LAVIGNA, Vincenzo
Nacque ad Altamura il 21 febbr. 1776 da Ludovico e Apollonia Carone.
Nel 1790 entrò al conservatorio di S. Maria di Loreto a Napoli, dove studiò contrappunto e composizione con Fedele Fenaroli e Saverio Valente. Dal 1797, ottenuta la qualifica di maestro di cappella, il L. svolse mansioni di assistenza agli allievi giovani ed ebbe piccole commissioni retribuite dalle chiese cittadine. Nel 1799 completò il corso di studi presso il conservatorio. Alla fine del 1801, probabilmente al seguito di G. Paisiello che da Napoli si recava a Parigi, il L. si spostò a Milano per cercare fortuna; qui, forse su raccomandazione dello stesso Paisiello, riuscì a far eseguire al teatro alla Scala la sua prima opera buffa, La muta per amore, ossia Il medico per forza (libretto di G.M. Foppa, da Molière, 14 giugno 1802). Rappresentata come ultimo titolo della stagione di primavera, solitamente riservata al genere comico e ad autori esordienti, l'opera ebbe tale successo che fu ripresa nel successivo carnevale 1803. Nel frattempo la Scala gli commissionò le musiche del ballo Gengis-Kan per la coreografia di Antonio Monticini, rappresentato con successo il 17 ag. 1802.
Queste circostanze garantirono al L. un solido avvenire a Milano; alla fine del 1802 ottenne il posto di "maestro al cembalo" alla Scala, dove rimase fino al 1832, collaborando con tutti i maggiori compositori di quel trentennio (G. Rossini, G. Donizetti, V. Bellini e S. Mercadante). Negli anni successivi vennero rappresentati, sempre alla Scala, numerosi suoi lavori: le opere comiche L'impostore avvilito (L. Romanelli, 11 sett. 1804), Di posta in posta (Romanelli, 2 luglio 1808), Chi s'è visto, s'è visto (A. Anelli, 23 apr. 1810); l'opera seria di ambientazione cinese Orcamo (Romanelli, dall'originale Hoango di G.D. Boggio, che il L. aveva musicato e allestito l'anno prima a Torino; 28 febbr. 1809), in cui cantò Isabella Colbran; infine non è certo che abbia completato insieme con F. Orlandi l'opera lasciata incompiuta da J.S. Mayr Eraldo ed Emma (G. Rossi, 8 genn. 1805). Nel frattempo il L. proseguiva la produzione di musiche per destinazione coreutica: il 2 apr. 1804 alla Scala si rappresentò Emilio e Carolina, ossia La fortunata riconciliazione, ancora con le coreografie di Monticini; il 3 giugno 1804, nello stesso teatro, venne eseguita la cantata Teseo (V. Monti, musica di V. Federici), per cui il L. compose i ballabili in collaborazione con A. Rolla.
Numerosi documenti sull'attività del L. alla Scala e al teatro della Canobbiana sono conservati a Milano presso la Biblioteca Trivulziana e Archivio storico civico; fra essi un contratto da lui firmato nel 1807 e rinnovato nel 1812 elenca gli obblighi del maestro al cembalo: "assistere a tutte le prove […] al cembalo […] tanto alla Scala quanto alla Canobbiana per annue L. 1600 di Milano" (quando una prima parte dell'orchestra della Scala guadagnava più del doppio e il direttore era già intorno alle 7000 lire annue); "aggiustare e puntare tutti li spartiti vecchi", per adattarli ai nuovi cantanti, con la paga di 100 lire di Milano ognuno; inoltre scrivere opere a richiesta della direzione teatrale, con paga separata di 1500 lire per un'opera seria e di 1050 lire per una comica (Spett. pubbl., cart. 47, f. 7, protocollo della direzione n. 15061 del 27 maggio 1812).
Nel primo decennio dell'Ottocento il L. ottenne buoni successi anche al teatro Comunale di Ferrara (L'idolo di se stesso, carnevale 1803), alla Fenice di Venezia (Le metamorfosi, Foppa, 11 apr. 1807), al teatro Imperiale (poi Regio) di Torino (Coriolano, Romanelli, 20 genn. 1806; Palmerio e Claudia, P.L. Raby, 20 genn. 1809). Per completare l'elenco delle opere del L. è necessario citare una Zaira, della quale numerose fonti segnalano l'esecuzione a Firenze nel 1809, notizia che comunque va accolta con cautela.
La produzione teatrale e coreutica del L., dal materiale oggi disponibile, sembra essere terminata intorno al 1810. Non è difficile individuare le cause di questo fenomeno; da una parte l'incarico nel maggiore teatro milanese, con attività quasi continua (tre stagioni annue più la stagione estiva alla Canobbiana), lo assorbiva nella preparazione di circa 15-18 titoli all'anno, la maggior parte nuovi; d'altra parte, come altri compositori del tempo (Mayr, F. Paër, i fratelli Mosca, V. Pucitta, P. Generali, G. Farinelli, V. Fioravanti ecc.), anche il L. venne presto eclissato dall'astro maggiore, Rossini, che negli anni Venti egemonizzò il campo operistico.
