CIVITALI, Vincenzo
Figlio primogenito dello scultore ed architetto Nicolao di Matteo e di Lucina del Sinibaldi, nacque a Lucca ove fu battezzato il 17 idic. 1523. Il Trenta (1822) ci informa che il padre lo mandò a Roma "nel fiore della sua gioventù" e che "colà diede opera a architettura militare". Tale viaggio precoce è forse da porre in relazione col suo esilio da Lucca all'età di ventidue anni per aver aggredito l'orefice Alberto Bugassi. Fu tuttavia graziato nel 1545, dopo aver fatto supplica di poter risiedere a Pisa o in altro luogo vicino alla patria.
Benché da giovane il C. fosse avviato come orefice e pare che avesse lavorato come scultore alle dipendenze del padre, col quale avrebbe collaborato nell'esecuzione delle due cantorie marmoree in S. Paolino a Lucca, il soggiorno a Roma dovette determinare in lui un aggiornamento alla corrente aulica del manierismo romano. Ne sono riflesso le più notevoli sculture finora attribuitegli: quelle del monumento del vescovo Giovanni Guidiccioni in S. Francesco a Lucca, eseguite tra il 1541 (l'anno della morte del vescovo) e il 1546 (l'anno in cui Bartolomeo Guidiccioni, chiamato cardinale nella dedica del monumento, fu eletto vescovo di Lucca).
Secondo il Minutoli (1876) il disegno del tabernacolo classicheggiante, a timpano sorretto da colonne, spetterebbe allo stesso vescovo Giovanni; l'attribuzione al C. delle statue del defunto e del gruppo della Madonna col Bambino soprastante è del Campetti (1912) ed è più persuasiva che non il vecchio riferimento al Lorenzetto (Burckhardt, 1855) o quello più recente a Baccio da Montelupo (Belli Barsali, 1970). La tipologia del defunto giacente e rialzato su un gomito sopra un sarcofago era corrente nelle tombe romane del primo Cinquecento mentre il suo abbinamento col gruppo a tutto tondo della Madonna col Bambino richiama il monumento Ramazzotti di Alfonso Lombardi, di poco anteriore, in S. Michele in Bosco a Bologna.
Dal testamento di Bartolomeo d'Antonio Guidiccioni (Trumpy, in Martini, 1969, p. 194, n. 77) risulta che fu lo stesso committente della tomba in S. Francesco, il vescovo Bartolomeo (1469-1549), a rifare con "grossa somma di denari" l'antica dimora di famiglia il cui disegno è tradizionalmente attribuito al Civitali.
L'imponente fabbrica del palazzo Guidiccioni, oggi Archivio di Stato di Lucca, che non era ancora compiuta nel Settecento, ricorda lo schema del palazzo Farnese a Roma nella distribuzione regolare delle finestre e nell'accento posto sul portone centrale sormontato da un balcone con finestra e stemma scolpito. L'articolazione plastica è tuttavia più greve, specie nei conci sovrapposti agli stipiti scanalati delle finestre al piano nobile, di un piglio manieristico che coincide coll'impronta data all'architettura lucchese dall'Ammannati.
Nel 1555 il C. è documentato a Roma (A. Bertolotti, Artisti bolognesi... del già Stato pontificio in Roma..., Bologna 1884, p. 88) come scultore al servizio della corte papale. Gli furono commissionate dalla Camera apostolica varie statue (in marmo) di S. Pietro, compresa una statua grande alla quale lavorava l'anno seguente a Carrara. Dai pagamenti della Depositeria di Paolo IV (C. D'Onofrio, Castel Sant'Angelo, Roma 1971, pp. 232-234), fra agosto 1555 e marzo 1556, risulta che gli era stato ordinato un S. Pietro per una delle nicchie del portale di Castel Sant'Angelo, insieme progettato da S. Peruzzi in forma di arco trionfale, ma mai compiuto. Da Carrara egli delegò il 24 marzo 1556 i magnifici Andrea e Francesco Cenami a riscuotere per lui a Roma il pagamento di 50 scudi lucchesi per "certe statue di S. Pietro"; mentre del 30 marzo dello stesso anno è la convenzione fatta dallo scultore V. de' Rossi per il trasporto da Avenza al Tevere di una statua di pontefice del C. "di palmi 16 d'altezza" (G. Campori, Memorie biogr. degli scultori... nativi di Carrara, Modena 1873, pp. 304, 360).
