CERULLI, Vincenzo
Nacque a Teramo il 20 apr. 1859 da Serafino ed Elena Arena, da una delle più ricche famiglie d'Abruzzo; conseguì la licenza liceale a Teramo nel 1875 e si laureò a Roma in fisica nel 1881. Studiò sotto la guida dell'astronomo Lorenzo Respighi, che gli consigliò di recarsi in Germania per perfezionarsi nelle osservazioni e calcoli astronomici, e dal 1882 al 1885 frequentò gli osservatori di Berlino e di Bonn ed il Rechnen-Institut di Berlino. Durante il servizio militare ebbe il permesso di frequentare, volontario, l'osservatorio del Collegio Romano, dove poi rimase fino al 1889 dando notevoli contributi: il catalogo di milleduecentonovantuno stelle, da lui compilato insieme a E. Millosevich, ed una nota sull'orbita della cometa del luglio 1862 (Sull'orbita della cometa del luglio 1862, in Astronomische Nachrichten, CXVIII[1887], pp. 193-204). Nel 1890 il C. fece costruire a sue spese un osservatorio astronomico a Teramo e qui nel 1893 cominciò le sue osservazioni: il C. volle dare alla sua specola il nome di Collurania in omaggio alla musa dell'astronomia.
Le importanti scoperte di G. V. Schiaparelli sul pianeta Marte indussero il C. a uno studio accurato delle pubblicazioni dell'astronomo di Brera; allo studio seguirono le prime osservazioni su Marte nel 1894 in cui tutto il lavoro si ridusse a tentativi più o meno fortunati di ritrovare sul pianeta le formazioni descritte da Schiaparelli. Fu solo due anni dopo nell'opposizione del 1896 che il C. cominciò le osservazioni su Marte che furono oggetto di una prima memoria contenuta nel primo volume delle pubblicazioni dell'osservatorio di Collurania (Marte nel 1896-97, in Pubblicazioni dell'Osservatorio privato di Collurania, I [1898]). In una seconda memoria il C. discusse le nuove osservazioni che vanno dall'agosto 1898 al marzo 1899 (Nuove osservazioni di Marte [1898-99], ibid., III [1900]). In queste sue due pubblicazioni egli espose la sua teoria ottica per la quale "i particolari fisicamente distinti della superficie di Marte sono nei nostri cannocchiali irriconoscibili e solo arrivano a manifestarsi in ammassi ottici soggetti a variare secondo il grado della visione" (cfr. Marte ..., p. 5). Il C.conclude: "...le vere fatture fisiche della superficie del pianeta sono nascoste per noi. Scoprirle, o arguirle plausibilmente entro gli inviluppi rappresentati dai planisferi di Schiaparelli, ecco il compito nuovo dell'areografia... l'imagine naturale del pianeta resterà ancora per secoli allo stato di ipotesi" (pp. 156 s. della seconda memoria).
L'interpretazione ottica dei canali di Marte suscitò vive opposizioni e critiche che non cessarono neanche quando Newcomb e Schiaparelli si dichiararono d'accordo con questa teoria. All'inizio lo Schiaparelli si oppose alla teoria del C. e ci fu una lunga polemica tra i due astronomi che si concluse con la completa adesione di Schiaparelli all'interpretazione data dal C. alle apparenze della superficie di Marte. In una lettera del luglio 1907 diretta al C., lo Schiaparelli, dopo aver distinto in tre stadi, indicati con le lettere A B C, la visione delle linee semplici in tre periodi successivi di tempo, aggiunge: "Per merito suo ora noi entriamo nello stadio C, in cui la fede ingenua nella regolarità delle linee e delle loro geminazioni viene scossa e si apre la prospettiva di un nuovo stadio D, in cui quelle apparenze verranno risolute in entità di un altro ordine più minuto, formanti i veri elementi delle configurazioni di Marte... il processo può, nel progredire dell'ottica pratica, continuare per altri gradi di visione ed Ella avrà il merito di aver avanzato di un altro grado in questa scala" (questa lettera fu riportata dal C. nell'articolo dal titolo: Polemica Newcomb Lowell-Fotografie lunari, in Rivista di astronomia e scienze affini [Torino], II [1908], pp. 13-23). L'attività del C. non fu circoscritta alle osservazioni e disegni di Marte ed allo studio ed interpretazione delle apparenze della sua superficie, ma egli continuò le osservazioni dei piccoli pianeti e comete, i calcoli delle loro orbite e delle loro effemeridi di cui si era occupato fin dal principio della sua carriera scientifica. Il C. studiò le ombre e le macchie di Venere allo scopo di determinare la tanto discussa rotazione dell'astro; le sue misure parvero confermare la durata della rotazione del pianeta dedotta dallo Schiaparelli e cioè che la durata della rotazione di Venere è uguale al periodo della sua rivoluzione intorno al Sole (cfr. Le ombre di Venere, in Astronomische Nachrichten, CXXXVIII [1895], pp. 365-68).
