GOZZINI, Vincenzo
Non si conoscono né la data né il luogo di nascita di questo artista, documentato a Firenze tra il secondo e il terzo decennio del XIX secolo.
L'assenza di dati biografici sul G. ha un contraltare nella documentazione sulla sua attività di disegnatore specializzato per la stampa di traduzione figurativa, attività ricostruibile dalla sua firma apposta su alcune fortunate imprese editoriali toscane degli anni Venti del secolo. L'iscrizione "V. Gozzini del[ineavit] Lasinio filius sculp[sit]" compare in gran parte delle tavole - incise appunto da Giovanni Paolo Lasinio, figlio del più noto Carlo che diede alla luce la straordinaria impresa editoriale del 1806 sugli affreschi del Camposanto di Pisa - pubblicate a cura della Società G. Molini, Landi & Co., la compagnia fiorentina fondata da Giovanni Rosini, che diede alle stampe la riuscita collezione di piccoli ed eleganti volumi tascabili dei classici italiani fra il 1820 e il 1830. Collocata all'interno di quello che l'abate Lanzi definì, nel primo tomo della Storia pittorica della Italia del 1797, il "secolo […] del rame" in chiusura dell'excursus sui progressi dell'incisione, cui andava a suo dire il "più grande onore" fra le arti contemporanee la figura del G. prende risalto nel contesto di un'attività imprenditoriale che coinvolse nomi noti e meno noti, da Tommaso Nenci, allievo di Pietro Benvenuti, a Pietro Ermini, Giuseppe Bezzuoli e, negli anni Cinquanta, Francesco Pieraccini, che prestarono la loro opera per le imprese dei Lasinio padre e figlio.
Proprio la nuova spinta editoriale del primo decennio dell'Ottocento segnò, rispetto alle precedenti imprese, la formazione di una specificità di mestiere che trovava giustificazione teorica nel trattato del 1830 di Giuseppe Longhi sull'arte calcografica (La calcogafia impropriamente detta, ossia l'arte d'incidere in rame, Milano 1830). La "servilità necessaria", scriveva Longhi (p. 335), a tradurre opere di autori diversi attenendosi "ai difetti proprj del tempo", cui nessun incisore valente si sarebbe sottoposto, inquadra la specificità dell'apporto del G. all'editoria toscana degli anni Venti.
A Firenze aveva già avuto notevole fortuna L'Etruria pittrice di Marco Lastri (Firenze 1791-95); ma esempi di stampa qualificata in senso documentario e scientifico erano stati offerti da edizioni monografiche, e soprattutto dai volumi di documentazione sulle grandi gallerie pubbliche e private: fra di essi vanno ricordati i quattro volumi curati da J.-B. Wicar e da A. Mongez, in cui venivano illustrate le opere d'arte più importanti degli Uffizi e della Galleria Palatina (1789-1821).
A questo impulso editoriale si ricollega l'imponente impresa in dodici volumi sulla Galleria degli Uffizi, la Reale Galleria di Firenze illustrata, coordinata da Pietro Benvenuti direttore dell'Accademia di belle arti, e stampata dalla Società G. Molini, Landi & Co. fra il 1817 e il 1833. L'opera (630 tavole), caratterizzata dalla novità dell'incisione a contorno in tavole da 24 cm, e destinata a un ampio pubblico di specialisti, fu una delle prime impegnative imprese in cui venne coinvolto in modo continuativo il G. come disegnatore di gran parte delle tavole incise da G.P. Lasinio.
Il suo coinvolgimento fu probabilmente dovuto allo stesso Benvenuti, con il quale il G. era forse entrato in contatto già intorno al 1811, quando disegnava il ritratto di Elisa Bonaparte Baciocchi, granduchessa di Toscana, tratto dal dipinto di Benvenuti e destinato a essere inciso da A. Nerico (Marmottan).
L'"avviso al lettore" che apre il primo volume della Reale Galleria dato alle stampe nel 1817, giustificando la scelta dell'incisione a contorno raccomandata "in special modo per correzione di disegno e per purezza di stile", dichiarava i nomi degli autori dei "giudizi sull'arte" che accompagnavano le tavole delle diverse serie della Galleria (quadri di storia, ritratti di pittori, statue, busti e bassorilievi), fra cui erano "molti capi d'opera non promulgati in avanti mercé delle stampe": quelli di A. Ramírez da Montalvo, sottodirettore delle Gallerie, di S. Ciampi, di G. Masselli, dell'antiquario regio G.B. Zannoni, e quello dello scomparso Tommaso Puccini, le cui note lasciate in margine "di un suo manoscritto compendio delle Vite del Vasari" servirono agli estensori dei testi critici (Reale Galleria di Firenze, I, 1817, pp. 11 s., 14).
Nell'Elenco dei sigg. associati ai primi dieci volumi, per i fiorentini, accanto ai nomi del senatore G. Degli Alessandri, P. Benvenuti professore di figura, G.P. Vieusseux, Antonio Niccolini direttore del Regio Istituto di belle arti e dell'incisore G.P. Lasinio, compare fra i sottoscrittori anche quello di "Gozzini sig. Vincenzo, disegnatore" (ibid., p. 16).
Nel 1819 il nome del G. comparve nel titolo dell'edizione dei Monumenti sepolcrali della Toscana (47 tavole), incisi ancora da Lasinio sotto la direzione di Benvenuti e di Luigi De Cambray Digny.
