FAVA, Vincenzo
Nacque probabilmente a Bologna verso la fine del sec. XVI da una nobile ed antica famiglia, le cui memorie risalgono all'inizio del sec. XIII.
L'unica data certa, su cui si fonda l'intera biografia del F., è il bimestre settembre-ottobre 1605, anno in cui fece parte degli Anziani della città di Bologna insieme con il confaloniere G. G. Grati. Quel poco che si conosce della sua vita lo si può ricavare da un'attenta lettura di una sua opera conosciuta, pubblicata dal conte Valerio Zani ne Il genio vagante (Parma 1691, I, pp. 263-305): "Estratto dal libro manuscritto de viaggi del sig. Vincenzo Fava cavaliere bolognese, fatti negli anni 1615 & 1616 e primieramente nell'Africa, e nel Gran Cajro, indi in Damasco, & Aleppo". Da questa intestazione si desume che fu cittadino bolognese e cavaliere: peraltro non si conosce né l'ordine cavalleresco di appartenenza né l'anno di nomina, che dovrebbe essere posteriore al 1616, in quanto il F. non è citato nell'elenco de Li cavalieri bolognesi (Bologna 1616), redatto dall'Alidosi fino a quell'anno.
Il viaggio si svolse tra il 4 ag. 1615, giorno in cui il F. sbarcò ad Alessandria, e una data imprecisata dell'anno 1616, quando, dopo aver visitato Rosetta, Bulaq (odierno quartiere del Cairo), Il Cairo e Damasco, concluse le proprie avventure ad Aleppo. Le pagine che lo descrivono hanno il pregio di basarsi sull'osservazione diretta di una civiltà molto diversa da quella conosciuta dal Fava. Suggestionato dalla ricchezza e magnificenza dell'Impero ottomano, egli concentra la sua attenzione su tutto ciò che nell'immediato lo colpisce: ammira paesaggi naturali ed opere architettoniche; è attento agli usi, ai costumi ed allo svolgimento dei traffici nei bazar delle città. Gli evidenti limiti della sua personalità lo inducono ad essere semplicisticamente attratto da quell'illusoria ed apparente vitalità e novità delle città d'Oriente, che avevano un numero di abitanti superiore di due o tre volte quello delle capitali europee. E ciò nonostante che la popolazione fosse colpita da epidemie più o meno endemiche e non soggetta, neanche nelle città portuali, ad alcun controllo sanitario. Nel confronto tra la realtà effettuale della propria città e quella dei paesi che visita, si rintraccia talvolta una rivalutazione implicita della civiltà orientale e, nel contempo, una presa di coscienza dello stato di isolamento e staticità della cultura italiana. Il F. rileva con particolare attenzione i dati geografici delle regioni visitate, senza peraltro sottoporli ad alcuna analisi scientifica. Mostra, invece, interesse per tutto ciò che ha attinenza con l'agricoltura e la zootecnia, con particolare riguardo alle tecniche di caccia e di pesca, al fenomeno - descritto anche nelle feste tradizionali - delle inondazioni del Nilo, in rapporto alla produzione agricola e all'allevamento del bestiame. I continui richiami alla satralità della Bibbia, le osservazioni di interesse prevalentemente socio-politico, i molteplici riferimenti storici - che non facilitano una prosa scorrevole - permettono di rilevare una formazione culturale dell'autore caratteristica di un determinato ceto sociale, quale quello nobiliare.
Le condizioni in cui il F. maturò questo viaggio ed una attenta analisi dell'opera mostrano che egli, nell'intraprenderlo, era animato dal desiderio di visitare regioni sconosciute per appagare la propria curiosità ed il proprio spirito di avventura. Affrontò il viaggio in età matura, essendo stato nel 1605 degli Anziani di Bologna, e per di più senza una persona che, almeno inizialmente, lo potesse guidare o quantomeno introdurre nella società dei paesi che si era promesso di visitare. Giunse ad Alessandria con un compagno non ben definito, che scompare nel corso della narrazione, e durante il viaggio per mare conobbe il nobile veneto Benedetto Zorzi, che lo accompagnò fino alla visita alle piramidi e che ritrovò poi ad Aleppo.
Questo vincolo di amicizia, che nel corso del viaggio sembra rafforzarsi, è probabilmente riconducibile all'affinità di interessi e di cultura tra due persone appartenenti allo stesso ceto sociale. Da questo momento l'esperienza di viaggio del F. cambiò notevolmente in quanto l'amicizia con lo Zorzi gli assicurò appoggi e contatti presso i rappresentanti della Repubblica veneta: inizialmente lo Zorzi gli procurò sistemazioni di fortuna presso diversi mercanti veneziani fino a presentarlo al console veneto Girolamo Foscarini, che lo ricevette ed ospitò nella sua residenza di Aleppo per dieci giorni. La conoscenza diretta delle città che visita viene, più o meno intenzionalmente, ad essere filtrata dall'ospitalità ricevuta da personalità residenti in quei posti, che pure gli permette di mitigare i disagi del viaggio. D'altra parte la relazione manoscritta del F. si limita ad essere una semplice testimonianza del suo viaggio, senza tradursi in uno studio dello spirito e dei contenuti di quella civiltà. Giovanni Fantuzzi affermò che il F. fu "più che altro di professione viaggiatore", anche se si conosce solo questo viaggio ed un altro da questo intrapreso in Palestina. Antonio Masini in Scuola del cristiano cita più volte i Viaggi di Terrasanta del F., a cui nel XVIII secolo era stato erroneamente attribuito il titolo di Storia di Gerusalemme.
Un esemplare autografo del Viaggio in Terrasanta del F., che fu poi stampato a Bologna nel 1615, è oggi conservato nel Fondo Antico della Biblioteca comunale dell'Archiginnasio di Bologna (Inventari dei manoscritti delle Biblioteche d'Italia, CI, Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, a cura di M. Fanti-L. Sighinolfi, Firenze 1982, p. 33).
Si ignora l'anno della morte.
Bibl.: G. N. Pasquali Alidosi, I Signori anziani, consoli e gonfalonieri di giustizia della città di Bologna, Bologna 1670, p. 153; P. S. Dolfi, Cronologia delle famiglie nobili di Bologna.... Bologna 1670, p. 308; A. Masini, Scuola del cristiano, Venezia 1681, pp. 100, 175; P. A. Orlandi, Notizie degli scrittori bolognesi..., Bologna 1714, p. 259; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, III, Bologna 1783, p. 314; P. Amat di San Filippo, Biografie dei viaggiatori italiani..., in Studi bibliografici e biografici sulla storia della geografia d'Italia, Roma 1875, p. 238; A. Belloni, Il Seicento, in Storia letteraria d'Italia, Milano 1952, p. 460.