SERGIO, Vincenzo Emanuele
– Nacque a Palermo nel 1740. Nulla sappiamo della sua educazione, dell’ambiente familiare, al di là dell’appartenenza al milieux dei commercianti. Molto invece dei suoi incarichi amministrativi e accademici e dei suoi scritti grazie ai numerosi materiali biografici e alle opere manoscritte conservati nella Biblioteca comunale e nell’Archivio di Stato di Palermo.
«Fabbricante» di sete, otteneva, alla metà degli anni Sessanta, insieme a un fratello, la «privativa» per dieci anni di una «fabbrica di fettucce lavorate e forate nel recente gusto di fuori Regno» (Palermo, Biblioteca comunale, Qq. H. 258: Documenti biografici...). Ma già dalla metà del decennio precedente aveva intrapreso una modesta carriera nell’amministrazione del Regno. «Scrivano» dal 1755 e dal 1757 «ufficiale maggiore soprannumerario» del tribunale del Real Patrimonio, fu, nel 1756, nominato «commissionato del regio Mastro Notaro collettore» del Magistrato supremo di commercio. In questi stessi anni si affacciava al vivace mondo delle accademie cittadine.
Nel 1762 recitava nell’Accademia del Buon Gusto una memoria «sul commercio antico e moderno della Sicilia» e, tra il 1764 e il 1767, curava le Novelle Miscellanee di Sicilia, nelle quali pubblicò due memorie del marchese Domenico Caracciolo, allora ambasciatore napoletano a Londra, sulla «introduzione delle ruote piccole da tirar le nostre sete», accompagnandole con una Memoria apologetica sopra il modo di tirar le sete dai bozzoli del filugello con piccole ruote. Intanto lavorava alla redazione di un Codice diplomatico di commercio; e di questo dette, nel 1766, un Piano al viceré Giovanni Fogliani Sforza d’Aragona che, a sua volta, lo trasmise e con grandi lodi al tribunale del Real Patrimonio.
Nel Piano Sergio si riprometteva di «compilare in un corpo tutti quei diplomi, la maggior parte inedita e facile alla dispersione, che riguardano il commercio della Sicilia: cioè tutte quelle lettere, ordinanze, statuti ed atti [...] per aumentare la popolazione, per invigorire l’agricoltura, la pastorale, la pesca, la caccia e la mineralogia; per incoraggiare e perfezionare le arti melioratrici e per regolare la navigazione, l’esterno commercio, i cambi» (Piano del codice diplomatico del commercio di Sicilia, 1768): un Piano, dunque, di chiara ispirazione genovesiana.
Studioso riconosciuto dell’economia del Regno, Sergio vide però fallire, nel 1769, l’intervento di Giovanni Agostino De Cosmi perché gli fosse affidata una cattedra di economia, agricoltura e commercio all’Università di Catania. Ma per interessamento diretto di Fogliani, nello stesso 1769, era chiamato a ‘soprintendere’ al popolamento dell’isola di Ustica, incarico che lasciava nel 1770.
In quell’anno recitava all’Accademia dei Pastori Ereini una memoria Sopra i difetti dell’educazione in rapporto all’economia politica e commercio e nell’Accademia del Buon Gusto una memoria Sulla pulizia delle pubbliche strade; nel 1771, ancora ai Pastori Ereini, una Dissertazione sopra la pubblica fede e, nel settembre del 1773, all’Accademia del Buon Gusto un Saggio politico sopra le vere cause della decadenza delle manifatture nazionali.
Sergio, dunque, fin dai suoi primi passi nel mondo culturale palermitano, partecipava – e da protagonista – di quella ripresa di attenzione alle condizioni dell’economia del Regno che aveva trovato, nel 1751, una importante testimonianza nella costituzione dell’Accademia degli Agricoltori Oretei. La crisi granaria della metà degli anni era occasione, tra anni Sessanta e Settanta, per una serrata riflessione sulle condizioni dell’isola, come testimoniano il Mémoire del conte Karl Zinzerdorf, apparso sulle Ephemerides du citoyen del 1767 e, nel 1768, il Giornale di viaggio del lucchese Giovanni Attilio Arnolfini.
