GALASSI, Vincenzo
Nacque a Cascia nel 1771. Dopo aver militato al servizio del re di Spagna, dove rimase per un anno e mezzo, nell'ottobre 1791 entrò nell'esercito pontificio, assumendo il grado di tenente nell'arma di cavalleria.
Ben presto si segnalò per le proprie buone attitudini militari quando, con i suoi uomini, vanificò il tentativo di fuga di circa cinquecento reclusi, che erano evasi dal carcere di Civitavecchia dopo essersi impossessati delle armi custodite nell'armeria; il G. li inseguì e, dopo un'ora di fuoco, riuscì a catturarli dopo averli disarmati. Tale successo gli valse la promozione a capitano di cavalleria e, nel 1795, la nomina a comandante del corpo dei cacciatori a cavallo.
Nel periodo napoleonico il G., come molti altri ufficiali, passò al servizio della Francia nel periodo in cui Roma fu annessa all'Impero (1809-14) e, con il grado di capo squadrone, partecipò alla campagna di Russia. Dopo la restaurazione venne reintegrato nelle milizie papali con il grado di capitano di cavalleria il 14 maggio 1814 e il successivo 7 luglio fu promosso tenente colonnello. Il reinserimento all'interno della struttura militare pontificia fu attuato con la sua assegnazione al reggimento dei dragoni, sorto il 12 maggio 1814 e del quale lo stesso G. fu tra i maggiori organizzatori. Dal luglio 1816 egli venne trasferito con il grado di colonnello al corpo dei carabinieri, da poco costituito con funzioni sia militari sia poliziesche, e posto al comando del primo reggimento.
L'esperienza che il G. si era formato presso i dragoni fu il lasciapassare per la nuova carica, cui giunse con lo specifico compito di organizzatore e di istruttore, nell'ambito di una più vasta riorganizzazione dell'armata pontificia iniziata con il rientro di Pio VII a Roma nel 1814, anche se un più profondo e rapido rinnovamento negli uomini e nelle cariche si ebbe solo a partire dal 2 luglio 1815, data del ritorno dal congresso di Vienna del segretario di Stato cardinale E. Consalvi.
Questi rientrò con la ferma intenzione di risanare e rafforzare lo Stato pontificio. L'urgenza di porre alla guida dei posti chiave della rinnovata amministrazione persone che sapessero tramutare in atti concreti il progetto riformatore indusse il Consalvi a rivolgersi prevalentemente verso uomini che avevano acquisito esperienza di governo nella passata gestione francese. In particolare ai posti di comando delle riorganizzate armate pontificie furono collocati ufficiali superiori e subalterni quasi tutti provenienti dall'esercito napoleonico.
La posizione del G. era comunque particolare, considerando il ruolo sia politico sia militare che aveva il reggimento da lui comandato. I pericoli maggiori da fronteggiare erano il brigantaggio e l'azione delle società segrete, per la cui repressione era fondamentale disporre di un corpo militare e di polizia politica efficiente. In ottemperanza a questi principî, il G. mostrò un'opposizione decisa di fronte ai movimenti settari, agendo con decisione e durezza, mentre attuò una tattica certamente più moderata verso tutti quei soldati che, avendo in precedenza militato nelle armate francesi, chiedevano il reintegro nell'esercito pontificio. Proprio al G. fu assegnato il compito di vagliare queste domande, di preparare le schede informative relative ai richiedenti e di inviarle al governatore di Roma, T. Pacca, non prima di averle arricchite del proprio giudizio sulle persone, sulle loro idee e sulla loro affidabilità. In tal modo il G. favorì l'arruolamento di un ragguardevole numero di soldati da lui considerati affidabili, con una precedente esperienza di servizio nelle armate imperiali francesi. Le competenze territoriali affidate al G. finirono per riguardare non solo Roma, ma anche diverse altre zone, dai Castelli romani alla Marca di Ancona.
Il 1° febbr. 1818 il G. divenne generale di brigata e fu assegnato allo Stato maggiore generale delle truppe di linea; nel 1819 passò alle truppe delle Finanze, per giungere infine al corpo dello stato maggiore generale. La sua carriera militare fu brillante, per il grado e la posizione che raggiunse, fino a quando il Consalvi rimase segretario di Stato. Con la caduta di questo (2 sett. 1823), a seguito della morte di Pio VII, il G. finì per occupare ancora posizioni di rilievo, sebbene non più di primo piano. La sua zona d'azione fu spostata a Viterbo e provincia. In questo territorio poté ancora distinguersi nel 1831, contribuendo attivamente alla sconfitta delle truppe rivoluzionarie guidate dal generale G. Sercognani, da lui battuto una prima volta il 17 marzo a San Lorenzo alle Grotte, sconfitto ancora, risospinto oltre il Tevere e disperso il 21 dello stesso mese presso Castiglione in Teverina. Il 1° genn. 1833 il generale G. fu posto in quiescenza, dedicandosi agli studi e alle ricerche sul mondo etrusco che già da tempo aveva intrapresi.
Interessante e fortunata fu la scoperta che fece nell'aprile 1836 di alcuni monumenti sepolcrali, ricchi di oggetti preziosi, nei pressi dell'antica città di Cere. Del rinvenimento e dell'importanza del materiale riportato alla luce parlarono con interesse architetti e studiosi del periodo, confermando il valore della scoperta.
Il G. morì a Roma il 29 febbr. 1848.
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