GIACCARI (Giaccaro, Zaccari), Vincenzo (Vincenzo da Lugo)
Nacque a Lugo, nella Romagna estense; entrò poi nel convento dell'Ordine dei predicatori di regolare osservanza della città natia, fondato nel 1492. In una lettera del cardinal Gaetano (Tommaso De Vio), allora maestro generale dell'Ordine, del 6 marzo 1509, concernente il diritto perpetuo alla questua nella cittadina di Lugo, il G. viene menzionato come "magister". L'anno della sua nascita va quindi anticipato perlomeno al 1490 circa, rispetto all'indicazione approssimativa del 1500, rilevabile in alcune fonti contemporanee.
Non si hanno altre notizie intorno alla sua vita fino al 1531, quando il G. si recò a Verona, dove dimorò almeno sino alla primavera dell'anno successivo, predicando nelle ricorrenze di Ognissanti e dei defunti del 1531, nonché nel periodo della quaresima del 1532. A questo soggiorno risale il trattato De purgatorio animarum post mortem ac de suffragiis, dedicato al vescovo di Verona G.M. Giberti, in data 18 nov. 1531, prima testimonianza delle intenzioni apologetiche del Giaccari.
Nella dedica, egli dichiara di voler combattere gli errori di Lutero sia nelle prediche sia con opere scritte. Il G. ribadisce l'importanza del concetto di un luogo di purificazione dell'anima umana dopo la morte, respingendo ogni detrazione dell'effettivo significato delle preghiere e delle opere pie fatte dai vivi per le anime dei defunti (De purgatorio…, in Opuscula adversus Lutheranam impietatem, Venetiis, in officina Lucaeantonii Iuntae, 1537, cc. 94r s., 103v s.).
Sin dall'inizio, la militanza apologetica del G. non fu circoscritta ad asserzioni teoriche dal pulpito, ma trovò altresì concreta applicazione nell'impegno per un miglioramento della sorte dei poveri, anzitutto nella lotta contro l'usura. Nell'opuscolo In contractus livellarios, vel usus, seu affictus, licenziato l'11 maggio 1532 a Verona, il G., esponendo un caso di contratto a termine, che prevedeva l'ipoteca di un immobile con l'interesse del 5-6 %, riscattabile entro una decina di anni, contrappone al quesito dell'ineccepibilità giuridica di un caso simile la questione di coscienza, se cioè sia moralmente giustificato, e si scaglia contro questo tipo di lucro, che bisognerebbe pur sempre chiamare usura (In contractus…, in Opuscula nunc primo edita, Venetiis, in off. L. Iuntae, 1538, cc. 2r-26r). Di argomento affine, nella medesima raccolta (cc. 26r-42r), è l'opuscolo Tractatus de venditione rerum fructuosarum ad terminum.
Su invito dell'umanista ferrarese Celio Calcagnini, il G. entrò nel cuore della controversia antiprotestante con il Libellus de libero arbitrio, deque gratia, praescientia et praedestinatione Dei, che dedicò a Ercole II, duca di Ferrara, succeduto nel 1534 al padre Alfonso I. Ercole II era cattolico ortodosso, a differenza di sua moglie, Renata di Francia, che per un certo periodo avrebbe ospitato lo stesso Calvino.
Il G. prende le mosse da considerazioni sulle conseguenze del servo arbitrio sul piano etico, che, riponendo l'origine del male e la causa di ogni agire umano in Dio, depriverebbe l'uomo della propria responsabilità morale. Contro Lutero, che considerava la volontà umana intrinsecamente incline al male senza il concorso della grazia divina, egli fa valere appieno l'argomento secondo cui l'uomo è in grado di compiere buone azioni, pur necessitando del concorso della grazia per poter giungere a una vita eterna. Il G. respinge esplicitamente la dottrina della doppia predestinazione supralapsarica di stampo calvinista, optando invece per un concetto di predestinazione post praevisa merita (Libellus de libero arbitrio…, in Opuscula adversus Lutheranam impietatem, cc. 50v s., 53v s., 61r s., 72r s., 79r s.).
Nel 1535 apparve a Venezia presso L. Giunti l'opera maggiore del G., l'Enchiridio christiano qual è specchio della sincera vita christiana, che vide tre ristampe durante il Cinquecento (Milano 1537; Venezia 1538, 1570), dalla terza edizione in poi con l'aggiunta di una Esposizione del Pater noster e di un Breve ma necessario trattato del Santo Monte della pietà. L'Esposizione fu riedita da sola, a Lugo nel 1827, da L.C. Ferrucci, al quale si deve anche la riedizione dell'Enchiridio completa delle due aggiunte suddette (Specchio della vita cristiana, Firenze 1844).
L'opera - uno dei primi scritti controversistici in volgare, il cui titolo richiama lo Specchio di croce di D. Cavalca e lo Specchio di vera penitenza di I. Passavanti -, è divisa in due libri; il primo è prevalentemente dedicato a questioni teologico-dogmatiche, il secondo concerne soprattutto il retto comportamento morale nella vita civile. Filo conduttore è l'esortazione all'ubbidienza nei confronti del magistero cattolico: non sarebbe lecito che "indotti cristiani e secolari" discutano della fede, anzi, viene invocata una "fedele ignoranza", preferibile alla "temeraria e superba scienza" (ed. 1844, l. I, cap. IV, pp. 72 s.). La rilevanza dell'opera, di stile moderato e pacato, va individuata nei precisi riferimenti alle dottrine avverse, che vengono puntualmente confutate: il concetto di predestinazione (cap. IX) così come la negazione del purgatorio (cap. V), del significato delle opere buone (cap. IV), della necessità della confessione auricolare (cap. XI) e degli articoli sacramentali (cap. V). Lo sfondo spiritualistico dell'opera trova espressione nell'idea di una scala dello spirito, che - attraverso i quattro gradi della lettura della Bibbia, dell'impegno per conoscere Dio, dell'orazione e della contemplazione - condurrebbe l'uomo a riformare se stesso, per giungere al puro stato evangelico (cap. XIII, pp. 140 s.).
