FOPPA, Vincenzo
Pittore, nato a Brescia tra il 1427 e il 1430, morto ivi fra il 3 maggio 1515 e il 16 ottobre 1516. Numerosi documenti ricordano la sua attività. Nel 1456 firma la tavoletta della Crocefissione nell'Accademia Carrara di Bergamo; poi si trova a Pavia. Nel 1461 è a Genova per dipingere, nella cappella di S. Giovanni in Duomo, affreschi poi scomparsi, che furono compiuti soltanto nel 1478. Nel'62 è a Pavia, lavora per le chiese del Carmine e di S. Tommaso; ma nulla resta di queste sue opere giovanili. Ugualmente sono sparite le ancone che il F., con suoi collaboratori, eseguiva fra il 1474 e il 176 per la cappella del castello, sempre a Pavia , e fra il'97 e '99 per la chiesa di S. Maria Gualtieri. Chiamato da Francesco Sforza a Milano (1462-1463), è probabile che allora dipingesse nel Banco Mediceo l'affresco della Giustizia di Traiano. Di Pavia fece sua dimora principale sino al 1490. Se ne assentava spesso per lavorare a Milano, a Brescia, a Bergamo, e specialmente a Genova, dove, tra altro, eseguì un polittico per la cappella Spinola in San Domenico. Nell'estate del 1490 si trasferì a Brescia, dove dipinse per la chiesa di S. Maria del Carmine e dove fu sepolto nella chiesa di San Barnaba.
Le sue opere firmate, oltre alla Crocefissione di Bergamo, sono: un San Gerolamo nella stessa galleria; la pala, del 1490, in S. Maria di Castello a Savona: la Pietà nel museo di Berlino; un'Adorazione del Bambino della raccolta Lefèvre a Versailles. Sulla base stilistica di queste o sui documenti si possono ancora assegnare al F. le seguenti opere, tra le principali: un polittico al Museo civico di Savona; la Madonnina del giardino già del Noseda, ora nella raccolta Berenson a Firenze; la Madonna col Bambino e due tavole di Santi, della raccolta Trivulzio, a Milano; la Madonnina Ginoulhiac-Frizzoni, ora presso il conte Contini a Roma; il polittico, già nella chiesa di Santa Maria delle Grazie di Bergamo, ora a Brera; l'affresco col Martirio di San Sebastiano e quello della Madonna, del 1485, provenienti dalla demolita chiesa di Santa Maria di Brera, nella stessa pinacoteca. Una tavola, raffigurante lo stesso martirio di San Sebastiano, si conserva al Museo del Castello Sforzesco in Milano.
Poco è rimasto dei grandi affreschi commessi al pittore, e una di queste creazioni, tra le sue maggiori, fu ingiustamente cancellata dal novero delle opere del F: gli affreschi con le storie di San Pietro Martire nella cappella Portinari in Sant'Eustorgio in Milano. Il sacello, eretto da Pigello Portinari nel 1462 e finito nel 1468, certamente anche nella sua decorazione pittorica, costituisce il capolavoro della pittura lombarda quattrocentesca, nel quale si fondono le conquiste formali e prospettiche toscane con un senso naturalistico prettamente lombardo, segnando un improvviso e notevolissimo progresso nella tradizione pittorica locale, arretrata.
Se nelle prime opere, quali la Crocefissione o il San Gerolamo di Bergamo, il F. dimostrava il suo attaccamento alla scuola locale bresciana, derivando i suoi modi ancora da Iacopo Bellini o dal Pisanello, negli affreschi della cappella Portinari è già signore di tutti i nuovi mezzi dell'espressione pittorica, venuti a sua conoscenza certamente attraverso opere monumentali del Mantegna, come è dimostrato soprattutto dal Martino di San Sebastiano a Brera e al Castello Sforzesco. E certo va attribuito a quel possesso dei concetti del Rinascimento il Trattato di prospettiva che secondo il Lomazzo avrebbe scritto il F. Forse aveva anche influito sull'artista la venuta del Bramante in Lombardia.
Seppe peraltro il F. sintetizzare nella sua robusta tempra le varie influenze; onde ebbe uno stile maschio e monumentale; il disegno preciso e tagliente, il senso plastico marcato, l'amore dello scorcio prospettico. Il forte contrasto di luce e ombra di alcune sue pitture, che manca negli affreschi, è da attribuire con ogni probabilita alla particolare preparazione oscura delle tavole. L'arte del F. dominò incontrastata la seconda metà del Quattrocento lombardo, sino alla venuta di Leonardo a Milano. Furono suoi scolari il Bergognone, Ambrogio Bevilacqua, Vincenzo Civerchio di Brescia. Sotto il suo influsso operarono il Butinone e lo Zenale e altri minori. I documenti menzionano quale suo aiuto il nipote Paolo Caylina, di cui però non si conoscono opere autografe; e tra i suoi collaboratori, principalmente Bonifacio Bembo, Zanetto Bugatti, Costantino da Vaprio e Giacomo Vismara. A Savona collaborò con lui Lodovico Brea di Nizza. (V. tavv. CXLIII e CXLIV).
Bibl.: Fondamentale è per il F. la monografia di J. Foulkes e Majocchi, V. F., Londra 1909, ricca di documenti, ma non in tutto attendibile per la parte di stilistica (vedi le recensioni di G. Frizzoni, in L'Arte, XII, 1909, p. 249-60; di F. Malaguzzi-Valeri,in Rass. d'arte, IX, 1909, pp. 84-88; di W. Suida, in Monatsh. f. Kunstw., II, 1909, pp. 477-84); P. Toesca, Pittura e miniatura in Lombardia, Milano 1912, p. 567 segg.; G. Pauli, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XII, Lipsia 1916 (con bibl.); W. Suida, Two unknown Pictures by V. F., in The Burl. Mag., XLV (1924), pp. 210-15; R. Henniker-Heaton, Unpublished Picture by V. F., in Art in America, XIII (1925), pp. 196-99; R. Longhi, in Pinacotheca, I (1928-29), pp. 259-71; B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance, Oxford 1932.