 1991, pp. 300 s. (per Alberto); E. Tolaini, Pisa, Roma-Bari 1992, ad ind.; M. Cozzi - G. Carapelli, Edilizia in Toscana nel primo Novecento, Firenze 1993, ad indicem; L. Bonanni, Il primo P.R. moderno di Pisa, in Storia urbana, XVIII (1994), 1, pp. 91-108; L. Artusi - V. Giannetti, A vita nuova, Firenze 1995, passim; A. Sassi Perino - G. Faraggiana, I trentasei ponti di Torino, Torino 1995, pp. 84-87; C. Cresti, Firenze, capitale mancata, Milano 1995, passim; Villa Mimbelli, in Comune notizie, Rivista del Comune di Livorno, n.s., 1996, pp. 9, 17; A. Giubbolini, I restauri recenti, in S. Maria a Chianni, Certaldo 2003, pp. 50-53, 60; E. Tolaini, I ponti di Pisa, Pisa 2005, pp. 65-69, 73, 78, 102; C. Pisani, in L’ospedale di Carrara, Pontedera 2006, pp. 30-33; G. Gobbi Sica, The Florentine villa, New York 2007, pp. 109 s.; A. De Gubernatis, Dizionario degli artisti italiani viventi, Firenze 1889, p. 298; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, pp. 529 s. (per Alberto); Dizionario enciclopedia di architettura e urbanistica, Roma 1969, IV, p. 40; Diz. encicl. Bolaffi dei pittori e degli incisori, Torino 1975, VII, p. 380 (per Alberto); I pittori italiani dell’Ottocento, Milano 1986, p. 371.
M. Petrecca