GRAZIOLI, Vincenzo
Nacque il 22 sett. 1770 a Cadelsasso, in Valtellina, da Lorenzo e da Maddalena Lombardini, ultimo di cinque fratelli.
Ancora bambino, nel 1779 seguì il padre e il fratello maggiore a Roma, dove risiedeva una comunità di valtellinesi e dove da diverse generazioni i Grazioli si alternavano nella gestione di alcune botteghe di "orzarolo" e di "artebianca" nel popolare rione Monti. A Roma il G. cominciò a lavorare in qualità di garzone alle dipendenze del padre e del fratello, i quali, al rientro in patria, gli lasciarono nel 1793 in gestione autonoma la bottega di orzarolo. Dopo il matrimonio con Maria Maddalena Miller, sua coetanea e appartenente a una famiglia di fornai tedeschi da diverse generazioni insediata a Roma, il G. affidò la gestione della bottega nel rione Monti ad alcuni suoi conterranei e si trasferì nel rione Trevi, dove si dedicò alla gestione del forno di proprietà della famiglia della moglie, incrementandone il giro di affari, e alla gestione di altre attività che aveva nel frattempo avviato.
Una prima svolta importante ebbe luogo al tempo della Repubblica giacobina, allorché il G., dando prova di intraprendenza e di senso degli affari, riuscì a stipulare alcuni lucrosi contratti di appalto per l'approvvigionamento delle truppe francesi. Poi, agli inizi dell'Ottocento, si registrò un ulteriore ampliamento nella tipologia degli affari curati dal G.: nel 1802, infatti, egli prese in affitto la tenuta del Boschetto di proprietà del marchese Del Bufalo, il che gli consentì di entrare nel novero dei mercanti di campagna. Ebbe inizio così una rapida ascesa che nel volgere di un ventennio lo portò ai vertici di questa categoria di imprenditori.
In seguito alla morte prematura della moglie, nel 1802, il G. sposò in seconde nozze, il 5 ott. 1806, Anna Londei, di 19 anni più giovane e appartenente a una agiata famiglia di origini anconetane (il padre di Anna, Ciriaco, era un mercante di stoffe che agli inizi dell'Ottocento aveva fondato a Roma una banca in società con Costantino Conti). Qualche anno dopo, nel 1810, si trasferì con la moglie Anna in via delle Muratte, in una casa di proprietà dell'università dei fornari, della quale era entrato a far parte in seguito al primo matrimonio, e acquistò il forno adiacente dove nel 1812 risultavano impiegati quattro garzoni. In questa casa nel settembre 1823, dopo 17 anni di matrimonio, Anna diede alla luce il primogenito Pio (m. 1884), destinato ad assicurare una discendenza alla famiglia.
La dote di 2000 scudi portata dalla sposa come pure l'inserimento nella famiglia Londei contribuirono con ogni probabilità a incrementare il vasto giro di affari nei quali risultava impegnato il Grazioli. Si interessò infatti alla gestione del banco Conti-Londei e, nel 1814, in società con il cognato Francesco Londei e con Costantino Conti, assunse per un novennio l'appalto della dogana della fida delle pecore. Seguirono nel corso degli anni altri diversi contratti nei quali il G. figura da solo o in società con altri; tra questi si segnalano due appalti che egli si aggiudicò nel 1831: quello della privativa, raccolta e vendita della neve e del ghiaccio in Roma e circondario, e l'altro per la fornitura del foraggio per i cavalli dell'esercito pontificio, il primo dei quali in società con Domenico Di Pietro.
In modo abbastanza atipico rispetto al comportamento di altri esponenti di questa categoria, il G. non si limitò a una gestione di tipo speculativo dell'azienda agricola, ma si interessò anche alla introduzione di migliorie per aumentarne la produttività; nel 1851, in società con Giovan Battista e Giulio Graziosi, non gli riuscì difficile ottenere dal governo pontificio una concessione per la bonifica di alcune terre paludose nelle valli di Comacchio al fine di introdurvi la risicoltura.
