ERCOLANI, Vincenzo
Nacque a Perugia il 10 genn. 1517 da Francesco, appartenente ad una nobile famiglia perugina e da una Adriana, di cui non si conosce il cognome.
Si sa che, a causa di un incidente occorsogli nella fanciullezza, rischiò di morire, per cui i genitori fecero voto al taumaturgo Ferrerio che, se lo avesse salvato, avrebbero dedicato la vita del loro figliolo all'Ordine domenicano. Ristabilitosi pienamente, il giovane E. venne indirizzato agli studi letterari e umanistici che compì con successo, tanto che nel duomo di Perugia tenne un dotto ed elegante discorso di fronte ad un numeroso pubblico. All'età di ventun anni, nel 1538, lasciata la sua abitazione perugina, si ritirò nel convento domenicano di S. Marco a Firenze. Le ragioni di questa sua scelta sono ampiamente spiegate dall'E. in due lettere scritte nel 1538 rispettivamente al padre e al fratello Luca. A S. Marco l'E. fu accolto favorevolmente da frate Angelo da Diacceto, priore del convento domenicano di Pisa, che volle che il giovane prendesse l'abito nel convento di S. Domenico a Fiesole: la vestizione avvenne il 28 apr. 1538 e l'E. ebbe facoltà di conservare il proprio nome Vincenzo. Proseguì gli studi già intrapresi a Pisa, applicandosi con particolare interesse alla Sacra Scrittura e alla patristica, senza trascurare di dedicarsi alle opere di carità: in particolare, basò la sua formazione spirituale sullo studio delle opere di s. Benedetto, di fra' Girolamo Savonarola e dell'Imitazione di Cristo, attribuita a Tommaso da Kempis.
Per obbedienza ai superiori si recò poi nel convento domenicano di Viterbo, dove fu incaricato di leggere filosofia; contemporaneamente svolse un'intensa attività predicatoria, che però abbandonò ben presto, preferendo dedicarsi all'insegnamento. Tornato a Firenze, l'E. lesse metafisica nel convento di S. Marco e altrove anche Sacra Scrittura. Nel 1546 o 1547 passò a Roma dove insegnò teologia; più tardi fu destinato al convento di Montepulciano. Nel 1551 rientrò a Firenze; qui divenne priore del convento di S. Marco, riprendendo l'insegnamento della metafisica. Non è sicuro quando tornasse nuovamente a Roma: nel 1559, comunque, era priore del convento romano della Minerva. Negli anni successivi ebbe lo stesso incarico nei conventi di Prato e di Viterbo. Il soggiorno romano fu, però, il più significativo per l'E., in quanto, fra l'altro, lo pose in stretto contatto e familiarità col frate fiorentino Filippo Neri, fondatore della Congregazione dell'oratorio: fra i due, infatti, intercorse una reciproca stima e considerazione, testimoniata, ad esempio, dal fatto che il Neri si recò più volte a sentire predicare l'E., e in particolare in occasione dei commenti al salmo "Miserere mei" che teneva alla Minerva. Durante il periodo in cui fu priore alla Minerva l'E. si distinse per il salvataggio che egli fece dello stesso convento, in occasione dei tumulti scoppiati all'indomani della morte del papa Paolo IV, il 18 ag. 1559, quando fu bruciato il palazzo dell'Inquisizione, vennero distrutti gli atti dei processi contro gli eretici e furono fatte violenze contro i frati domenicani.
Il 22 apr. 1562 l'E. venne eletto provinciale per la provincia romana per tre anni. Nello stesso 1562 da parte dell'apposita commissione pontificia, composta dai cardinali G. G. Morone, B. Scotti, M. Da Mula, incaricata di pubblicare i testi dei dottori della Chiesa, fu affidato all'E. il compito di rivedere alcuni manoscritti di s. Bernardo. Ma già dal 1559 l'E. doveva essere in contatto con questa commissione se, in una lettera ai confratelli fiorentini di S. Marco, raccontava i lavori dei teologi intenti a valutare, e quindi inserire o meno nell'Indice, le opere del Savonarola.
