CARDILE, Vincenzo
Nato a Savoca (Messina) il 16 apr. 1761 da Niccolò Paolo e da Rosa Garufi, compì i primi studi di grammatica e di retorica con l'abate Antonino Puliatti, il quale, attraverso un esercizio di traduzioni dal latino e dal greco (e finanche dal tedesco: gli Idyllen del Gessner), aveva saputo recuperare per sé e per i propri allievi una dimensione letteraria classicistica ritagliata entro un'educazione arcadica all'idillio. Nel 1776 il C. si trasferì a Palermo, nella cui università continuò con pubblici riconoscimenti gli studi letterari e, soprattutto, di economia e di diritto, alla scuola di maestri di formazione empiristica. Poco più che ventenne intraprese gli studi di teologia, come preparazione al sacerdozio. Presi gli ordini, entrò come segretario al servizio di monsignor Bernardo Serio presso la chiesa metropolitana di Palermo. Nel 1792 si dedicò, con abnegazione e volontaria rinuncia a ogni ambizione di carriera ecclesiastica, all'assistenza dei colerosi.
Uomo di molteplici curiosità e di varia erudizione, questo "preticciuolo" (come con civettante modestia si autodefiniva) considerava la rimeria in dialetto un agevole strumento di comunicazione didattica, o un esercizio di arguzia con cui intrattenere piacevolmente quella piccola accademia privata raccoltaglisi attorno durante i lunghi anni di degenza, sin dal 1816, per i parossismi della gotta.
A parte le estemporanee parafrasi in versi di opere storiche e scientifiche, con le quali alienava la non comune memoria in un virtuosismo pseudodidattico, la sua produzione dialettale si dispose su due registri letterari diversi a seconda di una destinazione pubblica o privata, differenziata anche nel modo di diffusione: le uniche opere date alle stampe appartengono infatti alla sfera ufficiale, le altre erano destinate a una circolazione orale o manoscritta entro una ristretta cerchia di amici.
Nel 1814, con intenti antigiacobini, venne stampato Lu triunfu di la Paci: un capitolo inzeppato, dall'assurdo birignao italianizzante (e a volte latineggiante) e dal facile allegorismo di un neoclassicismo minorante. Di stampo prettamente encomiastico sono il "discorso" e le "uttavi" che l'8 ag. 1830 il C., "sudditu e servu" di "sua Maestà", lesse nella sala senatoria nell'ambito delle onoranze indette dall'Accademia del Buon Gusto (quella stessa che aveva assistito agli esordi poetici del Meli) a solenne celebrazione del ritorno nel Regno di Francesco I e di Isabella.
Il dialetto, spurgato di ogni tronfio cascame accademico, riacquista una parziale disinvoltura in un quadernetto manoscritto di ottave satiriche, datato 1827. La satira, pettegola e indiscreta (talvolta alimentata persino da segreti di confessionale), è rivolta a un medicastro ("bonu pri li sarvaggi di Sardigna - o pri li zappaturi di campagna"), che poteva addurre in suo onore soltanto le cornificazioni della moglie.
Di altre opere si conoscono solo i titoli: Lu spitali di li pazzi (tema questo inflazionato ampiamente dalla letteratura popolaresca del Seicento), Lu viaggiu a li Campi Elisi (probabilmente una "visione"), L'organu,L'autunnu (forse di ispirazione meliana), Li mali morali aumentanu li mali fisici,La Passioni o lu "popule meus".
Il C. trascorse fra stenti gli ultimi anni di vita, aiutato dalla generosità degli amici e assistito nella piccola e intanfita cella di prete povero ("grutta" o "gruttuni", la chiama) da una vecchia "rapaci e jittatura": "lu nenti l'aiu, mi manca la cosa", soleva ripetere. Di questa postrema indigenza è documento ironico un capitolo autobiografico, pubblicato postumo dal Coco Grasso.
Con una fama esagerata di "siciliano Marziale", morì a Palermo d'infezione colerica il 3 luglio 1837 e per la confusione del momento calamitoso fu sepolto in una fossa comune.
Fonti e Bibl.: Fonte biogr. principale è la commem. funebre scritta dall'abate L. Coco Grasso, Cenno necrologico sul poeta abate V. C., in Giornale di scienze lettere e arti per la Sicilia, XVI (1838), 64, pp. 74-81 (estr. Palermo 1839). In coda all'orazione (pp. 81-86) il Coco Grasso pubblicò e postillò un "capitulu" del C. inedito. Una sintesi del Cenno necrologico è contenuta in E. De Tipaldo, Biogr. degli Italiani illustri, VIII, Venezia 1841, p. 77. Risale ad A. Narbone (cfr. Bibliogr. sicola sistematica,o apparato metodico alla letter. della Sicilia, IV, Palermo 1855, p. 167) l'errata indicazione del titolo di uno dei due opuscoletti pubblicati dal C. (Lu triunfu di la Paci ed autri poesii, anziché Lu triunfu di la Paci, Palermo 1814), ripresa anche da G. M. Mira nella Bibliogr. sicil., I, Palermo 1875, sub voce. Appena un accenno al C. è in G. Di Giovanni, La vita e le opere di G. A. De Cosmi, Palermo 1888, p. 258. Nessun biografo ha parlato come di opera a stampa del Discorso e componimenti poetici recitati nell'Accad. delle scienze e belle lettere detta del Buon Gusto, impressa a Palermo nel 1830. Il quadernetto manoscritto Uttavi di don Vincenzu Cardili è stato rinvenuto nella Bibl. comunale di Palermo (299. D. 138).