CRUCIANI, Vincenzo
Nato ad Ancona il 9 apr. 1748 da Giovanni e Maria Scagnetti di Macerata, fu avviato ai primi rudimenti del leggere e scrivere nella parrocchia di S. Nicola e presto inoltrato in un convento di Macerata, poi nel seminario di Ancona dove ebbe maestri alcuni gesuiti, tra i quali e in primis padre Michael Amaral. Questi gli impartirono una solida lezione di taglio tomistico secondo l'impostazione generale della pedagogia tridentina, insieme a richiami di dottrina patristica, validi non solo sul terreno della cultura liturgica, onde lo stesso Amaral confermò poi l'ingegno e le grandi possibilità intellettuali del discepolo (in un doc. a sostegno di un concorso del 1775 per una parrocchia: Ancona, Arch. della curia arcivescovile).
Nel 1769 fu ordinato sacerdote a Recanati ed eletto poco dopo dal capitolo della cattedrale d'Ancona canonico soprannumerario. Ad Ancona officiò per circa dodici anni durante i quali condusse una vita alquanto incerta, segnata dalla sola memoria dei suoi concorsi del 1774 e del 1775 per la parrocchia di Numana, con un'unica destinazione precisa presso la curia di S. Giacomo.
Nel 1785 fu insediato nella parrocchia di Varano a pochi chilometri da Ancona a seguito di un nuovo concorso, gli elaborati del quale costituiscono ancora essi buona testimonianza d'una prassi vigente nella diocesi di Ancona in occasione di una vacanza parrocchiale. A Varano egli attese ben presto alla stesura del manoscritto Notizie istorico-critiche di Varano (Varano, Archivio parrocchiale, voll. 3). nel quale tracciò i profili di tutti i suoi predecessori con una rigorosa definizione dell'ambiente, utile sempre per un più scolpito concetto del territorio anconitano e dei suoi problemi. Nelle Notizie, i cuidue primi volumi furono stesi intorno al 1790-93 mentre il terzo fu scritto durante la restaurazione seguita nel '99, è già notevole l'ardimentosa polemica contro il "privilegio", portata avanti nei lavori del 1798 che poté comporre da democratico e sempre nel rispetto dell'ortodossia dottrinale come cattolico. Ortodossia che par compromettersi però nell'opera Cosasiaun curato di città paragonato ad un piovano della Diocesi (Macerata 1797). forse la più originale del C., concepita certo molti anni prima del '97 e probabilmente messa assieme nei tardi mesi del '96, dopo la firma dell'armistizio di Bologna, un evento che, se non creava negli ambienti cittadini una situazione politica nuova, acuiva indubbiamente, nell'attesa degli immancabili sviluppi, il bisogno di una espressione più libera e consapevole negli elementi più inquieti. Vi rigalleggiano idee del 1793, delle Notizie, che portavano il C. ad allinearsi ideologicamente con alcuni contenuti della democrazia francese filtrati ad Ancona col commercio dal porto.
Nelle Notizie è denunciata "la preponderanza eccedente" della padronalità aristocratica di Ancona, "di quegli aristocratici ai quali gli strepitosi esempi della Rivoluzione francese dovrebbero avere incusso anche da lungi stimoli salutari della moderazione". Nello stesso ordine di idee viene inferta una sferzata al capitolo del duomo di Ancona "abitualmente posseduto da una si alta opinione del suo rango che riguarda tutto il resto della gerarchia poco meno che con occhio di disprezzo".
Il discorso scivola poi sul tema di una incompatibilità tra il clero urbano e quello rurale, e di qui, a livello del mondo rurale, sulla vita produttiva, nel clima sereno e talora addirittura mitico di quello che è il casto e aggregante ambiente paesano. Tale rassegna può persino spiegare atteggiamenti di rivolta del C. al pensiero di un clero perduto a certi valori, corrotto e avvezzo alle concessioni di una classe dirigente sorpassata dai tempi, contro la quale suona piùaspramente il linguaggio di Cosa sia un curatodicittà. Il C. scatenava l'indignazione dell'alto clero anconetano, il quale non ammetteva una pubblicazione così pungente, estraneo com'era alla nuova cultura marchigiana di fine secolo, come quella di un C., o di un Mallio, o di un Peruzzi, tentata dalle nuove esperienze politiche.