La scoperta del piccolo pianeta Eros fatta il 13 ag. 1898 contemporaneamente a Berlino e a Nizza offriva un mezzo per giungere ad una nuova e piu precisa determinazione della parallasse del Sole mediante osservazioni ben combinate nelle opposizioni più favorevoli dell'astro. Il C. fu tra coloro che parteciparono alle osservazioni di Eros con 352 misure di ascensione retta e 172 di declinazione eseguite nel 1900 al grande equatoriale di Collurania. Le sue osservazioni furono pubblicate nella Circolare n. 12 del luglio 1900 della Conferenza astrofisica internazionale sotto il titolo: Positions équatoriales de la planète Eros obtenues à la vision directe. Il 2 ott. 1910 il C. scoprì un nuovo pianetino facendo osservazioni dall'osservatorio di Collurania con un equatoriale, con camera fotografica di Cooke, che aveva appena acquistato. A questo pianetino il C. diede il nome di Interamnia (cfr. Neue Elemente und Ephemeride des Planeten 1910 KU(= Interamnia), in Astr. Nachr., CLXXXVI [1910], pp. 387 s.). Continuando nello studio delle lastre fotografiche il C. ritrovò la cometa periodica Faye che gli astronomi ritenevano perduta (Proposta di un catalogo stellare interamente fondato sulla fotografia, in Memorie della Soc. degli spettrosc. italiani, XXXVI [1907], pp. 94-132).
Alla fotografia celeste appartengono tre importanti pubblicazioni del C., la prima delle quali contiene il metodo da lui proposto per la riduzione del Catalogo astrofisico internazionale che fu detto "metodo Cerulli". Le altre due contengono l'una Prontuari per la conversione delle coordinate rettilinee in coord. sferiche nelle zone astrografiche vaticane, in Pubblicazioni della Specola Vaticana, Appendice I (1920), e l'altra i Prontuari per la retroversione delle coordinate sferiche in coordinate rettilinee nelle zone astrografiche vaticane,ibid., Appendice II (1921).
Il C. pubblicò numerosi lavori sui Rendiconti dell'Accademia dei Lincei, di cui era socio dal 1920, sulle Memorie della Società astronomica italiana, sulle Astronomische Nachrichten, ecc. Nell'ultimo lavoro, Sull'effetto gravitazionale galattico, dimostrò che, dal punto di vista dell'astronomia dinamica e della cosmologia, l'effetto galattico nell'interno del sistema solare può essere ritenuto nullo. Altri scritti sono: La Specola Vaticana, estratto dalla Rivista di astronomia e scienze affini IV (1910), Torino 1910; Le fotografie di Marte, Torino 1911 (con tre tavole), estratto dalla Riv. di astr. e sc. affini, V (1911); Ancora sulla polodia, in Rend. d. Acc. dei Lincei, classe di scienze fisiche, s. 5, XXVI (1917), 1, pp. 587-90; Il calendario, a cura della Soc. astron. ital., Pavia 1931; Sull'effetto gravitazionale galattico, in Mem. d. Soc. astron. ital. III (1926), pp. 436-61. Le opere del C. sono state pubblicate a cura del comitato per le onoranze in occasione del centenario della nascita, Pescara 1959.
Il C. fu socio dell'Acc. pontificia delle scienze, membro della Commissione geodetica italiana, professore dell'università di Roma, presidente della Società astronomica italiana e del Comitato astronomico, vicepresidente delle due più grandi associazioni internazionali: l'Unione astronomica internazionale e l'Astronomische Gesellschaft.
Morì il 30 maggio 1927 a Merate (Como), dove si era recato per assistere all'inaugurazione del nuovo osservatorio astronomico.
Fonti e Bibl.: Necr., in Rend. d. R. Acc. d. Lincei, classe di scienze fisiche, s. 6, VII (1928), pp. III-XI; G. F. Tricomi, Matematici italiani del primo secolo dello Stato unitario, in Mem. d. Acc. d. sc. di Torino, cl. di sc. fisiche, matem. e naturali, s. 4, n. 1 (1960), p. 33.