Il C. era anche perito ingegnere militare. Il primo incarico che ebbe in tale campo risale al 1549 (Ridolfi, 1889, p. 223 n. 3), quando fu inviato a fare un sopraluogo al castello trecentesco di Nozzano, che la Repubblica di Lucca intendeva restaurare. Nel 1557 egli era stato richiamato da Roma per completare un baluardo della quarta cerchia delle mura cittadine su disegno di Baldassare Lanci: in seguito alle sue critiche del progetto il lavoro venne sospeso, ed egli se ne tornò a Roma con un compenso di 25 scudi e l'intesa che l'anno seguente avrebbe assunto l'incarico d'ingegnere della Repubblica con uno stipendio di 12 scudi mensili (Ridolfi, 1889, pp. 224 s., 237 s.). Fu eletto a tale ufficio il 17 ott. 1559 e il 20 dicembre consegnò un Ristretto... sopra la Fortificazione della città di Lucca (Arch. di Stato di Lucca) riguardante la zona del baluardo di S. Pietro, in cui biasimò il concetto del riadattamento delle vecchie mura finora seguito, proponendo una costruzione ex novo. Pur aderendo al suo parere i consiglieri interpellarono F. Paciotti, ingegnere militare della corte d'Urbino, il quale fornì un nuovo piano dell'insieme. Da allora s'incrinò il rapporto tra il C. e l'Officio delle fortificazioni, nonostante egli fosse incaricato dell'esecuzione del progetto del Paciotti. Nel 1562 fu aggregato all'ambasceria di Alessandro Buonvisi presso Emanuele Filiberto di Savoia con il compito di studiare le fortificazioni di Milano e Torino e trovò nel duca un sostenitore contro quelli che lo osteggiavano in patria (Cianelli, 1822). Ciononostante, al suo ritorno a Lucca, il C. venne accusato di aver modificato i piani del Paciotti e si dimise dall'incarico, dopo aver presentato una relazione critica e altri disegni per il baluardo di S. Maria il 4 maggio 1563 (Cianelli, 1822; Ridolfi, 1889, pp. 226 ss.). Egli continuò a seguire la vicenda delle mura con critiche corrosive finché, nel maggio 1565, il Magnifico Consiglio emanò una disposizione vietandogli "d'entrare a discutere con persona alcuna della fortificazione".
In quegli anni il C. era occupato pure da commissioni d'altro genere. Il 14 luglio 1560 i consiglieri dell'Opera del duomo deliberarono di fargli fare un grande crocefisso d'argento per l'altare maggiore. La croce, compiuta nel 1567 e pagata 300 scudi, e scomparsa (le due coperture in argento di evangeliari, del 1566 e 1567, conservate presso l'Opera del duomo, già assegnategli dal Ridolfi, 1889, p. 229, sono state restituite al Morovella: I. Bedolini-M. Bucci, Mostra d'arte sacra..., Lucca 1957, pp. 57, 62). Nel 1561 il Comune di Lucca lo incaricò di rifare l'arco grande del ponte a San Quirico sul Serchio.
Il nome del C. come autore della villa fatta costruire da Paolo Buonvisi entro le mura di Lucca a partire dal 1566 fu fatto già nel Settecento dal Martini (p. 194), il quale aggiunse che l'intenzione del committente era che l'edificio fosse "un padiglione tra il verde" anziché una dimora. Ciò spiega la compattezza volumetrica e le dimensioni contenute della villa Buonvisi, detta "al Giardino".
Essa consiste di un solo piano principale, più mezzanino sormontato da un belvedere, aperto nella facciata posteriore da un loggiato ad ordine dorico. Si può considerarla l'esemplare più perfetto di villa lucchese del Cinquecento, e rappresenta in Toscana l'equivalente di quanto il Palladio realizzava nel Veneto. Gli è pure attribuito il coevo rifacimento della facciata posteriore della villa Buonvisi, oggi Giustiniani, a Forci, dove lo schema di loggia riappare con accento più rustico ed esteso a tutta la larghezza.
Nel 1567 il C. fu eletto soprintendente della Fabbrica di S. Martino in occasione della commissione ricevuta di chiudere con prospetti marmorei la cappella del Sacramento nel duomo lucchese.
I due prospetti, l'uno verso la navata (compiuto nel 1579, quando vi furono collocati i cancelli di ferro), l'altro verso la cappella di S. Regolo a lato, sono a doppio ordine di archi trionfali, coronati da un attico a timpano spezzato reggente due figure distese in stucco.
Nel 1584 eseguì per l'altare della stessa cappella del Sacramento il ciborio ottagonale in marmi colorati, riutilizzando rilievi trecenteschi e i due angeli genuflessi provenienti dal precedente altare del nonno Matteo. Questo tabernacolo echeggia la forma di quello del Volto Santo, nella stessa chiesa, di Matteo Civitali, ma con sagoma mossa mediante lo stacco delle colonne su alto basamento e l'aggettante cornice.
In seguito ad un incendio nel 1576, il C. ricevette l'incarico di rinnovare il palazzo degli Anziani; l'anno seguente tuttavia fu scelto il progetto del fiorentino Ammannati per un edificio totalmente nuovo. Tra il 1579 e il 1583 il C. ebbe il posto di ingegnere dell'Offizio del fiume Serchio, nell'ambito del quale fece pregetti per ricondurre il torrente Pescia entro i vecchi argini (1579) e per rigovernare il fiume di Camaiore (1581); inoltre ampliò il ponte di Moriano (1581), che era stato costruito da Matteo Civitali. Del 1582 è l'incarico di rifare il sigillo pubblico e varie monete della Repubblica (Arch. di Stato di Lucca: medaglie in bronzo con S. Martino e S. Paolo), riferito dal Trenta a Vincenzo di Masseo d'Antonio (Thieme-Becker, VII, p. 28) e dal Ridolfi restituito al Civitali. Nel 1584 il C. si occupava delle fortificazioni delle dodici terre della montagna lucchese.