Malgrado l'evidente obiettivo apologetico del G., lo Specchio poteva essere letto come un vademecum delle dottrine ereticali - quantunque nel contesto di un'illustrazione dei canoni cattolici -, la cui divulgazione non era vista di buon occhio dalla Chiesa. Forse per questo motivo la ristampa milanese del 1537, in calce al frontespizio, recava l'ingiunzione di non ripubblicare l'opera nei seguenti tre anni, pena il pagamento di 100 scudi (Ferrucci, p. 197).
Dal 1535 al 1536 il G. risiedette a Bergamo; vi compose la Quesitio si clericus in minoribus constitutus, matrimonio iunctus, possit retinere pensionem, quam antea super beneficio habebat, dedicata a N. Assonica, prevosto di S. Alessandro Maggiore a Bergamo (in Opuscula nunc primo edita, cc. 42r-50r), e il De comparatione authoritatis delegatae, praesertim in causa haeresis, ad authoritatem ordinariam (ibid., cc. 50r-67r), in cui il G. si riferisce a una causa per eresia discussa a Bergamo nel 1535. Nel 1537, a Venezia, il G. dedicò a papa Paolo III il Tractatus de necessitate confessionis vocalis peccatorum, che, insieme con il Libellus de libero arbitrio, il De purgatorio e la Responsio ad tria quaesita del marzo 1536, diretta a Giovanni, curato di Andenna, nella diocesi di Bergamo, confluì negli Opuscula adversus Lutheranam impietatem, apparsi nel dicembre 1537. Gli Opuscula nunc primo edita, pubblicati nel gennaio 1538, raccolsero invece gli scritti giuridici. Di questi, i trattati In contractus livellarios e De venditione furono successivamente incorporati nelle Variae responsiones casuum conscientiae di L. Beja (Venetiis 1600), nella seconda edizione (Ulyssipone 1610) omettendo il nome del Giaccari. Il G. fu inoltre editore della Tabula seu Index… omnium sententiarum divi Thomae Aquinatis del teologo Pietro da Bergamo (Venezia 1539) e di un commento di s. Tommaso alla Metafisica di Aristotele (Metaphysica Aristoteleis… Thoma Aquinate… interprete, Venetiis 1540).
Numerose fonti dell'epoca pongono l'anno di morte del G. intorno al 1540, peraltro non documentato. È tuttavia probabile che il "reverendo padre Vincenzo da Lugo", maestro provinciale dell'Ordine per la provincia greca (cioè Calabria e Puglia), menzionato negli atti dei capitoli generali del 1564, 1569 e 1571, sia da identificare con il Giaccari. Nel Cinquecento furono fondati numerosi conventi domenicani, ed è più che possibile che al G. venissero affidati altri compiti nell'Italia meridionale, cosa che spiegherebbe la mancanza di notizie sul suo conto nel Ferrarese dopo il 1540.
Fonti e Bibl.: L. Alberti, Descrittione di tutta l'Italia, Venetia 1581, c. 318v; P. Merula, Italiae specialis… descriptio, Amsterodami 1636, p. 846; A. Rovetta, Bibliotheca chronologica illustrium virorum provinciae Lombardiae, Bononiae 1691, p. 127; J. Quetif - J. Echard, Scriptores Ordinis praedicatorum, II, Lutetiae Parisiorum 1721, p. 109; G. Bonoli, Storia di Lugo, Faenza 1732, pp. 554, 558; A. Ercolani, Biografie e ritratti di uomini illustri romagnuoli, IV, Forlì 1839, pp. 5-12; L.C. Ferrucci, Intorno le opere di fr. V. G. da Lugo, in Giornale arcadico, XXXV (1827), pp. 183-199; Monumenta Ordinis fratrum praedicatorum, X, Romae 1901, pp. 69, 85, 118; XVII, ibid. 1935, p. 83; F. Lauchert, Die italienischen literarischen Gegner Luthers, Freiburg 1912, pp. 411-423; A. Walz, Compendium historiae Ordinis praedicatorum, Romae 1948, pp. 445, 479; A. Lazzari, Difensori e propugnatori dell'ortodossia cattolica a Ferrara, in L'Ulivo, XXV (1949), pp. 61-67; P.R. Horne, Reformation and Counter-Reformation at Ferrara, in Italian Studies, XIII (1958), pp. 65 s.; P. Camerini, Annali dei Giunti. Venezia, Firenze 1962-63, I, pp. 280, 313 s., 320; II, p. 459; S. Cavazza, "Luthero fidelissimo inimico de messer Jesu Christo". La polemica contro Lutero nella letteratura religiosa in volgare, in Lutero in Italia. Studi storici nel V centenario della nascita, Casale Monferrato 1983, pp. 75 s.