MASSILLA, Vincenzo
– Nacque il 22 ott. 1499 ad Atella, feudo della potente famiglia principesca dei Caracciolo di Melfi, da Guglielmo, dottore in medicina, e da Berardina de Simeone di Venosa.
All’età di 12 anni, a Napoli, si dedicò prima allo studio delle lettere e poi a quello delle leggi sotto la guida dei maestri Scipione Capece e Giambattista Manso. Nel 1519 era a Salerno, dove seguì per tre anni le lezioni dei famosi giureconsulti Giovanni Nicola de Vicariis, Roberto Maranta e Severo de Petrutiis. La morte del padre e una serie di difficoltà economiche, aggravate dalla condizione della famiglia (quattro fratelli e due sorelle ancora nubili e non in grado di sostenersi con le sostanze paterne), lo costrinsero a tornare a Napoli dove tuttavia continuò i suoi studi e nel 1525 conseguì il titolo dottorale. Nella capitale il M. cominciò a esercitare la professione legale, ma la peste, diffusasi poco dopo, lo indusse a recarsi a Trani, dove ricoprì l’incarico di giudice regio. Convinto da Bernardino Scindilo, uditore per la duchessa di Bari (e regina di Polonia) Bona Sforza e legato da vincoli di affinità con il fratello Aurelio, dottore in medicina, si trasferì a Bari, dove il 23 apr. 1527 sposò Terenzia Filippucci, figlia di un notaio. Stimato in città per la sua abilità forense, nel 1529 ottenne la cittadinanza e, l’anno successivo, avendo chiamato a testimoni davanti al luogotenente generale del re e della duchessa di Bari alcuni gentiluomini forestieri «prattici in Atella, et in corte del quondam Troiano Caracciolo principe di Melfi, quali deponendo io essere per gratia del Signore nato nobile ex utroque parente in detta Terra di Atella» (Cronaca, p. 31), ottenne l’aggregazione alla nobiltà barese; risulta iscritto nel Catasto dei nobili del 1536 e in quello del 1563. Nel 1530 fu anche governatore a Conversano («cum eo tempore Bari erat pestis valida»: Commentarii, 1596, p. 25) e nel 1538 a Rossano.
Dalla moglie Terenzia ebbe due figli, un maschio, che morì in tenera età, e una femmina, di nome Giulia, che sposò prima il magnifico Cola di Charis e poi Giacomo Lupi di Giovinazzo.
A Bari il M. fu avvocato dei poveri, decurione dell’Università, avvocato fiscale e uditore collaterale di Bona Sforza. Rimasto vedovo nel 1534, sposò cinque anni dopo la diciannovenne Antonia Ventura, figlia di Alfonso e di Caterina Zurla, dalla quale ebbe numerosi figli.
Delle femmine, due si monacarono nel monastero cittadino di S. Giacomo e una sposò il patrizio Fabrizio Tresca; tra i maschi il M. menziona il primogenito Fabio, morto all’età di 6 anni mentre egli era in Polonia, Giovanni Battista, Orazio e Manlio, nati tra il 1553 e il 1558.
Dopo una permanenza di 4 anni a Cracovia tra il 1545 e il 1549, dove esercitò la carica di uditore generale per gli Stati feudali che Bona Sforza possedeva in Italia meridionale, non si allontanò più da Bari, tranne che per un soggiorno di tre mesi, nel 1550, a Padova, dove si recò per curare l’edizione dei suoi Commentarii. Con orgoglio dichiara di aver conseguito un certo benessere economico, dopo aver vissuto anni segnati da ristrettezze («pauper Barrum veni et sempre habui magnam familiam, et expensae fuerunt excessivae», Commentarii, 1596, p. 81), che nel 1570 gli facilitò, insieme con gli illustri matrimoni da lui o dai suoi figli contratti, l’ascrizione, a seguito della riforma in senso aristocratico del governo dell’Università, all’elenco delle famiglie reggimentarie di Bari (registrate nel Libro rosso, dove sono raccolti anche gli statuti, le grazie e i privilegi della città).