Parte delle disponibilità provenienti dalle diverse attività imprenditoriali a cui si è fatto fin qui riferimento rifluirono in circuiti finanziari di vario genere. Il G. fu uno degli operatori più attivi nel florido settore del prestito tra privati e, al tempo stesso, fu uno dei principali sottoscrittori di titoli del debito pubblico pontificio. Ebbe anche un ruolo di spicco nella promozione di alcune imprese a carattere speculativo-bancario: nel 1836, assieme con altri esponenti dell'élite economico-nobiliare romana, partecipò in qualità di socio fondatore alla costituzione della Cassa di risparmio di Roma e nel 1841 fu nel gruppo di 12 notabili romani, tutti soci e amministratori della Cassa, guidati dal banchiere Agostino Feoli, che realizzarono la complessa operazione finanziaria relativa all'acquisizione della maggioranza azionaria della Banca romana, all'epoca di proprietà francese. Tale operazione gli valse nel 1842 l'ingresso nel consiglio di amministrazione di questa banca accanto ai principi Marcantonio Borghese, Giulio Cesare Rospigliosi, Filippo Doria e al conte Vincenzo Pianciani. Tra il 1836 e il 1837, insieme con quest'ultimo, con il duca Marino Torlonia e il marchese Ludovico Potenziani, il G. aderì al progetto del bolognese Gaetano Malagodi che portò alla costituzione della Società pontificia di assicurazioni.
Le notevoli disponibilità economiche derivanti da una tanto articolata attività economico-finanziaria consentirono al G. di costituire un cospicuo patrimonio immobiliare formato di beni rustici e urbani. Tra gli acquisti più significativi ci furono senz'altro quello - risalente al settembre 1823 - della tenuta di Castel Porziano, proprietà della marchesa Ottavia Guadagni, vedova del barone Del Nero, per la somma di 80.993 scudi (venduta nel 1874 alla Real Casa); quello, effettuato nel 1835, del ducato di Santa Croce di Magliano, in Molise, dalla famiglia Falconieri in estinzione di un credito di 37.000 scudi vantato dal G. verso di essa; infine l'acquisto nel 1833 di palazzo Gottofredi, sito a Roma in via del Gesù, appartenuto a Maria Luigia di Borbone, duchessa di Lucca, che dal 1835 divenne sede di residenza dei Grazioli.
Gli acquisti della baronia di Castel Porziano e del ducato di Santa Croce di Magliano aprirono alla famiglia l'accesso ai ranghi della nobiltà romana. Infatti nel gennaio 1836, per disposizione di Gregorio XVI, al G. venne riconosciuto il titolo di barone; in seguito a un senato consulto del 24 sett. 1843 la famiglia venne ascritta alla nobiltà romana e infine, nel settembre 1851, il re delle Due Sicilie Ferdinando II conferì al G. il titolo di duca trasmissibile agli eredi, a cui seguì nel gennaio dell'anno successivo il riconoscimento da parte di Pio IX dello stesso titolo anche nei territori pontifici.
I Grazioli furono così accolti nell'alta società romana: le cronache coeve riferiscono numerosi aneddoti riguardo alle feste sfarzose organizzate nel loro palazzo in via del Gesù e a quelle nei salotti delle grandi famiglie patrizie a cui essi presero parte. Memorabile il ballo in maschera presso i principi Doria nel 1844, e il ricevimento offerto dal G. in occasione del conferimento del titolo ducale. Inoltre nell'ottobre 1845 i Grazioli vennero onorati dalla visita di Gregorio XVI alla tenuta di Castel Porziano dove qualche anno prima - stando almeno al necrologio stilato dal notaio A. Apolloni - avevano ricevuto la visita del principe ereditario di Russia, il futuro zar Alessandro II. Del resto, quella del G. si distingueva ormai come una delle famiglie più facoltose della Roma pontificia, tanto da precedere, in una sorta di graduatoria stilata da E. About, altri esponenti in vista del patriziato romano come i Doria, i Rospigliosi, i Colonna e gli Odescalchi.
A dare maggior lustro e riconoscimento sociale alla famiglia contribuì la nomina del G., avvenuta nel 1851 da parte di Pio IX, alla carica di consigliere della civica rappresentanza, una delle istituzioni più significative della vita cittadina.
Il consistente patrimonio rustico e urbano e la recente nobilitazione consentirono al G. di imparentarsi con una delle più antiche famiglie patrizie della capitale: nell'aprile del 1847 il figlio Pio sposò donna Caterina, figlia del duca Giulio Lante Della Rovere e di donna Maria Colonna. Dal loro matrimonio nacquero Mario, Giulio, Riccardo e Maria, che nel 1874 andò in sposa a don Felice Borghese.