Nel 1772 era nominato socio corrispondente dell’Accademia dei Georgofili di Firenze. Nel 1773 pubblicava a Palermo una nuova edizione della Memoria per servir ad un piano di ricerche fisiche ed economiche dirette al miglioramento del panificio nella Lombardia austriaca di Michele Rosa, insieme a un suo Discorso sul cattivo pane di Palermo. Con l’allontanamento del viceré Fogliani, dopo la rivolta di Palermo del 1773, perdette un importante protettore; ma altri sicuramente ne trovò, se è vero che nel 1778 era chiamato dal principe di Santa Flavia a ricoprire la carica di «castellano» della baronia di Solanto, dopo aver già ricoperto l’incarico di «governatore» dello «stato» feudale di Resuttano. Nel 1779, per incarico del Senato di Palermo, redigeva un Piano delle leggi, e regolamenti per l’istituzione di una «casa di educazione per la gente bassa». Nello stesso anno conseguiva nella nuova Accademia degli studi di Palermo la cattedra di economia civile, commercio e agricoltura o, come diceva sbrigativamente lo stesso Sergio, di «economia politica»: la prima cattedra di economia istituita in Sicilia e la quarta in Europa.
Se nel titolo che dette alle sue lezioni, Elementi economico-civili e di commercio, è evidente l’eco dell’insegnamento genovesiano, il testo delle lezioni a noi noto, in diverse versioni manoscritte, mostra chiaramente come Sergio riprendesse molta parte delle premesse teoriche e delle proposte economiche di Antonio Genovesi, mutandone però il ‘segno’ politico e culturale. Il corso, come indicava la prolusione, avrebbe dovuto svolgersi in sei parti e chiara era l’impostazione «popolazionistica» e tardomercantilistica, volta a diffondere una visione dell’economia politica come scienza sì della «ricchezza nazionale», ma in primo luogo scienza della popolazione, intenta cioè a studiare le «cause spopolatrici» e «popolatrici» e i rapporti tra le varie «classi di popolazione». Ma se Genovesi aveva, da una edizione all’altra delle sue Lezioni, accentuato il nesso tra crescita della popolazione, sviluppo della «ricchezza nazionale» e lotta all’assetto squilibrato della proprietà e degli assetti sociali del Regno, Sergio non faceva alcun riferimento all’ordinamento economico e sociale dell’isola, rivalutando anzi l’esperienza storica delle fondazioni feudali che avevano cambiato il paesaggio della Sicilia del grano tra XVI e XVII secolo. Non mancavano certo nelle sue lezioni cenni di un qualche interesse teorico, ma la proposta finale del corso, per la parte a noi pervenuta, finiva per rileggere e adattare al contesto socioeconomico dell’isola il modello della piccola coltura, che Sergio riprendeva da un celebre saggio di Jean Bertrand (Saggio nel quale si esamina quale debba essere la legislazione per incoraggire l’agricoltura..., Berna [ma Lucca] 1767).
Nel 1781, all’avvio del viceregno di Caracciolo, Sergio non ottenne l’ambita nomina a «maestro razionale del Tribunale del Real Patrimonio». Continuava comunque a intervenire nel dibattito pubblico (Memoria per la reedificazione della città di Messina, 1783) ma dovette accettare che nel 1786, nel clima politico segnato appunto dal viceré Caracciolo, dalla sua cattedra fosse ‘ritagliata’ una cattedra di agricoltura, affidata a Paolo Balsamo, che si muoveva lungo altre linee di riflessione economica. Nel 1787 Sergio s’impegnava allora nella stampa, a Palermo, del celebre Saggio politico sopra il commercio di Jean-François Melon con una dedica al marchese di Villareale «perché un tempo ci occupammo a commentarlo», del Saggio sulla legislazione di Bertrand e del Saggio di Ignazio Donaudi conte delle Mallere. Nel 1798, infine, interveniva ancora pubblicamente, opponendosi all’idea di un catasto immobiliare (Memoria o sia piano di fortificazioni litorali e di forza marittima diretto alla conservazione e sicurezza esterna del Regno). Certo è che nel 1800 su 886 iscritti alla università solo 9 seguivano il corso di economia. Nel 1802 la Deputazione che governava l’ateneo ordinava che i «regi professori» avrebbero dovuto non più dettare le lezioni, ma seguire un testo a stampa; per il corso di Sergio si riteneva indispensabile «che il regio professore proponga un qualche autore insigne e accreditato in questa facoltà per spiegarsi da lui ai studenti e riguardo alle cose proprie e particolari della Sicilia presenti suddetto regio professore alla Diputazione quei scritti che penza dare ai quei che concorrono alla sua cattedra, per meritarne, qualora avvenisse, l’approvazione». Nel 1804 la stessa Deputazione proponeva di far tacere la cattedra di economia per «l’inettitudine del proprio professore don Vincenzo Sergio, il quale essendo in età avanzata è diventato poco attivo ed inabile a dare le sue lezioni, in modo che il pubblico da lui non ne riceve alcun servigio. La Deputazione non ha lasciato più volte di avvertirlo, ma inutilmente, giacché o perché poco accetto o perché insufficiente manca la sua cattedra assolutamente di auditori» (Archivio di Stato di Palermo, Miscellanea archivistica, s. II, 447). Il luogotenente generale del Regno respinse la proposta, ma alla fine del 1804 le cattedre di Sergio e di Balsamo erano riunite a favore di quest’ultimo.