Il M. morì a Bari il 1° febbr. 1580, mentre la famiglia si estinse probabilmente tra il 1620 e il 1636, dato che risulta iscritta nel catasto di Bari del 1620 ma non in quello del 1636.
La lunga e impegnata vita del M. si dipana tra l’avvento della dominazione spagnola nel Regno di Napoli, il governo degli Sforza nel Ducato di Bari, in particolare quello della regina Bona di Polonia, che per alcuni anni diede vita e animò nella città una splendida corte, e il ritorno della città al Regio Demanio nel 1557. In questo processo Bari, come altre realtà urbane del Mezzogiorno, si dotò di nuovi statuti, che riconobbero il ruolo di governo a un numero ristretto di famiglie, appartenenti al patriziato o a un ceto di mercanti, funzionari, dottori, avvocati, notai. Di queste vicende il M. non fu solo testimone, ma anche attento cronista; fautore di un modello nobiliare urbano che, contrapposto a quello feudale, avrebbe costituito il collante delle classi dirigenti della città di Bari fino alla fine dell’Antico regime.
Uomo di straordinaria memoria, il M. scrisse diverse opere, alcune delle quali inedite e perdute (un Albero di tutti i re di Napoli e un Albero dei duchi di Milano, una raccolta di proverbi, le Glosse civili e canoniche) delle quali egli parla nel suo testamento, rogato il 18 genn. 1580 (Cronaca, p. 1). Edite sono soltanto due opere: i Commentarii super consuetudinibus praeclarae civitatis Bari, scritti a Cracovia negli anni della residenza presso la corte polacca e completati a Padova, furono editi una prima volta nel 1550, in folio, presso lo stampatore padovano Giacomo Fabriano e poi, in quarto, presso Bernardino Basa di Venezia nel 1596. La Cronaca sulle famiglie nobili di Bari, che conobbe dapprima solo una circolazione in forma manoscritta (alcuni esemplari sono nella Biblioteca nazionale di Bari, Mss., I.10; I.39; I.93.5; II.14), fu pubblicata nel 1881 dall’erudito napoletano Francesco Bonazzi che utilizzò la copia posseduta da un suo antenato e vi aggiunse un’appendice di documenti concernenti alcuni momenti significativi della storia del patriziato barese e un elenco dei sindaci nobili della città dal 1418 al 1799 e dei mastrogiurati dal 1504 al 1795.
Pur nella loro forma involuta, i Commentarii ripercorrono i momenti principali della storia politica, istituzionale e religiosa di Bari, e offrono un’efficace sintesi del lungo processo di formazione del diritto consuetudinario locale, che affondava le radici nell’antica tradizione romano-bizantina e in quella longobarda. Altri punti centrali nell’opera sono l’affermazione della dignità cittadina, della sua identità – costruita non esclusivamente, come sostenuto invece dalla tradizione storiografica di matrice ecclesiastica, sulla traslazione delle reliquie di s. Nicola – e la rivendicazione della funzione della classe dirigente barese, formata sia da famiglie di varia provenienza appartenenti alla nobiltà sia da famiglie ascritte al ceto popolare eminenti per la loro scientia e per il loro impegno nella mercatura. Le famiglie nobili baresi, secondo il M., erano riconosciute come tali dappertutto ed erano reputate a tal punto che potevano contrarre matrimoni e intrecciare parentadi «cum nobilibus familiis Sedilium Capuanae, Nidi, et aliorum Porticum et Sedilium inclitae Civitatis Neapolis» (Commentarii, 1596, p. 58).
Altro elemento di rilievo presente nei Commentarii, significativamente dedicati ai sindaci della città, è l’esaltazione delle qualità di Bari, caput della provincia che da essa prende il nome (Terra di Bari), sede di una chiesa metropolitana, calamita di forestieri che, secondo la testimonianza e la personale esperienza del M. sarebbero accolti con ospitalità e prontamente integrati. I Commentarii, come annotava il gesuita Antonio Beatillo, ebbero ampia diffusione, andando «per le mani de’ letterati con grande applauso» (Historia di Bari, p. 205).
