BUZZETTI, Vincenzo
Nato a Piacenza il 26 marzo 1777, entrò (1793) nel collegio Alberoni, ove restò fino al 1798, quando, da poco studente in teologia, i medici lo costrinsero ad abbandonare gli studi regolari per la sua scarsa salute. Uscito dal collegio, fu chiamato dal rettore del seminario di Piacenza a insegnare grammatica, continuando nel frattempo ad approfondire gli studi teologici: la sua profonda dottrina in tale campo gli valse ben presto la stima e l'amicizia del vescovo piacentino Gregorio Cerati. Nel 1800 passò alla cattedra di belle lettere nel seminario, e nel 1806, dopo l'ordinazione sacerdotale, a quella di filosofia; dal 1808, infine, insegnò teologia dogmatica. Nel 1814 divenne canonico della cattedrale, e dal vescovo Scribani Rossi, eletto nel 1817, ebbe importanti incarichi pastorali e amministrativi.
Nell'autunno 1819 il B. si recò a Roma, ove fu ricevuto da Pio VII, che lo sconsigliò dall'entrare nella Compagnia di Gesù ritenendo più utile la sua presenza a Piacenza; nei due mesi del suo soggiorno romano conobbe i cardinali Della Somaglia, Severoli, Fontana, Castiglioni, Bertazzoli e mons. Luigi Lambruschini, che mantennero con lui legami epistolari consultandolo spesso sulle materie teologiche. Morì a Piacenza il 14 dicembre 1824.
Il B. scrisse numerose opere soprattutto a carattere filosofico e teologico; opere che, se si eccettua il libello antinapoleonico Il trionfo di Dio sul nemico della società,della natura,della chiesa, (stampato a Lugano nel 1814), rimasero inedite. Tra queste vanno ricordate: le Institutiones logicae etmetaphysicae,Confutazione di Giovanni Locke,Tractatus de Gratia,Tractatus de infallibilitate romani Pontificis,Alcune riflessioni sull'opera di s. Agostino "De Civitate Dei", Lezioni teologali.
Il B., per la sua opera di studioso e di insegnante, è ritenuto, col padre Gioacchino Ventura, il pioniere della rinascita della filosofia tomistica nel secolo XIX. Ebbe infatti una influenza decisiva sui gesuiti Serafino e Domenico Sordi (che furono suoi discepoli) e su Luigi Taparelli d'Azeglio, ai quali si deve il merito della diffusione, attraverso la Civiltà cattolica, della filosofia scolastica nel mondo ecclesiastico italiano dell'800; quindi, della successiva assunzione della stessa, quale "filosofia ufficiale" della Chiesa cattolica, da parte di Leone XIII con l'enciclica Aeterni Patris (4 ag. 1879). Dalla lettura delle opere del B. risulta chiaramente come l'esigenza d'una restaurazione della "sana filosofia" (così è da lui chiamata la filosofia di s. Tommaso) fosse una conseguenza diretta d'una preoccupazione più vasta e radicale: porre un argine solido alla diffusione nella Chiesa del pensiero rivoluzionario per impedire, in maniera definitiva, l'attuarsi di nuovi e più pericolosi sovvertimenti politici e sociali.
Il B. era infatti convinto che "è cosa impossibile a succedere che, chi studia in s. Tommaso, possa mai diventare rivoluzionario" (cfr. L. Tebaldi, p. 198). In sostanza egli partecipò al moto di idee sorto nella Chiesa di Francia all'indomani della caduta di Napoleone e caratterizzato dalla predicazione del primo Lamennais. Con quest'ultimo il B. ebbe nel 1821-22 uno scambio epistolare riguardante il secondo volume del famoso Essai sur l'indifference; nelle sue lettere il canonico piacentino chiedeva alcuni chiarimenti d'ordine teologico ed il Lamennais non solo dimostrò di apprezzare le osservazioni del B., ma, in una nuova edizione dell'Essai (1822), si premurò di correggere i passi ritenuti oscuri (per tutta la questione cfr. P. Dudon, Lettres inédites deLamennais au chanoine B., in Etudes, 20 genn. 1910, pp. 204-221). Nella filosofia di S. Tommaso il B. vedeva perciò lo strumento più idoneo per l'affermazione dei principi ideologici proclamati dai pensatori cattolici d'oltr'Alpe, dei quali condivideva il piano di restaurazione politico-sociale e culturale.
A queste esigenze di carattere ideologico ne vanno aggiunte altre di carattere didattico; preminente quella di eliminare dall'insegnamento teologico nei seminari tutte le contaminazioni razionalistiche e sensistiche (dovute soprattutto all'influsso, a quei tempi notevole, delle opere di Locke, Cartesio e Condillac) per una riforma radicale della cultura ecclesiastica in base ad un'unica ed organica prospettiva filosofica, quella scolastica. Nelle sue Institutiones il B. fa proprie tutte le principali tesi tomistiche, dal principio dell'unità sostanziale nei rapporti tra anima e corpo alla teoria dell'ilomorfismo, dalla distinzione tra l'essenza e l'essere in creatis alla concezione tolemaica in astronomia. La riesumazione del tomismo operata dal B., se da un lato testimonia il suo grado di arretratezza culturale (soprattutto per quanto riguarda la concezione tolemaica), dall'altro offriva al mondo ecclesiastico italiano del tempo una soluzione speculativa pur sempre in grado di dare una risposta provvisoria e sistematica ai problemi sollevati dal pensiero laico contemporaneo.
Fonti e Bibl.: R. Marzolini, Notizia biogr. sul canonico V. B., in Memorie di religione,di morale e di letteratura (Modena), VIII (1825), pp. 133-155; L. Tebaldi [pseud. di Carlo Gazzola, nipote del B.], Elogio in morte di V. B. canonico teologo della cattedrale di Piacenza,professore di teologia scolastica-dommatica in seminario, in Amico d'Italia (Torino), VII (1825), pp. 198 ss.; A. Masnovo, V. B. e F. R. de La Mennais, in Riv.di filos. neoscolastica, XII (1920), pp. 42 ss.; Id., Il neotomismo in Italia, Milano 1933, pp. 129-142; G. F. Rossi, Laformazione tomistica di V. B. nel collegio Alberoni, in Divus Thomas, X (1957), pp. 314-332; S. Fontana, La controrivoluzione cattolica in Italia (1820-1830), Brescia 1968, pp. 160 ss., 168-171, 178, 186 s., 194 s., 265 (si rimanda alle pp. 170 s. di quest'opera per ulteriori indicazioni bibliografiche); Dict. de théol. catholique, II, col. 1270