Cosa sia un curato di città è più propriamente ispirato al democratismo di cui il cristianesimo è buon portatore, e non è certamente una produzione di circostanza poiché mette in luce una fitta trama di riferimenti storici e dottrinali che sono frutto di antica preparazione, così l'identificazione della "podestà liturgica" con la "podestà sacramentale", così l'idea che l'istituzione dei parroci derivi direttamente da Dio pur essendo l'autorità di questi soggetta alla giurisdizione episcopale. E c'è un proclamarsi del C. quasi vescovo nella parrocchia, che sembra svuotare alquanto l'idea di priorità dell'autentico vescovo e porterebbe in prossimità di un'impostazione ereticale. Vi si accoppia la fiducia nella predilezione.,divina per l'ambiente di campagna e nel disimpegno dall'ambiente cittadino, punto di riferimento primario del giansenismo: e invece da un'altra pagina risulterà il pensiero che il popolo, secondo il costume dei primi otto secoli del Cristianesimo, doveva partecipare alla pari alle operazioni quotidiane del vescovo, un pensiero che riconduce verso una forma mentis grata ai giansenisti.
È insomma, confortato da spunti di storici e di pensatori, un ben recitato primato morile della plebs, che regge su un latente rinvio a remote stagioni, quando appunto la pieve poteva fungere da struttura di base per tutta la storia futura della Chiesa e accogliere i parroci come una sorta di eroi della fede.
La polemica risultava sin troppo acre alla società anconetana, e il C. consapevolmente riparava suggellando il problema col far intendere che infine il curato di città e il pievano di campagna hanno ciascuno i propri diritti e prerogative, anche se appare, solo accennata, l'aspirazione del C. a vedere un'ecclesia unita, rimoralizzata, e in tal modo giustificata.
Nello stesso anno, il 1797, gli venne commesso dalle nuove autorità profrancesi l'incarico di giustificare la necessità del giuramento di fedeltà al nuovo corso politico e di confermarne la piena legittimità. Egli ottemperò solamente quando gli fu conferita la carica dell'edilità nel 1798, e infatti lo scritto Risoluzione del famoso caso di coscienza ... del cittadino Vincenzo Cruciani edile di Varano cantone rurale di Ancona ... vide la luce a Osimo nello stesso anno, ed è pensabile che fosse uscito di getto tanto è incalzante il ritmo dell'argomentazione. Non era semplice sfuggire alle iniziative governative per i pochi intellettuali incerti tra l'osservanza all'antico potere e la tentazione di un assorbimento nel nuovo; pertanto il C. si lasciava trasportare come altri sacerdoti della città, disponibili quanto lui a servire con la parola le nuove autorità. Né deve meravigliare se l'anno successivo egli stesso si mise nella lizza per l'acquisto dei "beni nazionali" gettando i suoi risparmi nell'acquisto di uno stabiles destinato poi a essere restituito con troppo modesto indennizzo in sede di Restaurazione.
Per il ruolo da lui assunto venne considerato quale possibile vescovo di Ancona non riuscendo limpida la condotta del titolare, il Ranuzzi, come nel caso del giuramento, accettato solo in extremis. Al proposito vanno ricordati i rapporti del C. con Pompeo Franceschi e Gaspare Viviani, esponenti del dipartimento del Metauro e autentici radicali quanto alla politica religiosa, soprattutto il Viviani, sostenitore dell'eleggibilità dei parroci e propenso a vedere appunto nel C. quel che si direbbe un possibile vescovo di Stato.