Incerta è la data di redazione della Cronaca. Bonazzi ritiene che sia stata scritta nel 1567, senza indicare la fonte di questa sua supposizione, che fu in realtà formulata da Francesco Lombardi, autore nel 1721 di una storia, rimasta manoscritta, delle famiglie nobili di Bari: in un brano della sua storia, Lombardi scrive «versando egli [il M.] la penna in questa sua smunta cronica l’anno 1567» (Bari, Biblioteca provinciale, Cart., XV-5, s.n.). Dell’opera fanno menzione Beatillo, che la utilizzò nella sua Historia di Bari, lo stesso Lombardi, che accusò il M. di non aver adeguatamente utilizzato la documentazione disponibile, e l’accademico Giacinto Gimma, che in una sua opera miscellanea (anch’essa manoscritta) ne trascrisse alcuni brani. Lo studioso barese F. Quarto ritiene che la Cronaca, della quale non è pervenuto il manoscritto originale, sia mutila di una prima parte, nella quale l’autore avrebbe tratteggiato una storia generale della nobiltà barese, stendendo invece nella seconda parte la storia di un certo numero di casati nobili.
Opere: Commentarii super consuetudinibus praeclarae civitatis Bari, Patavii, G. Fabriano, 1550; Venetiis, B. Basa, 1596; Cronaca sulle famiglie nobili di Bari, a cura di F. Bonazzi, Napoli 1881.
Fonti e Bibl.: Il Libro rosso di Bari o Messaletto, a cura di V.A. Melchiorre, Bari 1993, I, pp. 51-57; A. Beatillo, Historia di Bari principal città della Puglia nel Regno di Napoli, Napoli 1637; N. Toppi, Biblioteca napoletana, Napoli 1678, p. 307; G.B. Tafuri, Istoria degli scrittori nati nel Regno di Napoli, III, 1, Napoli 1750, pp. 305-352; C. Minieri Riccio, Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, p. 209; M. Garruba, Serie critica de’ sacri pastori baresi, Bari 1844, pp. 306-337; G. Petroni, Della storia di Bari dagli antichi tempi sino all’anno 1856, I, Napoli 1857, pp. 508-628; II, ibid. 1858, pp. 5-46; G.A. Chiaia, L’abate Gimma e le sue opere, [Bari 1878], pp. XXXIV s.; L. Volpicella, Bibliografia stor. della provincia di Terra di Bari, Napoli 1884, pp. 181-183; A. Spagnoletti, «L’incostanza delle umane cose». Il patriziato di Terra di Bari tra egemonia e crisi, Bari 1981, pp. 13-26; F. Porsia, Vita economica e sociale, in Storia di Bari, diretta da F. Tateo, Dalla conquista normanna al Ducato sforzesco, a cura di P. Belli D’Elia et al., Roma-Bari 1990, pp. 189-227; F. Tateo - R. Girardi - P. Sisto, Cultura di scuola e di corte, ibid., pp. 511-563; F. Tateo et al., L’iniziativa intellettuale, in Storia di Bari. Nell’Antico Regime, II, a cura di M. Basile Bonsante et al., Roma-Bari 1992, pp. 145-248; F. Quarto, Il «Regimento» di Bari. Un inedito di Francesco Lombardi sul patriziato barese, in Nicolaus. Studi storici, VII (1996), 2, pp. 451-599; Bona Sforza regina di Polonia e duchessa di Bari (catal., Bari-Cracovia), a cura di M.S. Calò Mariani - G. Dibenedetto, I, Roma 2000, pp. 301-307; II, ibid. 2007, pp. 336-338, 366; L. Poli, Le cinquecentine della Biblioteca nazionale di Bari, Bari 2000, p. 382.