MEUCCI, Vincenzo
– Figlio di Lorenzo di Gerolamo e di Lisabetta di Paolo Calonj, il M. venne battezzato a Firenze il 6 apr. 1694. I genitori, vista la naturale inclinazione del giovane, decisero di affidarlo agli insegnamenti dello scultore G. Fortini (Marrini, p. VII). Fu forse determinante l’incontro con il fratello di quest’ultimo, Benedetto, pittore prospettico, a far trasferire il M. alla scuola del pittore S. Galeotti, tra il 1705 e il 1710.
In questi stessi anni il marchese G.B. Bartolini Salimbeni gli accordava intanto la propria protezione con 30 scudi mensili, che gli assicurarono una buona formazione e che gli furono dati fino al 1737, anno della morte del marchese, quando il M. passò sotto la protezione dell’abate marchese Antonio Niccolini (Lenzi Iacomelli, 2003, p. 25 n. 14).
Nel 1710, seguito Galeotti a Piacenza, il M. fu inizialmente trattato dal maestro «in luogo piuttosto di servo» (Marrini, p. VIII), tanto che fu sul punto di abbandonare lo studio. Solo grazie all’intervento del benefattore la situazione cambiò e i progressi furono tali che, secondo Marrini, il M. sostituì Galeotti quando quest’ultimo venne chiamato a Parma a istruire Elisabetta Farnese, futura moglie di Filippo V, o, come sostiene Lastri (p. 123v), fu mandato a istruire la giovane lo stesso M. che rifiutò, però, l’invito a seguirla in Spagna. Fu ancora il suo mecenate a volere «che andasse a proseguire i suoi studi nella città di Bologna, ove [il M.] fermassi per qualche tempo […] sotto la disciplina di Gio Giuseppe dal Sole rinomato pittore de suoi tempi» (Orlandi, col. 1238). Giunto a Bologna nel 1714 circa, il M. vi rimase per otto anni (Marrini, p. VIII), studiando tanto da rischiar di «perder totalmente la salute» (Orlandi, coll. 1238 s.), e definendo quel suo stile aggraziato, di matrice accademica, fondato sulla conoscenza dei grandi maestri.
Probabilmente intorno al 1721-22, dopo la morte di G.G. Dal Sole nel luglio del 1719, il M. viaggiò per la Lombardia e il Veneto «per osservare, e copiare i dipinti dei valorosi professori che in quelle parti lavorarono» (ibid.), percorso che Lenzi Iacomelli (2003, p. 20), sulla base di una puntuale analisi stilistica, ipotizza possa averlo portato fino in Piemonte, dove dovette entrare in contatto con l’ambiente stimolante e cosmopolita della corte sabauda, e forse a Roma per aggiornarsi sulla pittura degli allievi di C. Maratta, ipotesi interessante che per ora non trova riscontro documentario.
I biografi riportano che durante il viaggio il M. «credette bene […] di mandar qualche saggio del suo operare alla sua patria, e al suo benevolo Mecenate per far conoscere i progressi delle sue fatiche» (Orlandi, col. 1239). Tra queste opere si potrebbe forse riconoscere la tela raffigurante Venere e Adone, firmata e datata 1721, e il dipinto esposto dal marchese Bartolini Salimbeni alla Ss. Annunziata, in occasione dell’esposizione del 1724, del quale si ignora il soggetto (Lenzi Iacomelli, 2003, p. 23).
È difficile definire l’anno in cui il M. tornò a Firenze, ma certamente prima del 15 genn. 1725, data in cui fu nominato accademico del disegno (ibid., p. 21). Allo stesso periodo deve risalire la decorazione della galleria in palazzo Martellini, commissionata da Leonardo Antonio Martellini del Falcone (ibid., p. 22), prima opera citata dai biografi.
Il lavoro, in collaborazione con L. Del Moro, al quale il M. «si pose con tutto l’impegno […] bene e saggiamente pensando, che se fosse riuscito […] non gli sarebbero poscia mancate commissioni da poter far mostra del suo talento» è andato perduto ma, definito di «grande eccellenza», segnò l’inizio di una carriera ricca di committenze e di successo (Orlandi, col. 1239). Tra le prime opere sono Due miracoli di s. Pietro d’Alcantara nella vicina chiesa d’Ognissanti, datati da S. Meloni Trkulja al 1722.