Il C. ritrattò poi le sue idee democratiche dopo la caduta di Ancona e la partenza dei Francesi, nel 1799, tentando di mettere a tacere le polemiche intorno al suo operato e argomentando quasi con fierezza di aver servito "con sincera tolleranza dell'ufficio" (Notizie istorico-critiche..., III, 4, c. 258).
Ad onta di questo lo scritto resta come la rivelazione di un modo di pensare che fa testo nella letteratura politica del tempo e pertanto figura negli studi bibliografici sul triennio giacobino. In esso emerge una pubblica professione di avversione al passato regime con punte di un estremismo che sanno di duro processo alla massima autorità della Chiesa nella sua sordità alle richieste di quiete dei popolo, e che si nutrono di un'esemplificazione pesante da libero pensatore ante litteram, avvezzo a usare la forza negativa dei propri impulsi. Vengono in campo frusti miti delle sconfitte della Chiesa volute dal cielo per punizione della di lei condotta nei confronti "dello spirito del Dio della pace", e ciò per mettere in guardia dal sovrano quando egli prevarichi, sottointendendosi per converso nell'ideale di un pontefice incline alla fratellanza e alla schiettezza l'optimum cui tendere.
Se la nostra vita di cittadini - è il pensiero del C. - non viene più garantita dal vecchio sovrano, che va tuttavia rispettato su altro terreno, è però garante l'espansione della democrazia, e non v'è alcuna ragione di opporsi al giuramento richiesto frattanto dalle autorità. Così procede anche il ragionamento sulla liceità dell'alienazione dei "beni nazionali", con venature però di tipo giusnaturalistico là dove si legge che "la conquista ha di proprio di dar nuove forme a tutto ciò che le cade in potere", che le mutazioni "succedono per diritto delle genti", e che insomma il vinto è tenuto ad accettare la nuova autorità se pure "non è obbligato ad esaminare le ragioni dell'armi".
Più difficile giudicare la condotta appartata ed anche schiva del C. durante l'Impero. Si è pensato che l'autoritarismo imperiale non lo convincesse e che taluna resistenza a qualche disposto della gerarchia dipartimentale fosse dovuta ad un segreto attaccamento alle idee di quei suoi anni ormai lontani. Un'uscita dall'uniformità di una vita fuori dai rumori della città può segnare la composizione dell'opuscolo Notizie del martire s. Cristoforo per il giovanetto Cristoforo Casali, di lontana ispirazione pariniana con accenni lockiani, che è l'ultima cosa sua e che precede di pochi anni la morte. avvenuta a Varano (Ancona) il 22 giugno 1817.
Opere: Oltre a quelle già cit. nel corso della voce: Ancona, Arch. d. curia arcivescovile, elaborati cit. del C. per concorsi a parrocchie anni 1774 ss., fogli sparsi mss.; Varano, Arch. parrocchiale: Apologetico del curato di S. Giacomo V. Cruciani contro la scrittura del curato di S. Marco Flaminio Conti da lui pubblicata in avvilimento e ruina del noto lodo sulla loro controversia (1781), ms.; Ibid., Specchio attivo e passivo de la Chiesa parrocchiale di Varano compilati nel giugno 1815..., ms.; Arch. di Stato di Ancona, Arch. comunale, b. 3073; Lettere del Cantone rurale anconitano. 1798; Sagre poesie... alla prodigiosa immagine di Maria SS., p. XX; Notizie del martire s. Cristoforo, Ancona 1810.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Ancona, Arch. comunale, b. 3294: Magistrati e funzionari pubblici. 1810; Ancona, Arch. d. parrocchia di S. Giovanni, cassetta 54; V. E. Giuntella, Bibliografia della Repubblica romana del 1798-1799, Roma 1957, p. 85; W. Angelini, Note sulla vendite dei beni nazionali ad Ancona dal nov. 1797al maggio 1798, in Studia picena, XXXI (1963), p. 8; Id., V. C. un "cattolico democratico" di Ancona, in Studi urbinati, n. s., L (1966), 1, pp. 50-114.