Nel 1565 l'E. fu inviato da Roma a Perugia per accompagnare nel convento domenicano di quella città il giovane frate Michele Bonelli, nipote del grande inquisitore, cardinale Michele Ghislieri. Divenuto quest'ultimo papa l'anno successivo, col nome di Pio V, il Bonelli fu richiamato a Roma per ricevere il cappello cardinalizio; il papa affidò allora direttamente all'E., di cui apprezzava le qualità di prudenza e discrezione, il compito di riportare segretamente da Perugia a Roma il Bonelli. In quest'ultima missione l'E. fu accompagnato anche dal nipote e confratello Timoteo Bottoni, che insieme con l'E. si trovava nel 1565 a Firenze nel convento di S. Maria Novella. Qui il 30 agosto l'E. fu eletto da parte del convento tra i capitani della Compagnia di S. Pier Maggiore. Nel 1566 venne destinato, come priore, nel convento, assai piccolo e povero, di S. Romano a Lucca, al quale si dedicò con maggiore sollecitudine che verso altri conventi più importanti di cui era stato responsabile. Nello stesso anno, però, il 7 settembre, il papa Pio V lo incaricò di trasferirsi nuovamente a Firenze insieme con il francescano Antonio Stroncone per visitare e riformare le abbazie cistercensi di S. Salvatore a Settimo Fiorentino, S. Maria Maddalena di Cistello Fiorentino e S. Bartolomeo di Buonsollazzo.
Compito specifico dell'E., la cui scelta era stata dettata, oltre che dalla sua preparazione teologica e dottrinaria, anche dall'esperienza diretta nelle comunità religiose, era quello di vigilare sull'osservanza della regola e della disciplina monastica con ampi poteri, che prevedevano anche la possibilità di incarcerare eventuali monaci ribelli. I particolari di questo delicato incarico svolto dall'E. sono da lui stesso riferiti in alcune lettere di tono familiare scritte al nipote Bottoni e in due lettere indirizzate al cardinale Michele Bonelli a Roma, al quale egli era legato non solo da rapporti di ufficio, ma anche da un'antica amicizia.
L'E. si trasferì ai primi di ottobre del 1566 a Firenze, dove rimase fino al gennaio del 1567 svolgendo il proprio incarico fra molte difficoltà, data la grave situazione in cui si trovavano le comunità cistercensi attraversate allora da una profonda crisi religiosa, morale e materiale, essendosi indebitate fortemente per poter sopravvivere. Tuttavia l'E. si impegnò tenacemente nella riforma della Congregazione cistercense, riuscendo ad arrivare, con l'assenso del protettore di quell'Ordine, il cardinale Giovani Girolamo Morone, alla soluzione di unire i tre monasteri fiorentini alla Congregazione cistercense di S. Giustina. Dopo il successo di questa missione, il pontefice avrebbe voluto trattenere l'E. nella Curia romana, ma egli volle ritornare, nel febbraio del 1567, alle cure del suo convento e della sua parrocchia di S. Romano a Lucca. Tuttavia poco dopo, il 1º settembre dello stesso anno, venne eletto priore del convento di S. Maria Novella a Firenze, dove fra l'altro si dedicò all'attuazione di alcune ristrutturazioni murarie con il permesso del granduca Cosimo I de' Medici.
Poco tempo dopo venne insignito dal pontefice della laurea in sacra teologia e inviato in Germania e in Belgio come vicario generale dell'Ordine, visitatore apostolico dei conventi domenicani e inquisitore; svolse l'incarico, dotato di ampi poteri, anche per conto del generale dell'Ordine Vincenzo Giustiniani. Nel 1568 visitò i conventi del Belgio e in particolare di Bruxelles, impegnandosi fortemente affinché fossero applicati i decreti del concilio di Trento. Numerose testimonianze di questo viaggio sono contenute nelle lettere dell'E. che costituiscono un breve hodoeporicon.
