DI MARTINO, Vincenzo
Nacque a Palermo il 13 nov. 1773 da Francesco, falegname, e Concetta Daniele. La maggior parte delle notizie relative alla vita ed all'attività del D. sono fornite da A. Gallo (1838). Indirizzato dal padre agli studi delle belle lettere, ebbe come maestri i religiosi padre Marvillo e padre Emmanuele Lenzi. In seguito allargò le sue conoscenze studiando le scienze matematiche sotto la guida di Giovanni Crucilla e Domenico Marabitti.
Ancora giovane si rivolse all'architettura ed ebbe come suo primo maestro nell'"arte del costruire" Cristoforo Cavallaro. Nel 1798 si trasferì a Roma dove perfezionò gli studi d'architettura grazie all'insegnamento di Vincenzo Balestra, che lo avvicinò alla comprensione degli antichi monumenti romani, anche tramite la prassi dell'esercitazione disegnativa.
Durante gli anni di permanenza romana (1798-1800) il D. partecipò ad alcuni concorsi architettonici promossi dalla Repubblica, la cui attuazione peraltro venne impedita dagli eventi politici (Gallo, 1838).
Rientrato a Palermo, fu scelto quale architetto del giardino pubblico di villa Giulia che abbellì sul lato della marina di un portico centrale a sei colonne di ordine dorico e di due portichetti gemelli, utilizzati dalle guardie, pure in stile classicistico. Per villa Giulia il D. ideò anche un simbolico sepolcreto con le urne di siciliani illustri (Ruggieri Tricoli, iggo). Sempre a Palermo progettò il giardino all'inglese del palazzo del principe di Cattolica e il prospetto di palazzo Cutò. Operò anche ad Alcamo nel Trapanese ed a Messina, dove edificò un tempietto con dodici colonne nel giardino pubblico.
L'unico intervento urbanistico del D. fu la trasformazione e adattamento di una piazza irregolare del quartiere palermitano della Conceria a piazza di mercato.
Nel 1810 fu nominato architetto di prima classe della Direzione generale di ponti e strade e da quel momento si dedicò quasi esclusivamente a tale ramo dell'architettura tecnica, "per meglio servire il pubblico e il Governo" (Gallo, 1838, f. 1226).
Costruì vari ponti sul fiume Simeto presso Catania e sul fiume Salso d'Imera, oltre a strade regie, provinciali e comunali nel Catanese e nel Messinese (ad Ali e a Sant'Alessio).
Tra la fine del terzo decennio e gli inizi del quarto al D. fu dato l'incarico di sanare i danni causati dal terremoto del marzo 1823 alla chiesa e Confraternita di S. Maria La Nuova di Palermo (cfr. Ruffino, 1985-86, pp. 30, 41 n. 37). I rettori della Confraternita, dietro approvazione del Consiglio generale degli ospizi e consulenza della Commissione di antichità e belle arti, incaricarono il D. di trasformare la facciata dell'oratorio in stile neogotico catalano per adattarla allo stile gotico-catalano della chiesa cinquecentesca.
Evidentemente la moda dei revivals storicistici era penetrata anche in Sicilia dove il ricco repertorio dell'architettura medievale, arabonormanna, e gotico-catalana, portava ad istituire un rapporto con le tradizioni culturali isolane e al tempo stesso costituiva un serbatoio di modi stilistici e compositivi. Il D., come altri architetti contemporanei, passò dalle cristallizzate forme neoclassiche a rivisitazioni più articolate del Medio Evo tenendo presenti non solo i linguaggi stilistici ma anche quegli aspetti tecnico-costruttivi ai quali aveva già rivolto particolari attenzioni.
Nel 1822 progettò il nuovo carcere di Palermo, poiché la vecchia sede della Vicaria, compressa entro il tessuto urbano non forniva più garanzie sia per coloro che erano all'interno sia per l'ambiente esterno e inoltre non era più in sintonia con il decoro di strada Toledo (Cassaro) sulla quale era prospiciente.
Il carcere di commissione regia (Ferdinando I di Borbone) fu illustrato dallo stesso progettista in una relazione con preventivo di spesa e planimetria (Memoria dell'architetto dipartimentale... Vincenzo Di Martino intorno al progetto di un nuovo carcere in Palermo, Palermo 1822). La distribuzione degli spazi e la relativa funzionalità della struttura furono influenzate dal moderno carcere di Filadelfia, opera di J. Haviland.
La tipologia a forma di panottico, detto "alla Bentham" dal nome del sistema ideato dall'inglese J. Benthani nel 1791, comprende corpi di fabbrica disposti radialmente intorno ad un nucleo centrale dal quale è possibile la vigilanza di tutto il complesso carcerario. Il D. si pose il problema del trattamento umano e igienico dei detenuti in relazione agli aspetti funzionali dell'organismo architettonico ed alle componenti ideologiche proprie del panottico. L'efficienza del suo progetto fu vagliata da architetti civili e militari fra cui Niccolò Puglia e Domenico Lo Faso.
La scelta del luogo cadde sul "piano dell'Ucciardone", una zona, come suggerì lo stesso D., adatta "perché così resterebbe sotto la protezione del Castello di mare" (Memoria..., p. 13), fortilizio a difesa delle incursioni via mare. Tuttavia il progetto del D. fu modificato in quello di N. Puglia che mutò il panottico circolare alla Bentham in un panottico a padiglioni (Fatta-Ruggieri Tricoli, 1983). Il carcere dell'Ucciardone, iniziato nel 1836, non era ancora ultimato quando il D., ammalatosi di colera, morì a Palermo il 6 luglio 1837.
Gallo (1838, f. 1234) ricorda inoltre che il D. ebbe una figlia di nome Carolina allieva del pittore Giuseppe Patania a Palermo e successivamente di V. Camuccini a Roma, morta a 18 anni, a causa del colera, l'8 luglio 1837.
Bibl.: Palermo, Biblioteca centrale della Regione siciliana: A. Gallo, Notizie intorno agli architetti siciliani e agli esteri soggiornanti in Sicilia da' tempi più antichi sino al corrente anno 1838, m s., ai segni XV-H-14, ff. 1225-1236; A. Mazzè, Le inedite "Notizie intorno agli architetti siciliani" compilate e descritte da Agostino Gallo, in Quaderni dell'Istituto di Storia dell'arte medievale e moderna - Facoltà di lettere e filosofia - Università di Messina, 1976, 2, p. 65 n. 6; G. Fatta-M. C. Ruggieri Tricoli, Palermo nell'età del ferro. Architettura, tecnica, rinnovamento, Palermo 1983, pp. 67-70; D. Ruffino, L'ospedale, la Confraternita e la chiesa di S. Maria La Nuova in Palermo, tesi di laurea, Facoltà di lettere, Univ. di Palermo, anno acc. 1985-86, pp. 30 ss., 41, 115-129; M. C. Ruggieri Tricoli, in Palermo storia e arte, Palermo 1990, p. 286.