Nel 1726 il M. lavorò a uno dei pennacchi della chiesa di S. Maria di Provengano, dove firmò e datò una Santa martire sorretta in volo da angeli (Lenzi Iacomelli, 2003, p. 11). Per motivi stilistici si riporta allo stesso periodo l’affresco nella cappella di S. Biagio nel palazzo arcivescovile di Siena, dove compaiono Madonna con Bambino, s. Vittore, s. Ansano, s. Savino e s. Crescenzo. Sempre nel 1726 il M. consegnava la tela con Angeli con i simboli della Passione per la chiesa dell’Immacolata Concezione di Montughi, dove al M. viene riportata anche la Madonna dei Sette Dolori tra angeli nella prima cappella a sinistra (ibid.). Attorno alla stessa data è documentato l’intervento nei dormitori del convento di S. Lucia alla Castellina vicino Sesto Fiorentino insieme con il quadraturista R. Botti.
Nell’annessa chiesa il M. fu richiamato entro il 1749 per decorare la cappella Montini (pala d’altare con la Madonna del Rosario con s. Giuseppe e s. Domenico e i due ovati ad affresco contenenti S. Nicola di Bari e S. Caterina d’Alessandria), la cappella Grazzini (sfondo dell’antico crocefisso con le figure della Madonna, s. Giovanni Evangelista e s. Maria Maddalena) e la cappella dedicata alla Madonna (pala d’altare con S. Andrea Corsini e s. Maria Maddalena de’ Pazzi). In queste opere il M. oscilla tra la tradizione toscana d’ispirazione giordanesca e una stesura più larga d’ascendenza emiliana.
Tra il terzo e il quarto decennio risale l’Autoritratto (Firenze, Galleria degli Uffizi), in cui il M., in veste da camera tiene fra le mani l’effigie di Gian Gastone de’ Medici, granduca dal 1723 al 1737. L’opera, già nella collezione dell’abate Pazzi, mostra qualche incertezza stilistica e una chiara ascendenza bolognese (Caneva, p. 90).
Nel 1732 il M., insieme con M. Bonechi e G. Grisoni, fu chiamato a collaborare con l’arazzeria medicea al fianco di G.D. Ferretti e L. Del Moro, e nel 1735 presentò il dipinto a olio raffigurante La caduta di Fetonte.
Nell’opera del M., tessuta nel 1737 da L. Bernini, (Firenze, Palazzo Pitti, depositi), il tema trattato secondo il gusto rococò «viene alleggerito fino a dissolversi in pura animazione» in cui si avverte, nell’«effetto finale […] un’impressione di neo-classicismo ante litteram» (ibid., p. 89). L’arazzo, allegoria dell’aria, era, insieme con il Ratto di Proserpina, simboleggiante il fuoco, di G. Grisoni, parte della serie dedicata ai quattro elementi rimasta incompleta.
Nel 1734 il M. realizzò gli affreschi di S. Giovannino agli Scolopi, già dei Gesuiti, a Firenze e il Matrimonio di s. Caterina d’Alessandria per la chiesa di S. Vincenzo e S. Caterina a Prato.
L’anno successivo fu attivo in una sala del convento di S. Apollonia, dove affrescò, entro una cornice decorata da ghirlande di fiori di F. Melani, La santa in gloria. Allo stesso periodo risalgono l’atrio dell’ospedale di S. Giovanni di Dio, in collaborazione con il quadraturista R. Botti. Sono questi gli anni in cui il M. entrò in contatto con la famiglia Martelli, nelle cui carte il M. compare sin dal 1735, in qualità di intermediario per acquisti d’arte (Civai, 1990, p. 87).