Rientrato in Italia, mentre ricopriva la carica di priore del convento domenicano di Viterbo e quella di provinciale della Toscana, fu eletto da Pio V, il 14 dic. 1569, vescovo di Sarno nel Napoletano: in questa sede rimase per quattro anni, dedicandosi a numerose opere di carità. Il 3 febbr. 1571 ebbe anche l'incarico di visitatore apostolico per la Campania, con il compito di recarsi nelle varie diocesi, per controllare che venissero attuate le disposizioni del concilio tridentino circa l'obbligo della residenza dei vescovi, la regolamentazione dei benefici, la cura e il restauro delle chiese e la vigilanza sulla ripartizione delle entrate. Nel giugno dello stesso 1571 l'E. fu incaricato di accompagnare il cardinale Bonelli in una importante legazione, che questi avrebbe dovuto svolgere in Portogallo, in Spagna e in Francia insieme con alti personaggi come Francesco Borgia e Ippolito Aldobrandini, futuro papa con il nome di Clemente VIII. Nell'aprile del 1572 l'E. tornò a Roma, dove fu accolto con grande stima e considerazione per l'esito positivo di questa missione, tanto che il segretario del granduca di Firenze Cosimo I, Bartolomeo Concini, gli comunicò che era stato incaricato dallo stesso granduca di proporlo al pontefice per la nomina a cardinale. La morte repentina di Pio V, avvenuta il 10 maggio successivo, bloccò tuttavia l'iniziativa.
Il nuovo papa Gregorio XIII trasferì l'E. alla sede vescovile di Imola il 9 febb. 1573, dove succedeva al cardinale fiorentino Giovanni Aldobrandini; a Imola rimase per sei anni, cioè fino a quando lo stesso Gregorio XIII lo promosse, il 27 nov. 1579, alla sede arcivescovile di Perugia. L'E. fece l'ingresso nella nuova diocesi il 7 febb. 1580, ma rifiutò per umiltà i solenni festeggiamenti che le magistrature cittadine volevano offrirgli. A Perugia si dedicò innanzitutto al restauro e ampliamento del palazzo e della cappella vescovili. Effettuò anche numerose iniziative a favore dei poveri, disponendo in particolare che con le proprie entrate venissero pagati tutti i debiti da essi contratti con gli speziali per l'acquisto di medicine (debiti che, per altro, ammontavano a 600 scudi), e fece anche in modo che il Monte di pietà restituisse i pegni ai meno abbienti, distruggendo le relative polizze e cancellando i loro nomi dalle liste dei debitori: per quest'ultima operazione vennero pagati 800 scudi. Ma l'impegno precipuo dell'E. nella diocesi perugina fu rivolto soprattutto alla applicazione scrupolosa e convinta dei deliberati del concilio di Trento e di quanto era stato deciso per una migliore propagazione della religione cattolica. In quest'ambito si pone, ad esempio, la convocazione del sinodo diocesano, tenuto il 16 e 17 maggio 1582 a Perugia, nonché le letture pastorali rivolte ai parroci per edificarne la condotta e perché curassero la diffusione dei sacramenti (gli atti del sinodo furono stampati nel 1584 a Perugia con il titolo: Decreta et monita edita et promulgata in synodo diocoesana Perusina, Perusiae 1584).
L'E. morì a Perugia il 29 ott. 1586, all'età di sessantanove anni, lasciando in eredità la propria biblioteca al convento di S. Domenico.
Nonostante il suo desiderio di vivere e morire nel suo primo convento di Fiesole, fu sepolto con grandi onori nella chiesa di S. Domenico in Perugia, dove è tuttora visibile il suo monumento funebre. In occasione dei solenni funerali venne pronunciata da Orazio Cardaneto una commossa e affettuosa orazione, che ripercorreva le tappe essenziali della vita dell'E., mettendone soprattutto in risalto la profonda cultura religiosa, la grande umiltà personale, l'impegno tenace di servitore sia della sua Congregazione religiosa, sia delle diocesi che gli erano state affidate. Analogo cordoglio e considerazione per la personalità dell'E. furono espressi anche dal domenicano Leonardo Blanchelli in una lettera rivolta al nipote dell'E. Timoteo Bottoni ed anche in un epitaffio in cui si esprimeva il grande dolore che aveva colpito tutto il popolo perugino.
