BUONCAMBI, Vincenzo
Di questo agente dei Farnese, nato a Narni, non si conosce la data di nascita, che può peraltro essere posta intorno al secondo decennio del sec. XVI. È da ritenere che in giovane età fosse entrato al servizio dei Farnese se già nel 1546 aveva la carica di loro agente presso la corte imperiale.
In realtà il B., personaggio di poco rilievo, assume una certa importanza soltanto in virtù del suo incarico. I dispacci che egli invia e le istruzioni che riceve dal Farnese nel corso della sua ambasceria forniscono un quadro esatto degli umori della corte imperiale che vide agitarsi, nel tormentato periodo del regno di Carlo V, problemi quali la convocazione del concilio e la scelta della sua sede, il rafforzarsi del protestantesimo, la lotta contro i Turchi e la ripresa di quella con la Francia.
Nel quadro della politica farnesiana campeggiano le figure dell'imperatore e di papa Paolo III, un Farnese la cui ambizione di formare uno Stato per la propria famiglia investì tutto il pontificato. Paolo III, forte della sua posizione, in rapporto con Carlo V per quanto riguardava il concilio e l'aiuto contro i Turchi nonché la lotta con la Francia, chiedeva ripetutamente all'imperatore un principato per il figlio Pier Luigi, di cui il B. diventerà poi l'agente. Visti vani tutti i tentativi di una infeudazione da parte imperiale, Paolo III nel 1545 eresse a ducato per Pier Luigi Parma e Piacenza aspettandone in seguito l'investitura imperiale, il che sollevò l'irritazione della corte francese che considerava le due città appartenenti al ducato di Milano. In quello stesso anno 1545 il B. venne inviato alla corte cesarea col compito di placare gli animi alterati dalla infeudazione delle due città ai Farnese.
Dopo aver soggiornato per alcuni giorni alla corte di Francia, dove aveva avuto per due volte l'opportunità di incontrarsi col re cui aveva manifestato la devozione del Farnese (in pegno della quale Pier Luigi destinava il figlio Orazio al servizio di Francia), il B. il 12 genn. 1546 giunse alla corte imperiale. Fu ricevuto prima dal Granvelle, poi, il 2 febbraio a Utrecht, da Carlo V. Il B. aveva avuto istruzione di far mostra di credere che l'imperatore fosse stato favorevole, avesse anzi favorito l'infeudazione di Parma e Piacenza al Farnese. Carlo V, irritato per il precedente soggiorno francese del B., gli riservò un'accoglienza cortese ma fredda e quando costui dichiarò che Pier Luigi sarebbe stato incline a riconoscere, sede vacante, la sovranità dell'imperatore su Parma e Piacenza, l'imperatore gli rispose evasivamente, né mai in seguito pronunciò una parola che potesse essere intesa come un riconoscimento indiretto del fatto compiuto. Il Verallo, nunzio pontificio, cercò di dimostrare che l'ambasciata del B. in Francia esorbitava dai compiti affidati al B. dal duca. Ciononostante, nel 1546, il Granvelle rilasciava al B. una dichiarazione che non lasciava dubbi: Carlo V manteneva i diritti dell'impero su Parma e Piacenza. In un dispaccio del 30 aprile il B. dichiarava che Carlo V avrebbe eventualmente preferito il duca Ottavio a Pier Luigi, considerato troppo legato alla Francia. Continuando Carlo V a non riconoscere Pier Luigi come duca di Parma e Piacenza, il B., durante il soggiorno alla corte imperiale, dovette lamentare più volte di venir chiamato il segretario del duca di Castro, e non di quello di Parma e Piacenza. In considerazione di ciò Pier Luigi, non soddisfatto dell'operato del suo agente, nel maggio 1546 inviò alla corte imperiale Pierantonio Torello, cosa che infastidì molto il Buoncambi. Nonostante ciò, la posizione dei Farnese presso la corte imperiale non mutò, e il B. nel corso del 1546 consigliava Pier Luigi di inviare a Carlo V, impegnato nella guerra contro i protestanti, cento cavalli disgiunti dal contingente pontificio. Ma ormai Pier Luigi, di fronte al decisivo cambiamento nella politica italiana, avvenuto con la nomina a governatore di Milano di Ferrante Gonzaga, decisissimo a consolidare il potere imperiale in Italia, non poteva mirare che a legarsi più strettamente alla Francia.