Sergio morì a Palermo nel 1810.
Nel 1814 si metteva nuovamente a concorso a Palermo la cattedra di economia civile e commercio; la vinceva Ignazio Sanfilippo, allievo di Balsamo. Negli anni Venti del XIX secolo, Domenico Scinà (1824-1827, 1969) scrisse di Sergio come di un professore «nutrito delle vecchie opinioni, uso a venerare le massime de’ baroni, da’ quali trarre allor potea sussistenza e favore» (III, p. 114): un giudizio certo riduttivo e ingeneroso, ma che coglieva con acutezza il ‘segno’ politico e ideologico della sua opera.
Opere. Piano del codice diplomatico del commercio di Sicilia, Palermo 1768 (poi in Opuscoli di Autori Siciliani, XI, Palermo 1770, pp. 313-324); Lettera sulla pulizia delle pubbliche strade di Sicilia, Palermo 1777 (anche on-line: www. bibliotecacentraleregionisiciliana.it/misc_a_941. pdf); Piano disposto per ordine dell’Ecc.mo Senato di Palermo intorno alle leggi, e regolamenti di una nuova casa di educazione per la gente bassa, Palermo 1779; Memoria per la reedificazione della città di Messina, e pel ristabilimento del suo commercio, Palermo 1789. Edizioni a stampa delle lezioni: Lezioni di Economia civile, a cura di M. Grillo, Catania 1990; Lezioni di economia civile e di commercio, a cura di L. Pulejo, Messina 1993.
Fonti e Bibl.: Per la biografia e i testi di Sergio si vedano i seguenti manoscritti della Biblioteca comunale di Palermo: Qq.H.258 (Documenti biografici e scritti vari di V. S. Sergio economista palermitano del secolo XVIII); 2.Qq.b.85 (testo di una parte delle lezioni edito a cura di M. Grillo, 1990, cit.); 2.Qq.F.98 (Memoria o sia piano di fortificazioni..., cit.); e i testi e documenti conservati in Archivio di Stato di Palermo, Miscellanea archivistica, s. II, 447. Altra versione di alcune parti delle lezioni (Corso biennale di Economia Civile, commercio ed agricoltura) è in Acireale (Catania), Biblioteca Zelantea, Ms.III.2.13.
D. Scinà, Prospetto della storia letteraria di Sicilia nel secolo decimottavo, I-III, Palermo 1824-1827, Palermo 1859, III, pp. 185-187, 420 s., Palermo 1969, p. 114; F. Brancato, V.E. S. e gli inizi del suo insegnamento pubblico, Trapani 1959; G. Giarrizzo, Appunti per la storia culturale della Sicilia settecentesca, in Rivista storica italiana, LXXIX (1967), 3, pp. 573-627; C. Dollo, Filosofia e scienza in Sicilia, Padova 1979; L. Spoto, Le cattedre di economia politica in Sicilia nel periodo 1779-1860: dal riformismo borbonico alla lotta ideologica contro il regime borbonico, in Le cattedre di economia politica in Italia, a cura di M.M. Augello et al., Milano 1988, pp. 93-137; M. Verga, La Sicilia dei grani. Gestione dei feudi e cultura economica fra Sei e Settecento, Firenze 1993, pp. 217-227; O. Cancila, Storia dell’Università di Palermo dalle origini al 1860, Roma 2006; A. Di Gregorio, V.E. S.: una versione siciliana del mercantilismo, in Mediterranea. Ricerche storiche, V (2008), 13, pp. 317-350.