La produzione letteraria dell'E. si distingue in due settori: quello relativo agli studi filosofici e ai commenti aristotelici e quello relativo al suo impegno più strettamente pastorale e religioso. Al primo settore, ad esempio, risalgono opere lasciate manoscritte (Vermiglioli, 1829, p. 8), quali i Super Aristotelis libros praedicatorum, posteriorum physicorum, de anima, metaphysicorum, i Commentaria in dialectica Petri Hispani, i Super praedicabilia Porphyrii, De fallaciis s. Thomae, le Sententiae praedicabiles inscriptae: evitationes. In queste l'E. ha modo di manifestare la sua ampia preparazione culturale, che si colloca nella tradizione esegetica aristotelico-tomistica. Al secondo gruppo appartengono i commenti ad alcuni libri delle Scritture, soprattutto ai Salmi e a s. Luca, che riflettono le sue profonde conoscenze teologiche, e il Sermo in coena Domini; abbiamo inoltre gli scritti stampati durante il periodo dell'episcopato perugino: Diece ricordi spirituali ne' quali compendiosamente si contiene una vera et perfetta forma di vita spirituale, con due lettere spirituali del medesimo autore, Perugia 1588. Come risulta da una lettera diretta dall'E. a suor Costanza Nori del monastero di S. Lucia a Firenze, questi ricordi furono scritti per edificazione di una monaca dello stesso istituto. L'operetta contiene anche una lettera dedicatoria da parte di tre nipoti dell'E., Benedetto, Tommaso e Vitale Ercolani, alla loro sorella monaca Felice; il Rituale pro recta sacramentorum administratione ad parochos dioecesis Perusinae, Perusiae 1597, composto dall'E. per il suo clero perugino e più volte ristampato.
Particolare importanza hanno le numerose lettere dell'E. conservate manoscritte nella Biblioteca comunale di Perugia, cod. G. 68 e cod. c. 18. Tali lettere furono raccolte e trascritte dal nipote Bottoni; il cod. G. 68 fu terminato il 23 sett. 1569. Altre lettere dell'E. si trovano nel Barb. lat. 3615 della Biblioteca Vaticana. Scritte in una prosa italiana elegante, che rispecchia la profonda cultura e dottrina dell'E., le lettere sono rivolte a personaggi diversi e famosi del sec. XVI e danno importanti notizie non solo su vicende biografiche dello stesso E., ma anche su questioni e avvenimenti contemporanei.
Fonti e Bibl.: Alcuni documenti sull'E. (visita apostolica, 1571) sono stati pubblicati da L. von Pastor, Storia dei papi, VIII, Roma 1942, p. 132: si veda anche Arch. di Stato di Firenze, Conventi soppressi 102, 90, cc. 28, 31, 34. Si veda inoltre: P. Grisaldi, Decisiones Fidei catholicae, Venetiis 1581, p. 245; O. Cardaneto, Oratio habita in funere f. Vincentii Herculani episcopi Perusini, Perusiae 1586; S. Razzi, Istoria de' gli huomini illustri, Lucca 1596, pp. 121-123; C. Crispolti, Perugia augusta, Perugia 1648, pp. 278-279; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, I, Venetiis 1717, col. 1171, n. 65; L. Iacobilli, Bibliotheca Umbriae, Fulginiae 1658, p. 274; J. Quetif-J. Echard, Scriptores Ordinis praedicatorum, II, Lutetiae Parisiorum 1721, pp. 277-278; A. Mariotti, De' perugini auditori della Sacra Rota romana…, Perugia 1787, p. 88; G. B. Vermiglioli, Bibliografia storico-perugina, Perugia 1823 p. 51; Id., Biografia degli scrittori perugini, II, ibid. 1829, pp. 6-9; R. Aquarone, Vita di fra' Ieronimo Savonarola, II, Alessandria 1858, pp. 22, 46-51; P. T. Masetti, Documenta et antiquitates veteris disciplinae Ordinis praedicatorum, II, Romae 1864, pp. 58-63; L. Ponnelle-L. Bordet, St. Philippe Néri et la société romaine de son temps, Paris 1929, pp. 201-203; R. Guarnieri, Ricordi d'una visita apostolica del 1566 a cisterciensi di Toscana, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, V (1951), pp. 101-106; B. Carderi, La riforma domenicana in Abruzzo, in Memorie domenicane, n. s., XXXIV (1958), pp. 7782; Il primo processo per s. Filippo Neri, a cura di G. Incisa della Roccheta-M. Viari, con la collaborazione di C. Gasbarri, Città del Vaticano 1957-1963, ad Indices; G. v. Gulik-C. Eubel, Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, III, Monasterii 1923, pp. 213, 272, 293; P. O. Kristeller, Iter Italicum, II, ad Indicem.