Opera del M. è la decorazione dell’atrio dell’appartamento arcivescovile (distrutto nel 1894) voluta dall’arcivescovo Giuseppe Maria Martelli e terminata, secondo Gaburri, nel 1736 (ibid.). Nella volta, entro un’architettura immaginaria di P. Anderlini, era raffigurata La Chiesa trionfante. Affittuario di Niccolò Martelli, nel 1737, il M. fu coinvolto ancora dall’arcivescovo G.M. Martelli nei lavori della chiesa di S. Salvatore al Vescovo conclusasi entro il 1739. Ancora con Anderlini, ripetendo lo schema dell’atrio, il M. affrescò la volta con il tema dell’Ascensione, di cui si conserva il bozzetto in collezione privata (Ewald, p. 288) e la Resurrezione sulla parete destra della navata. In palazzo Martelli, in una stanza il M. «figurò le quattro parti del Mondo» (Orlandi, col. 1240), oggi salotto giallo a cui, secondo A. Civai (1990, p. 87), si devono aggiungere il Ratto di Proserpina nella cappella, l’Allegoria delle arti e del commercio nella sala adiacente, l’Allegoria delle quattro stagioni, nella volta della galleria e Diana ed Endimione nel soffitto dell’ambiente successivo alla galleria.
Sempre con Anderlini il M. nel 1737 affrescò la volta della cappella di S. Mauro alla Badia fiorentina con la Gloria del santo, opera che seguiva di una anno S. Benedetto che presenta il marchese Ugo alla Vergine, nell’angolo sudovest del chiostro degli Aranci della stessa chiesa (Guidotti, pp. 119, 124). Vengono riportati allo stesso anno (Meloni Trkulja) gli affreschi in S. Domenico del Maglio in collaborazione con M. Soderini e G.D. Ferretti. Nel 1742 fu presentata la cupola della basilica di S. Lorenzo affrescata dal Meucci.
Voluta da Anna Maria Luisa de’ Medici, la cupola raffigura i santi fiorentini nella gloria paradisiaca in una sorta di omaggio a tutta la tradizione decorativa, a cui si uniscono i Quattro evangelisti affrescati nei peducci. Unanimemente apprezzata, l’opera fu l’ultimo atto di mecenatismo della famiglia de’ Medici. Contemporaneamente il M. presentava la tela con lo Sposalizio della Vergine per la cappella di S. Giuseppe nella chiesa di S. Paolino. L’opera, incisa da B. Ercoli nel testo di Lastri, fu commissionata dal marchese Carlo Rinuccini e risulta in loco nel luglio del 1743 (Bernardo di S. Teresa, p. 11).
Il successo della cupola medicea garantì al M. un periodo ricco di impegni. Di poco successiva al lavoro laurenziano è la cupoletta con S. Vincenzo de Paoli assunto in cielo nella chiesa in S. Jacopo Soprarno e al 1744 devono essere riportati gli affreschi nella galleria di palazzo Cerretani con l’Incontro dell’imperatore Federico con AlessandroIII della famiglia dei signori di Cerreto nel 1177 a Venezia (Ginori Lisci, pp. 311 s.). Al periodo tra il 1744 e il 1747 vengono datati la pala d’altare e gli affreschi nella chiesa di S. Maria in Monticelli che il M. realizzò con F. Melani (Civai, 1993, p. 121 n. 54) o più probabilmente con il lorenese J. Chamant, come afferma Richa (p. 187) ripreso da Lenzi Iacomelli (2000, p. 208), artista con il quale il M. affrescò, nel 1746, la volta della cappella del Crocefisso nella basilica della Ss. Annunziata, chiesa nella quale il M. tornerà a lavorare nel settimo decennio. Tra il 1746 e il 1748 il M. fu impegnato nel rinnovamento della volta della cappella Brancacci, realizzato per interessamento di Angiola Tempesti, madre del priore L.G. Masini.
Il M., coprendo e in parte distruggendo l’opera di Masaccio e Masolino, cercò di rischiarare l’ambiente usando per la visione della Madonna che dà lo scapolare a s. Simone Stock, «colori atti a riflettere maggior copia di raggi di luce» (Mesnil, p. 35).