Nel post scriptum, lo stampatore Giuseppe Gonnelli, dedicando la collezione tematica alle "Glorie della Nazione" e al "Principato delle arti" toscane "dall'infanzia della scultura […] fino al secolo di Canova", rimandava per la scelta della sua edizione al giudizio di Leopoldo Cicognara, "che ci fu liberale di preziose notizie".
Fra le tavole, oltre alle riproduzioni in presa dal vero di sarcofagi romani, consunti dal tempo e coperti qua e là da ciuffi d'erba (tav. I), e dei monumenti a Vittorio Alfieri di Antonio Canova e a Michele Skotnicki di Stefano Ricci (tavv. VIII e IX), spiccano quelle in formato doppio del Monumento di s. Zanobi di Lorenzo Ghiberti (tavv. XIX e XX). L'impresa editoriale rifletteva il clima culturale che, nel recupero della memoria dei fiorentini illustri, vedeva il segretario dell'Accademia di belle arti G.B. Niccolini dare alle stampe nel 1816 l'Elogio di Andrea Orcagna, in polemica con "i disprezzatori delle patrie antichità" (pp. III s.), e Gonnelli rammentare, in occasione della distribuzione dei premi accademici del 1822, l'"ingrata dimenticanza" toccata a Ghiberti (Elogio di Lorenzo Ghiberti, Firenze 1822, p. 3). La presenza del G. come interprete e traduttore di queste istanze culturali trova conferma anche nella sua frequentazione dei circoli artistici fiorentini. Il suo nome appare per esempio citato nell'elenco di coloro che contribuirono "all'opera generosa di onorare la memoria di Francesco Sabatelli" (F.D. Guerrazzi, Orazione in morte di Francesco Sabatelli pittore, Livorno 1829).
Successivamente il G. fu coinvolto nell'impresa editoriale bilingue (italiano e francese) per i torchi di Molini e compagni all'Insegna di Dante, dedicata all'illustrazione delle Tre porte del battistero di S. Giovanni di Firenze. Il volume, costituito di 46 tavole firmate dal G. e incise da Lasinio, fu edito nel 1821.
Se il nome del G. appare dunque assiduamente associato a quell'opera di divulgazione della cultura toscana, incentrata sul recupero e la rivalutazione delle memorie storiche, patrocinata da Rosini, Puccini e, in quegli anni, da Niccolini, non fu però unicamente alla scoperta dei "primitivi" toscani che il G. prestò la sua matita. Il suo tratto versatile, piegandosi tanto alle durezze del gotico che alla resa chiaroscurale della pittura del Seicento, sempre tradotta a contorno con lievi tratteggi, dovette farsi apprezzare dai contemporanei già dal primo volume della Reale Galleria di Firenze. Il G. firmò infatti, sempre in compagnia di Lasinio, e apparendo anche in questo caso nel titolo, le 12 tavole della Galleria Riccardiana dipinta da Luca Giordano, commissionata dal marchese Francesco Riccardi Vernaccia, diretta da Pietro Benvenuti e pubblicata per i tipi di Guglielmo Piatti nel 1822.
La sicura conoscenza prospettica e il tratto analitico al limite dell'oggettività propria del rilievo topografico, parte integrante del professionismo di mestiere, furono applicati dal G. anche al di fuori della stampa di traduzione. Ne è prova la veduta di S. Maria a Soffiano conservata nel Museo storico topografico di Firenze.
L'attività del G. è documentata anche per singole stampe di traduzione, fra cui quella di P. Bettelini, protetto di Canova, che incise il dipinto di C. Allori Mater amabilis disegnato dal Gozzini.
Nello stesso anno di uscita dei Monumenti sepolcrali, il G. firmava il disegno per l'incisione di P. Toschi e A. Isac dal Ritratto di Vittorio Alfieri di F.-X. Fabre, che sarebbe apparsa nell'antiporta degli scritti di Alfieri (Parma, Galleria nazionale; Ricci): episodio non isolato della produzione del G. nel genere ritrattistico, che lo vide collaborare in operazioni analoghe con il bresciano F. Anderloni - Ritratto di Maria Luisa d'Austria - e con G. Garavaglia - Ritratto di Maria Teresa di Toscana - nel 1823.
Collaboratore dei maggiori interpreti della stampa di traduzione dei primi decenni del XIX secolo, il nome del G. è citato dai contemporanei anche accanto a quello di Raffaello Morghen, professore all'Accademia di Firenze dal 1807, in particolare a proposito della Maddalena di Carlo Dolci uscita dal bulino di Morghen nel 1823 "di cui fece un bellissimo disegno", come ricordava N. Palmerini nel 1824.
La data e il luogo di morte del G. non sono noti.
Fonti e Bibl.: N. Palmerini, Catalogo delle opere d'intaglio del cav. Raffaello Morghen, Firenze 1824, p. 103; C. Ricci, La R. Galleria di Parma, Parma 1896, p. 281; P. Marmottan, Les arts en Toscane sous Napoléon, Paris 1901, p. 154; F. Mazzocca, L'illustrazione romantica, in Storia dell'arte italiana, IX, 2, Torino 1981, p. 378; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 465; A.M. Comanducci, Diz. illustrato dei pittori, disegnatori e incisori italiani moderni e contemporanei, III, Milano 1972, pp. 1525 s. (con bibl.); E. Bénézit, Dictionnaire des peintres, sculpteurs, dessinateurs et graveurs, a cura di J. Busse, VI, Paris 1999, p. 348.