In questo periodo il L. si dedicò all'insegnamento, dando continuità in area lombarda alla grande tradizione contrappuntistica napoletana, affiancata alla diffusione dei classici: J. Haydn, L. van Beethoven, ma soprattutto W.A. Mozart; il L. fu infatti concertatore delle prime esecuzioni alla Scala di Così fan tutte (19 sett. 1807), Don Giovanni, che riteneva l'assoluto capolavoro del teatro musicale (17 ott. 1814), Le nozze di Figaro (27 marzo 1815). Agli allievi il L. insegnava tanto le composizioni dei suoi contemporanei, quanto la tradizione ormai declinante dei "partimenti" di Fenaroli e del contrappunto di F. Durante; a tale riguardo si conosce una lettera al L. del 1802 in cui Valente gli raccomandava di presentare al concorso per il posto di maestro al cembalo alla Scala una fuga in stile durantiano, che avrebbe garantito la vittoria, come poi avvenne (De Napoli, 1931, p. 54).
Oltre all'insegnamento privato del canto e della composizione, dal 1823 al 1833 il L. tenne la cattedra di solfeggio al conservatorio di Milano. Dal 1832 al 1835 ebbe come allievo di contrappunto e composizione il giovane G. Verdi, che a lui si era rivolto dopo essere stato respinto dal conservatorio della città; in quella circostanza Rolla, direttore dell'orchestra della Scala e professore di violino nello stesso istituto scolastico, suggerì a Verdi: "Non pensate più al conservatorio: scegliete un maestro in città; io vi consiglio o Lavigna o Negri" (lettera di Verdi a J. Caponi, 13 ott. 1880, Pougin, p. 141).
Molti decenni più tardi, al vertice della carriera e della celebrità, Verdi ricordava che il L. "era fortissimo nel contrappunto, qualche poco pedante e non vedeva altra musica che quella di Paisiello. […] Nei tre anni passati con lui non ho fatto altro che canoni e fughe, fughe e canoni in tutte le salse. […] Vi ripeto: era dotto ed io vorrei che fossero tutti così i maestri insegnanti" (lettera di Verdi a F. Florimo del 9 genn. 1871, in Abbiati, I, pp. 118 s.). Verdi ricordava anche di avergli sottoposto una sinfonia giovanile, ricevendo aspre critiche dal maestro, che ne corresse la strumentazione "alla maniera di Paisiello" (Walker, p. 20), con forte disappunto dell'allievo. Anche questo aneddoto conferma la posizione autorevole, ma arretrata, del L. nel panorama italiano degli anni Trenta dell'Ottocento.
Esiste infine una testimonianza del metodo d'insegnamento e dei testi che il L. adottava con gli allievi: Emanuele Muzio, l'unico allievo di Verdi, scriveva ad Antonio Barezzi che il maestro seguiva con lui l'identico metodo appreso dal L., gli stessi autori, le stesse fasi progressive. Vale la pena quindi di rileggere gli autori che, "via Verdi", Muzio indicò come il fondamento della didattica del L.: "Sono già arrivato alla famosa opera Quinta del Corelli, la più bella, difficile e lunga. Questa mattina ho iniziato le imitazioni; il signor maestro [Verdi] adopera gli stessi studi ch'egli fece sotto la direzione di Lavigna, migliorati però da lui" (lettera di Muzio a Barezzi, 24 giugno 1844, in Garibaldi, p. 168). "Sono alle scale ricercate […] a quattro. Aspetto che il maestro veda il conte Belgioioso per farsi dare il [Benedetto] Marcello […]. A giorni poi comincerò a studiare Hummel per pianoforte" (16 dic. 1844, ibid., p. 177). "Devo apparecchiarmi molti materiali per il mio studio di contrappunto e copiare i partimenti del P. Martini e P. Mattei" (13 marzo 1845, ibid., p. 189).
Questi accenni segnano le tappe della didattica del contrappunto adottata dal L., un metodo di "istruzione pratica, soda, seria, senza esagerazioni", nelle parole dello stesso Verdi (lettera a Piroli del 21 genn. 1883, in Abbiati, I, p. 122). Le fasi indicate da Muzio corrispondono in larga parte agli esercizi che il L. ha lasciato manoscritti e che ancora oggi sono conservati presso la Biblioteca del conservatorio G. Verdi di Milano. Si tratta di sette fascicoli autografi di Studi di contrappunto (probabilmente di lì veniva il materiale a cui Muzio faceva riferimento) e Sei fughe per organo "per uso di me" (1792). Questo materiale mostra, nello stile dei soggetti e nella conduzione della polifonia, la ricerca di un dettato estremamente scorrevole, consonante e condotto sui principî dell'armonia, in linea con l'ultima fase della scuola contrappuntistica tardonapoletana. La stessa Biblioteca milanese conserva una Sinfonia in do maggiore del L. (sole parti staccate e riduzione autografa per quartetto d'archi), scritta nello stile concertante e brillante proprio di una tradizione sinfonica italiana di origine settecentesca, che si ritrova in compositori di diverse generazioni come Paisiello e N. Zingarelli; uno stile simile impronta alcune sinfonie scritte per la stessa capitale lombarda da Rolla, C.E. Soliva, P. Lichtenthal ecc.