Da una lettera del M. a G.G. Bottari, sappiamo che nel novembre 1746 stava affrescando una «volta in casa Capponi» e che il prolungarsi di questo lavoro era il motivo che gli impediva di raggiungere Roma per affrescare un salone della Biblioteca Corsini (Civai, 1993, p. 87). Attivo per le «due famiglie Capponi di via Larga» (Orlandi, col. 1240), il M. realizzò per Gerolamo Capponi, entro il 1749, oltre alla galleria con Architetture in rovina con statue e paesaggio insieme con D. Giarré (Civai, 1993, pp. 92 s.), un soffitto con la Caduta di Fetonte (ove riutilizzò il cartone mediceo già ripreso in palazzo Ginori tra il 1740 e il 1745; ibid., p. 122 n. 74), alcune Statue allegoriche entro una trabeazione fantastica, Due figure allegoriche, Putti con ghirlande in altri ambienti. A. Civai (1999, p. 96) sottolinea come il M., fortemente influenzato da S. Ricci, forse per esplicita richiesta dei committenti si trovasse costretto a ripetere alcuni temi più riusciti. All’ottobre 1747 risale la volta della sala di lettura della Biblioteca Corsiniana a Roma raffigurante Il trionfo della Religione sull’Eresia. Rifiutato l’invito del cardinale Neri Corsini a trasferirsi presso la corte spagnola (Orlandi, coll. 1243 s.), il M. tornò a Firenze e, tra il 1747 e il 1751, si dedicò ad affrescare l’aerea e composta Gloria di s. Verdiana, entro architetture di F. Melani, nella volta della chiesa dedicata alla santa. Negli stessi anni il M. realizzò per la città di Volterra, nella chiesa di S. Michele, la Madonna con il Bambino, s. Teresa e il beato Simone Stock (1749) e nella chiesa di S. Filippo la Madonna coi ss. Luigi Gonzaga e Maria Maddalena de’ Pazzi (1750). Successivo al 1753, data della beatificazione, è il dipinto che il M. spedì alla chiesa di S. Dorotea di Roma vicino palazzo Corsini, raffigurante S. Giuseppe da Copertino, commissionato forse dai frati sulla scia dell’affresco nella biblioteca.
Dal 1754 il M. fu impegnato nella decorazione della galleria della fabbrica Ginori di Doccia, dove illustrò le fasi di lavorazione della porcellana entro le quadrature di G. Del Moro e al 1756 circa risale il dipinto con Madonna con suor Domenica del Paradiso, già nella distrutta chiesa della Crocetta (oggi nella chiesa di S. Giorgio a Rubala, Bagno a Ripoli). Ancora con G. Del Moro il M., tra 1761 e il 1763, dipinse la Gloria di s. Andrea nella volta della collegiata di Empoli (danneggiata dalla guerra) e, nel 1764, sotto la supervisione del conte F. Algarotti, la decorazione della chiesa di S. Leone a Pistoia, dove affrescò nella volta la Discesa dello Spirito Santo entro prospettive di M. Tesi. Ancora a Pistoia il M. è documentato nell’abside del Carmine con gli affreschi raffiguranti Episodi della vita della Vergine, nella chiesa della Madonna dell’Umiltà, con la tela Madonna che presenta il Bambino a s. Francesco d’Assisi.
Agli ultimi anni fiorentini vanno riportati gli interventi in palazzo Alessandri, realizzati forse in occasione delle nozze di Cosimo con Virginia Capponi avvenute nel 1762, e sempre agli anni Sessanta vengono datate le opere nella cappella del Sacramento alla Ss. Annunziata (secondo W. Paatz - E. Paatz nel 1767), ove, oltre alla volta, il M. realizzò la pala d’altare con Madonna con Bambino con s. Giuliana Falconieri e s. Filippo Benizzi (ibid., p. 102).
Numerose le opere del M. citate ancora dalle fonti: gli affreschi in Palazzo Pitti, distrutti durante i rifacimenti ottocenteschi (Chiarini, p. 333), in palazzo Gerini, in palazzo Aldobrandini (Virtù che vince sui Vizi), il Sacrificio di Abramo nella chiesa di S. Maria Maggiore «stimata delle più belle opere che escissero dai suoi pennelli» (Orlandi, col. 1242), oltre a interventi nelle ville suburbane dei Capponi e dei Frescobaldi, e nelle chiese del territorio fiesolano (chiese di S. Maria del Fiore a Lapo e del Crocefisso di Fonteluce).