Nel febbraio 1547 il B. comunica al duca che alla corte imperiale si ha la certezza che egli avesse avuto parte nella congiura dei Fieschi a Genova, per cui il Farnese inviò presso Carlo V Salvatore Pacino che, insieme col B., oltre allo scagionare il duca dalle recenti accuse, trattò anche la questione di Romagnese. Nei mesi seguenti il B. avvertì Pier Luigi che qualcosa di pericoloso si stava tramando per lui (lettera del 9 ag. 1547). Ed infatti il 10 sett. 1547 Pier Luigi venne assassinato, su mandato di Ferrante Gonzaga, che già il 12 settembre occupò Piacenza in nome dell'imperatore, non riuscendo però ad impadronirsi di Parma, dove giunse il 16 settembre Ottavio, il figlio maggiore di Pier Luigi. Il 28 sett. 1547 arrivò alla corte imperiale Sforza Pallavicino, inviato di Ottavio, che portò al B. istruzioni di raggiungere Ottavio stesso a Parma. Ma l'intervento del nunzio Sfrondato fece sì che il B. rimanesse ancora qualche tempo come rappresentante di Ottavio alla corte. Della sua attività per l'anno successivo non abbiamo notizie; lo ritroviamo nell'aprile del 1549 a dirimere la questione sorta intorno alle rendite di Novara, spettanti ai Farnese, di cui Ferrante Gonzaga aveva trattenuto una parte. Dal 30 aprile dello stesso anno il B. dimorò a Roma in qualità di agente del duca Ottavio. La politica dei Farnese era ovviamente rivolta verso la Francia, con cui il 27 maggio 1551 Ottavio duca di Parma stipulò un trattato di alleanza. Ebbe ben presto inizio la guerra di Parma, uno dei molti esempi nel sec. XVI di come le questioni italiane rientrassero nel più vasto gioco di interessi tra Francia e Impero. I dispacci del B. ci danno notizie riguardanti sia l'andamento della guerra sia la posizione dei vari contendenti sia divergenze di minore interesse, come ad esempio la questione del monastero cisterciense di S. Martino de' Bocci, presso Parma, i cui monaci si erano appellati al pontefice Giulio III contro Ottavio. Nel frattempo anche a Siena era scoppiata la guerra che vedeva Imperiali contro Francesi, e quindi, come ci comunica il B. il 10 nov. 1554, Enrico II era incline a sguarnire Parma per portare maggiori aiuti a Siena, cosa che di fatto avvenne nell'aprile del 1555. Ormai i Farnese non godevano più le simpatie della corte francese e contro di loro prese sempre maggior consistenza quella che il B. chiamò la "persecuzione di papa Giulio"; il potere dei Farnese nel gioco politico italiano ben presto decadde, il che è rispecchiato anche nei dispacci del B., il quale da attento osservatore delle cose di Siena (come nel 1553) scade in seguito a cronista di fatti marginali della politica papale, quando, ad esempio, dà notizia delle misure da prendere per difendere le Marche (19 giugno 1557) o del terrore dei contadini laziali per l'invasione spagnola. Gli ultimi suoi dispacci sono del 1558, dopo di che non abbiamo più notizie di lui.
Fonti e Bibl.: Nuntiaturberichte aus Deutschland, I, 8-12, Gotha 1898-Berlin 1910, ad Indices;A. Caro, Lettere familiari, II, Firenze 1959, pp. 137 s.; A. Ronchini, Lettere d'uomini illustri, I, Parma 1853, pp. 367 ss.; F. Odorici, Pier Luigi Farnese e la congiura piacentina del 1547, Milano 1864, p. 201; G. De Leva, Storia documentata di Carlo V, IV, Padova 1881, p. 366; G. Curti, La congiura contro Pier Luigi Farnese, Milano 1899, pp. 75, 78, 114 ss.; L. Romier, Les origines politiques des guerres de religion, I-II, Paris 1913-14, ad Indicem.