Cerami, Vincenzo
Scrittore e sceneggiatore, nato a Roma il 2 novembre 1940. Nelle sue scritture per il cinema emerge il piacere del racconto, un forte senso della struttura narrativa, una capacità di sbozzare tipologie umane e congiunture storico-sociali, riferite spesso a un'Italia minore, nascosta nella sapidità della favola o nell'allucinazione della cronaca. La sua collaborazione con un attore-regista come Roberto Benigni, dalla comicità a un tempo fisica e fantasmatica, fin da Il piccolo diavolo (1988), ha messo in luce un suo estro inventivo, capace di tenere insieme il surreale e il paradossale con la concretezza dell'osservazione satirica e di coniugare la levità dell'umorismo con l'irruzione del tragico, come avviene in La vita è bella (1997), film per la cui sceneggiatura ha vinto, nel 1998, il David di Donatello e il Nastro d'argento e ottenuto nel 1999 una nomination all'Oscar.
Nel periodo formativo della scuola media, C. incontrò un insegnante come Pier Paolo Pasolini, e accanto a lui, in seguito, entrò in contatto con il cinema, da assistente alla regia in Comizi d'amore (1965), Uccellacci e uccellini (1966) e La terra vista dalla luna (episodio del film Le streghe, 1967). Dal mondo pasoliniano C. ha saputo assimilare una sensibilità per la 'scrittura delle cose', per la lingua della realtà, elaborata tanto nella sua attività di scrittore (Un borghese piccolo piccolo, 1976; Tutti cattivi, 1981; Ragazzo di vetro, 1983; La lepre, 1988; Fattacci, 1997) quanto nella matericità che ha saputo imprimere alla viva fantasia delle sue storie. Qualità esercitata con la scrittura di western all'italiana, tra il 1967 e il 1971. Ma fu la collaborazione con un cineasta come Sergio Citti, diretto 'erede' della lezione di Pasolini, che diede agio all'inventività di C. di potersi accordare alla cifra stralunata e insieme concreta di un cinema di poesia. Per i film di Citti, come Casotto (1977), Il minestrone (1981), Mortacci (1989), C. ha intessuto strutture circolari in cui la coralità dei personaggi e la metafora dell'unità di luogo (la cabina balneare, la strada, il cimitero) si liberano nel mosaico delle storie narrate con il puro piacere di un cantastorie. Altrove, negli stessi anni, C. aveva saputo anche rispecchiare, con crudeltà e pietà insieme, 'miserie' morali e familiari, cupi grovigli psicologici o sociali, anzitutto in Un borghese piccolo piccolo (1977), diretto da Mario Monicelli e sceneggiato dallo stesso C., un film che fece discutere, nel clima dell'Italia degli anni di piombo e della corruzione morale.
Ma anche in altre collaborazioni si è dispiegata l'abilità di C. nel sintonizzare il mondo poetico dei vari autori con il racconto del clima etico-sociale di momenti cruciali della storia italiana. Così fu per il dramma del terrorismo affrontato nel rigore morale di Colpire al cuore (1982) di Gianni Amelio o nella struttura a incastro delle storie parallele 'al femminile' di Segreti segreti (1985) di Giuseppe Bertolucci; o per I ragazzi di via Panisperna (1989) e Porte aperte (1990, dal romanzo di L. Sciascia), entrambi di Amelio, che narrano delle ambiguità e distorsioni del potere e della giustizia sotto il fascismo; così per il ritratto crudele e 'nero' degli universi familiari e borghesi intrisi di dilemmi psicoanalitici in Salto nel vuoto (1980) e Gli occhi, la bocca (1982), entrambi di Marco Bellocchio, o per i dolenti ritratti generazionali in Figlio mio, infinitamente caro… (1985) di Valentino Orsini e in Pianoforte (1984) di Francesca Comencini, tra tossicodipendenza e metafore patologiche. Malattia e psicopatologia come metafore ritornano nella singolare storia di stregoneria nell'Italia quattrocentesca scritta per La coda del diavolo (1987) di Giorgio Treves, in seguito da C. trasposta nel romanzo La lepre. La vena picaresca e gli umori comici e stravaganti di C. sono risultati preziosi sia per la riduzione del romanzo di Th. Gautier in Il viaggio di Capitan Fracassa (1990) di Ettore Scola, sia per i film scritti su misura per attori-registi comici: l'umorismo sentimentale di Francesco Nuti (Tutta colpa del paradiso, 1985; Stregati, 1986), i ritmi bislacchi e surreali di Antonio Albanese (Uomo d'acqua dolce, 1996; La fame e la sete, 1999; Il nostro matrimonio è in crisi, 2001); ma soprattutto il mondo di Benigni, per cui C. si è dedicato a predisporre le intelaiature, i tempi, le gag, in film come Johnny Stecchino (1991), Il mostro (1994), Il piccolo diavolo e La vita è bella, in cui l'elemento clownesco assume connotazioni paradossali.