Dettato il testamento nella casa di via de’ Cerretani alla presenza dei familiari e dei pittori G. Gricci, T. Gherardini e G. Del Moro, il M. morì il 7 nov. 1766 a Firenze dove venne sepolto nella chiesa di S. Maria Maggiore (Lenzi Iacomelli, 2003, pp. 26 s. n. 28).
Il M. ebbe una figlia, moglie del pittore G. Gricci, e due figli maschi, Giuseppe e Carlo, entrambi pittori, dei quali uno fu attivo nel convento di S. Maria delle Selve (Lastra a Signa) e in S. Lucia alla Castellina (S. Giovanni Battista, tela sostituita per deterioramento nel 1758); entrambi erano attivi a Roma nel 1775 (Orlandi, col. 1244).
Fonti e Bibl.: G. Richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine, II, Firenze 1755, p. 187; O. Marrini, Serie di ritratti di celebri pittori dipinti di propria mano in seguito a quella già pubblicata nel Museo fiorentino…, II, 2, Firenze 1766, pp. VII s.; P.A. Orlandi, Abecedario pittorico dei professori più illustri in pittura, scultura e architettura…, Firenze 1788, coll. 1238-1244; M. Lastri, L’Etruria pittrice ovvero Storia della pittura toscana dedotta dai suoi monumenti che si esibiscono in stampa dal sec. X fino al presente, Firenze 1795, II, pp. CXIX, 123v; F. Bandini Piccolomini, La Madonna di Provenzano e le origini della sua chiesa, Siena 1895, p. 128; J. Mesnil, Per la storia della cappella Brancacci, in Rivista d’arte, VII (1912), pp. 35 s.; W. Paatz - E. Paatz, Die Kirchen von Florenz, Frankfurt a.M. 1940, pp. 102, 109; S. Meloni, Biografia di una chiesa. S. Lucia alla Castelluccia, in Antichità viva, VI (1967), 5, pp. 3-14; G. Ewald, Introduzione: I fiorentini, in Gli ultimi Medici. Il tardo barocco a Firenze 1670-1743 (catal., Detroit-Firenze), Firenze 1974, pp. 176, 288; Bernardo di S. Teresa, La chiesa di S. Paolo apostolo in Firenze…, Firenze 1976, pp. 11 s.; E. Borsellino, Il cardinale Neri Corsini mecenate e committente: Guglielmi, Conca, Parrocel e M. nella Biblioteca Corsiniana, in Bollettino d’arte, s. 6, LXVI (1981), 10, pp. 49-66; A. Guidotti, Vicende storico-artistiche della Badia fiorentina, in E. Sestan - M. Adriani - A. Guidotti, La Badia fiorentina, Firenze 1982, pp. 119, 124; O. Casazza, Settecento nella cappella Brancacci, in Critica d’arte, LI (1986), pp. 68-72; E. Maggini Catarsi, Il Museo di Doccia, in La manifattura Richard-Ginori di Doccia, a cura di R. Monti, Milano-Roma 1988, p. 27; C. Caneva, in I pittori della Brancacci agli Uffizi, Firenze 1988, pp. 85-92; A. Civai, Dipinti e sculture in casa Martelli. Storia di una collezione patrizia fiorentina dal Quattrocento all’Ottocento, Firenze 1990, p. 87 figg. 72-76; M. Chiarini, in La pittura in Italia. Il Settecento, Milano 1990, pp. 324, 330-333, 346, 348; S. Meloni Trkulja, ibid., pp. 793 s. (con bibl.); F. Petrucci, Ss. Annunziata, Roma 1992, p. 63; A. Civai, Palazzo Capponi Covoni in Firenze, Firenze 1993, pp. 84-112; Restaurato un dipinto di V. M., in Prato, XXXIV (1993), 82, pp. 94 s.; C. Lenzi, V. M. (1694-1766), Firenze 2000; C. Lenzi Iacomelli, Pittori a Firenze al tempo della reggenza lorenese (1737-1765), in Proporzioni, n.s., I (2000), pp. 199-215; Id., Un capolavoro della pittura fiorentina: Venere e Adone di V. M. (catal.), a cura di M. Vezzosi, Firenze 2003; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, pp. 449 s.
L. Mocci