Il G. morì nella sua residenza romana il 27 apr. 1857 e fu seppellito, accanto alla moglie Anna morta nel dicembre 1845, nella cappella gentilizia di S. Maria sopra Minerva. Dieci anni prima, nel 1846, aveva dettato davanti al notaio Apolloni il testamento nel quale nominava erede universale il figlio Pio e istituiva una primogenitura fidecommissaria per una somma di 500.000 scudi, rappresentata in gran parte dalla rendita di fondi rustici per un'estensione pari a circa 3700 rubbia (6808 ettari).
Fonti e Bibl.: Un primo profilo biografico del G. è tracciato in A.C. Corti, Appunti per una storia dell'emigrazione valtellinese a Roma. V. G.: da Cadelsasso alla baronia di Castel Porziano, in Quaderni del Credito valtellinese, 1987, n. 12. Altri dati biografici sono stati reperiti in: Archivio segr. Vaticano, Biblioteca, L. Londei, Notizie sulla famiglia Londei a Roma, dattiloscr.; Roma, Arch. stor. del Vicariato, Parrocchia dei Ss. Vincenzo e Anastasio, Stati delle anime, 1812, 1823; inoltre G. Minetti, Cenni storici sulla baronia di Castel Porziano proprietà di s.e. il duca Pio Grazioli, Roma 1865; sull'acquisto del ducato di Santa Croce di Magliano, Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 13853, cc. 191 ss. (due lettere di Pio Grazioli a G. Moroni, 24 e 26 nov. 1852); T. Amayden, La storia delle famiglie romane, con note e aggiunte del comm. C. A. Bertini, I, Roma [1910-14], pp. 444 s.; Annuario della nobiltà italiana, Pisa 1879, p. 405; M. Tosi, La società romana dalla feudalità al patriziato, Roma 1968, p. 166; Il libro d'oro del Campidoglio, I, Roma 1893, pp. 181 s.; V. Spreti, Enc. stor. nobiliare italiana, III, p. 552.
Riguardo alle molteplici attività economiche e di altro genere del G., non risultando a tutt'oggi disponibile per la consultazione un archivio di famiglia, si è fatto principalmente ricorso ai seguenti fondi: Archivio di Stato di Roma, Segretari e cancellieri della Reverenda Camera apostolica, Notaio F. Apolloni, 1831, voll. 100-101; ibid., Notaio F. Argenti, 1851, vol. 220; Trenta notai capitolini, uff. XI, Notaio A. Apolloni, 1835, 1846, 1857; Notai del Tribunale dell'A. C., Notaio L. Felci, 1802; Tribunale dell'A. C., b. 5526, f. 68; Tribunale del governatore, Atti di cancelleria, b. 966. Inoltre: D. Demarco, Il tramonto dello Stato pontificio: il papato di Gregorio XVI, Napoli 1992, pp. 22 s.; N. La Marca, La nobiltà romana e i suoi strumenti di perpetuazione del potere, I-III, Roma 2000, ad indicem, e soprattutto A.M. Girelli, Terra e affari a Roma nell'Ottocento pontificio. Mercanti di campagna e mercato dei capitali privati (1817-1823), in Studi in onore di Ciro Manca, a cura di D. Strangio, Roma 2000, pp. 180-193, 237-240. Con particolare riguardo alle attività finanziarie: D. Strangio, Il mercato primario del debito pubblico pontificio (1814-1846), in Roma tra la Restaurazione e l'elezione di Pio IX. Amministrazione, società e cultura, a cura di A.L. Bonella - A. Pompeo - M.I. Venzo, Roma-Freiburg-Wien 1997, ad indicem; R. d'Errico, Intermediazione privata e innovazione creditizia a Roma nella prima metà dell'Ottocento, ibid., ad indicem; Id., Una gestione bancaria ottocentesca. La Cassa di risparmio di Roma dal 1836 al 1890, Napoli 1999, ad indicem.
Tra le fonti coeve: E. About, Roma contemporanea, a cura di R. Bianchi Bandinelli, Milano 1953, pp. 95-98; N. Roncalli, Cronaca di Roma, I, 1844-1848, a cura di M.L. Trebiliani, Roma 1972, ad indicem; L. Pompili Olivieri, Il Senato romano nelle sette epoche di svariato governo da Romolo fino a noi, III, Roma 1886, p. 314; G. Moroni, Diz. di erudiz. stor.-ecclesiastica (per la consultazione, Indici, III, ad nomen). V. inoltre: R. De Cesare, Roma e lo Stato del papa. Dal ritorno di Pio IX al XX settembre, Roma 1970, pp. 66 s.; F. Bartoccini, Roma nell'Ottocento. Il tramonto della "città santa". Nascita di una capitale, Bologna 1985, ad indicem.