BUONANNI (Bonanni, Bonanno), Vincenzo
Nato a Firenze nella prima metà del sec. XVI da nobile famiglia, fu cultore delle lettere classiche e di quelle italiane; membro dell'Accademia fiorentina, fu in rapporti abbastanza cordiali con i letterati del suo tempo e principalmente con A. F. Grazzini.
Quando, alla fine del 1550, furono eletti i riformatori della lingua fiorentina, tra cui il Varchi, il Gelli e il Giambullari, il Lasca li invitò a chiamare tra loro anche il B. e D. Mellini, "poeti egregi"; in seguito tuttavia rivide il proprio giudizio, e le aspre critiche che rivolse a tutta l'attività letteraria del B. guastarono a lungo i loro rapporti, finché pare che si riconciliassero per la mediazione di Noferi Bracci.
Luogo e data di morte ci sono ignoti.
La piùnotevole delle opere del B. è il Discorso di V. B., sopra la prima cantica del divinissimo Theologo Dante d'Alighieri del Bello nobilissimo Fiorentino,intitolata Commedia (Firenze 1572) dedicato a Francesco de' Medici, in cui il testo dell'Inferno dantesco è accompagnato da uncommento a dir poco stravagante.Nella grafia il B. attua laproposta - che già aveva provocato l'ilarità deiFiorentini e particolarmente del Lasca - di rappresentare col nesso tz la zeta aspra; in quanto al testo e al commento, alla bizzarriadelle nuovelezioni che vengono propugnate si accompagnaquella delleinterpretazioni, denunciando la ricerca della novità fine a se stessa e l'assoluta assenza di seri interessi critici. Il B. aveva l'intenzione di completare in seguito la sua fatica col commento delle altre due cantiche; ma l'insuccesso del Discorso e gli scherni del Lasca - che giustamente accusò il novello dantista di "voler quel ch'è chiaro intorbidare" - lo convinsero probabilmente a desistere dall'opera intrapresa. D'altronde le critiche mosse dal Grazzini, seppur talora offensive nella forma, furono sempre sostanzialmente inoppugnabili: infatti anche le rime italiane del B. - se ne può trovare un esempio nelle Notizie... intorno agli uomini illustri dell'Accademia Fiorentina, pp. 79-80 - giustificanole irrisioni del Lasca, che più volte invitò il B. ad evitare di rendersi ridicolo. Il B. si occupò anche, sempre con scarso successo, di poesia latina: un suo epigramma è nel Tempio diDonna Girolama Colonna d'Aragona, II, Padova 1569, p. 1. Altre sue poesie italiane e latine si conservano manoscritte a Firenze, nella Biblioteca nazionale (codd. II-IV.172 e II.IV.233), nella Biblioteca Marticelliana (cod. 1390, cc. 36 ss.) e nella Biblioteca Moreniana (cod. 256, cc. 143v-145v, e cod. Frullani 30, c. 42rv).
Fonti e Bibl.: A. F. Grazzini detto il Lasca, Le rime burlesche, a cura di C. Verzone, Firenze 1982, pp. 99-101, 225, 402-07; