GOTTI, Vincenzo Lodovico
Nacque a Bologna il 5 sett. 1664 da Giacomo, giurista, e da Chiara Capardi. Dopo studi di grammatica presso le Scuole pie e di retorica con i gesuiti, nel 1680 il G. fu avviato alla vita religiosa presso i domenicani della sua città, entrando nel noviziato in S. Domenico, dove nell'anno successivo fece la professione solenne. Concluso brillantemente lo studio della filosofia a Bologna, nel 1685 venne inviato all'Università di Salamanca per compiervi quello della teologia. In Spagna si legò all'allora nunzio Marcello Durazzo - che ne proteggerà sempre la carriera accademica ed ecclesiastica - e nel 1688 vi ricevette l'ordinazione sacerdotale.
Laureatosi in teologia, il G. tornò in Italia verso la fine di quell'anno e cominciò a insegnare filosofia a Mantova, poi nello Studio domenicano della Minerva a Roma e dal 1692 a Bologna, in S. Domenico, e a Faenza. Nel 1695 ottenne dal Senato di Bologna una cattedra di teologia nell'Università, cui dal 1699 affiancò quella di metafisica nello Studio domenicano. Parallelamente assunse varie cariche nel convento e nella propria provincia religiosa: maestro degli studi nel 1702, priore di S. Domenico dal 1708 al 1710, provinciale dal 1711 al 1713, ancora priore fino al 1715, quando Clemente XI lo nominò inquisitore generale di Milano.
Il G. non amava questa funzione, che lo teneva lontano dall'insegnamento. Essa però (insieme con le direttive in materia di studi del governo centrale dell'Ordine emanate a partire dal capitolo del 1694) influì sulla maturazione del suo pensiero, che dallo scolasticismo e dalle dispute astratte si indirizzò verso i campi "pratici" dell'apologetica e della teologia positiva. Infatti l'esame dei libri del calvinista svizzero Giacomo Picenini, richiestogli dal vescovo di Como Giuseppe Olgiati (prima di allora, secondo il Fantuzzi, "non avea letto giammai" libri di eretici), lo spinse a scriverne una globale confutazione (come avevano già fatto A. Semery e P. Tonti) nei tre volumi de La vera Chiesa di Cristo dimostrata da' segni e da' dogmi contro i due libri di Giacomo Picenino intitolati Apologia per i riformatori e per la religione riformata e Trionfo della vera religione (Bologna [ma Roma] 1719, poi Milano 1734 e, in trad. latina, Venezia 1750). L'opera, considerata la più completa e sistematica difesa del cattolicesimo esistente in lingua italiana, fu però compromessa dagli interventi dei censori romani, cui era stata sottoposta prima della stampa, che avendo giudicato lo stile dell'autore troppo pacato vi avevano inserito frasi e aggettivi insultanti verso il Picenini, peraltro già morto. La propaganda protestante colse l'occasione per polemizzare contro il G., che nella seconda edizione del libro, ampliata e migliorata, ammise il difetto della prima, togliendo le aggiunte e dichiarandosi pronto a esibire il manoscritto originale per difendere la propria reputazione.
Nel 1717 il G. lasciò l'Inquisizione milanese per tornare all'Università di Bologna, dove era stato chiamato a succedere a Benedetto Bacchini sulla cattedra di apologetica; il 24 ott. 1719 vi ricevette una laurea honoris causa in teologia e fu aggregato a tale facoltà quale "uomo famoso". Nuovamente priore di S. Domenico nel 1720 e provinciale di Lombardia nel 1721, il G. si dedicò ai suoi maggiori lavori di controversista e apologista: i Colloquia theologico-polemica in tres classes distributa (Bononiae 1727) e la Theologia scholastico-dogmatica iuxta mentem d. Thomae Aquinatis (16 voll., Bononiae 1727-35; poi in 6 voll., Venetiis 1750 e ibid. 1783). I Colloquia, motivati ancora da un vecchio scritto del Picenini favorevole al matrimonio dei sacerdoti, comprendevano 38 conferenze sulla dottrina cattolica e le antiche leggi della Chiesa. La Theologia, l'opera più importante del G., fu redatta con chiaro intento apologetico per fornire agli studenti un testo che indicasse le differenze tra cattolicesimo e dottrine protestanti per poterle confutare, anziché ancorarli a superate sottigliezze scolastiche. Il G. si rifaceva a s. Tommaso perché, a suo parere, ogni passo della Summa theologiae dell'Aquinate era stato scritto per difendere una verità o confutare un errore, e i teologi moderni avrebbero dovuto seguire tale esempio, attraverso un rigoroso studio delle fonti e delle stesse eresie che si volevano combattere.
Il 30 apr. 1728 Benedetto XIII, da tempo amico e ammiratore del G., lo elevò al cardinalato, dandogli il titolo, ormai quasi solo onorifico, di patriarca di Gerusalemme. Il conseguente trasferimento a Roma e la partecipazione a quasi tutte le congregazioni cardinalizie non gli impedirono di scrivere ancora il De eligenda inter dissentientes Christianos sententia, seu de vera inter Christianos religione eligenda (Romae 1734; poi Ratisbonae 1740 e Vienna 1749) contro le tesi dei calvinisti J. Le Clerc e U. Grozio, e la Veritas religionis Christianae et librorum quibus innitur contra atheos, polytheos, idolatras, mahometanos et iudaeos demonstrata (12 voll., Romae 1735 e Venetiis 1750), con la quale estendeva la sua apologetica dalle confessioni protestanti alle religioni non cristiane, ai pagani e agli atei.
Nel conclave del 1730 il G. assunse per un breve momento la guida dei 16 cardinali creati da Benedetto XIII, senza però riuscire a unirli. In quello del 1740 fu tra i candidati, ma restò vittima dell'ostilità francese. Il neoeletto Benedetto XIV, che lo reputava un santo, volle farlo abitare in Vaticano e valersi di lui (anche se era ormai malato) come consulente teologico. Gli sottopose anche il proprio progetto di componimento delle vertenze giurisdizionali con la corte di Torino, conoscendo il favore che per il G. nutrivano diverse personalità e lo stesso re di Sardegna Carlo Emanuele III di Savoia. Tuttavia il prestigio del G. era culturale e religioso, non politico, e i rapporti del papa con i Savoia migliorarono solo dopo altri due anni di negoziati e nuove concessioni. Il G. partecipò anche ai negoziati per il concordato col Regno di Napoli, stipulato nel 1741, sempre a prezzo di diverse concessioni.
Preferiva però occuparsi dei suoi studi e seguire le vicende dei domenicani bolognesi; questi nel 1721 avevano già ottenuto, grazie ai suoi consigli come provinciale, il dono della stamperia plurilingue del colto generale imperiale Luigi Ferdinando Marsili, diventata Stamperia S. Tommaso (lo ricambiarono pubblicando quasi tutte le sue opere), e dal G. cardinale ebbero un organo, la donazione di tutti i suoi libri e di un terzo delle proprie rendite per mantenere la raccolta e costruire una nuova biblioteca in S. Domenico (ma la comunità preferì ampliare quella già esistente ristrutturando alcune sale). Dietro queste iniziative stava, oltre alla simpatia del G. per i confratelli bolognesi, la condivisione dei tentativi di riforma dell'ateneo felsineo propugnata dal Marsili e la stima per la funzione culturale svolta, a tale riguardo, dal convento di S. Domenico.
Ormai indebolito dalla malattia, il G. intraprese un Commentario della Genesi rimasto manoscritto e incompleto e, secondo qualche bibliografia, un catechismo dogmatico. Gli sono stati attribuiti anche un trattatello sull'Immacolata Concezione (opera probabile di Giovan Benedetto Zuanelli, solo annotata da lui) pubblicato postumo e alcune negative Osservazioni sopra i libri della madre d'Agreda, del 1736, parte dei documenti della causa di beatificazione di questa (il G. fece parte di più di una commissione incaricata di studiare il caso di questa mistica, ma non ne scrisse di persona le "censure").
Il G. morì a Roma il 18 sett. 1742 e fu sepolto nella chiesa di S. Sisto, della quale era titolare.
Fonti e Bibl.: T.A. Ricchini, De vita et studiis fr. Vincentii Ludovici Gotti Bononiensis… commentarius, Romae 1742; G.M. Crescimbeni, Le vitedegli Arcadi illustri, V, Roma 1751, pp. 103-114; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, IV, Bologna 1784, pp. 194-205; U. Dallari, I rotuli dei lettori legisti ed artisti dello studio bolognese dal1384 al1799, III, 1, Bologna 1891; 2, ibid. 1919, ad indices; J. Quétif - J. échard, Scriptores Ordinis praedicatorum…, a cura di R. Coulon - A. Papillon, Paris-Rome 1910-34, II, pp. 730-736; L. von Pastor, Storia dei papi, XV, Roma 1933; XVI, 1, ibid. 1953, ad indices; A. Walz, I cardinali domenicani, Firenze-Roma 1940, p. 45; V. Alce - A. D'Amato, La Biblioteca di S. Domenico in Bologna, Firenze 1961, ad ind.; A. D'Amato, I domenicani el'Università di Bologna, Bologna 1988, ad ind.; Id., I domenicani a Bologna, II, ibid. 1988, ad ind.; A.M. Artola, Dictamen histórico-teológico sobre la "Mistica ciudad de Dios" en relación con la causa de canonización de la ven. María de Jesús deAgreda, Deusto 1993, pp. 63, 65, 68; Dict. de théologiecatholique, VI, 2, coll. 1503-1505, s.v.; Tables, col. 1838; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XXI, col. 921.