Completano il catalogo dei lavori del L. due manoscritti conservati presso la Biblioteca del conservatorio S. Pietro a Majella di Napoli: un Mottetto a più voci e strumenti (Gasperini - Gallo, p. 127) e la lirica per canto e piano Tacete, oh Dio (ibid., p. 455).
Il L. morì a Milano il 14 sett. 1836 dopo una lenta consunzione dovuta a un esaurimento nervoso, i cui primi sintomi si erano manifestati già nel 1827.
Fra i suoi allievi, oltre a Verdi, si ricordano Ruggero Manna, che sarà attivo a Trieste e a Cremona come maestro di cappella, e Giacomo Panizza, che lo sostituì nelle funzioni di maestro al cembalo alla Scala. Non si hanno testimonianze certe di legami di parentela con Salvatore Lavigna, di cui Florimo segnala l'opera Matilde, eseguita al teatro Nuovo di Napoli il 26 sett. 1851 (IV, p. 212). Anche Gatti e De Napoli confermano quest'attribuzione e aggiungono un Album di liriche per canto e pianoforte su testi di Emanuele Bardare, pubblicato dall'editore Calì a Napoli, con dedica a una figlia di Mercadante (Gatti, p. 189; De Napoli, 1931, p. 66). Gatti afferma poi che Salvatore fosse figlio di Vincenzo; quest'ipotesi venne discussa e accettata anche da De Napoli. Ancor meno documentati sono i rapporti parentali con Raffaele Lavigna, di cui l'editore A. Patrelli di Napoli pubblicò fra il 1818 e il 1823 tre arie e un duetto (Antolini).
Fonti e Bibl.: A. Pougin, G. Verdi. Vita aneddotica con note e aggiunte di Folchetto, Milano 1881, pp. 13-17, 140-142; F. Florimo, La scuola musicale di Napoli …, I-IV, Napoli 1881-83, ad ind.; O. Serena, I musicisti altamurani, Altamura 1895, pp. 25-27; P. Cambiasi, La Scala 1778-1906. Note storiche e statistiche, Milano 1906, pp. 53 s. e passim; C. Censi, Gli studi e i maestri, in Musica, VII (1913), 36, pp. 2 s.; G. De Napoli, Il maestro di G. Verdi, V. L., in La Lettura, XXVIII (1928), 2, pp. 138-144; Id., La triade melodrammatica altamurana: G. Tritto (1733-1824), V. L. (1776-1836), S. Mercadante (1795-1870), Milano 1931, pp. 47-66; L.A. Garibaldi, G. Verdi nelle lettere di E. Muzio ad A. Barezzi, Milano 1931, pp. 166-169 e passim; C. Gatti, Verdi, Milano 1931, I, pp. 62-79, 189 n. 2, e passim; Catalogo delle opere musicali del conservatorio di musica S. Pietro a Majella di Napoli, a cura di G. Gasperini - F. Gallo, Parma 1934, pp. 127, 455; A. Oberdorfer, G. Verdi. Autobiografia dalle lettere, Milano 1951, ad ind.; F. Abbiati, G. Verdi, I-IV, Milano 1959, ad ind.; F. Walker, L'uomo Verdi, Milano 1964, ad ind.; V. Terenzio, La musica italiana nell'Ottocento, Milano 1976, pp. 199 s.; M.G. Melucci, Compositori della nostra terra, Taranto 1987, ad ind.; Musicisti nati in Puglia ed emigrazione musicale tra Seicento e Novecento. Atti del Convegno internazionale di studi, Lecce… 1985, Roma 1988, ad ind.; L'arcano incanto. Il teatro Regio di Torino 1740-1990, a cura di A. Basso, Milano 1991, pp. 59, 341, 536 s.; R. Cafiero, Gli affetti convenienti alle idee, in Studi sulla musica vocale italiana, Napoli 1993, pp. 549-580; B.M. Antolini, Diz. degli editori musicali italiani 1750-1830, Roma 2000, p. 259; D. Rizzo, L'apprendista compositore: Provesi e L. maestri di musica di G. Verdi, in Arte organaria e organistica, VIII (2001), 38, pp. 12-19; F.-J. Fétis, Biogr. univ. des musiciens, V, p. 232; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 820; Supplemento, p. 461; U. Manferrari, Diz. univ. delle opere melodrammatiche, II, pp. 218 s.; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, p. 324; The New Grove Dict. of music and musicians (ed. 2001), XIV, pp. 388 s.