Il C. fu nuovamente eletto ingegnere della Repubblica il 28 nov. 1588, e riprese la progettazione delle mura, la cui costruzione era stata intanto portata avanti dal milanese Alessandro Resta. Una serie di disegni documenta le sue soluzioni per diversi baluardi nel corso del 1589 (Arch. di Stato di Lucca). Alla fine di quell'anno egli si dimise a causa di nuovi contrasti con l'Offizio, difendendo la sua probità in una lettera o Ricordo... di moltecose che ha fatto in serviziodella Repubblica di Lucca... (Ridolfi, 1889, pp. 237-245).
Di questa fase dei lavori rimane la fabbrica isolata nell'attuale piazzale Verdi, che reca la data 1590 e che dovette servire come porta della zona di S. Donato (progettata dal C. nel 1563: Belli Barsali, 1953, pp. 162, 173, fig. 2), le cui mura furono in seguito costruite con un perimetro più largo. Risale al 1589 il raddoppio della loggia del pianterreno del palazzo pretorio, su progetto e a spese dello stesso Civitali.
L'ultima opera dell'artista fu l'altare maggiore ad arco trionfale, fondato nell'aprile 1595, della chiesa di S. Maria F0risportam, al quale furono aggiunti nel Settecento la parte superiore, gli Angeli laterali, e la statua dell'Assunta. Gli vengono attribuiti (Trenta, 1822, p. 79; Belli Barsali, 1970, p. 44) anche il gruppo della Madonna col Bambino e le due statue di pantere reggenti scudi nelle nicchie della facciata della porta S. Maria, compiuta nel 1593.
Il C., rimasto celibe, morì dopo aver fatto quattro testamenti, nel giugno del 1597. Nell'inventario (tutto pubbl. in Ridolfi, 1889, pp. 233-237) dei suoi beni redatto dopo la sua morte sono elencate "settantacinque figurette, teste e pezzi di più sorte di terra e di gesso", che comprendono forse quei modelli di suo nonno Matteo che il Granucci (1574) vide in casa sua. Fu lo stesso Granucci a lodare il C., ancora vivente, come "huomo nella Architettura, et nella Scultura di acutissimo ingegno".
Fonti e Bibl.: N. Granucci, La piacevol notteet lieto giorno, Venetia 1574, pp. 101 s.; G. C. Martini, Viaggio in Toscana (1725-1745), a c. di O. Trumpy, Massa 1969, pp. 127, 129, 194; T. Trenta, Mem. intorno alla famiglia dei Civitali, in Mem. e docc. per servire all'istoria del ducato diLucca, VIII, Lucca 1822, pp. 79, 81-86; A. N. Cianelli, Mem. relative al fabbricato delle... mura,ibid., pp. 227-233; C. Frediani, Ragionamentostor. intorno ad A. Cittadella, Lucca 1834, pp. 43-45; G. Campori, Gli artisti ital. e stranieri negli Stati estensi, Modena 1855, pp. 155 s.; J. Burckhardt, Der Cicerone, Bâle 1855, p. 642; C. Minutoli, Di alcune opere di belle arti della Metropolitana di Lucca, Lucca 1876; E. Ridolfi, L'arte in Lucca, Lucca 1882, pp. 51 s., 103, 147, 236, 248; Id., I discendenti di Matteo Civitali, in Arch. stor. ital., s. 5, IV (1889), pp. 222-247; P. Campetti, Guida di Lucca, Lucca 1912, p. 103; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, XI, 2, Milano 1939, pp. 688 s.; I. Beffi Barsali, I disegni e le mappe delle mura di Lucca, in Riv. d'arte, XXVIII (1953), pp. 161-184 passim; Id., Le mura di Lucca, Lucca 1954, p. 10; P. Pierotti, Lucca,edilizia urbanistica medievale, Milano 1965, pp. 193-196; I. Belli Barsali, Guida di Lucca, Lucca 1970, ad Indicem; C. Baracchini-A. Caleca, Il duomo di Lucca, Lucca 1973, p. 138; M. Carnicelli-M. Cenzatti, Villa Buonvisi al Giardino, in La Provincia di Lucca, XIV (1974), 1, pp. 37-43; I. Belli Barsali, Catal. della Mostra delle ville lucchesi del '500, Lucca 1975, pp. 25-27, 32, 34; S. Rudolph, Appunti per V. C., in La Provincia di Lucca, XVI (1976), 2, pp. 77-85; I. Belli Barsali, Ville e committenti dello Stato di Lucca, Lucca 1980, ad Indicem; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, pp. 28 s.; Encicl. Ital., X, p. 516.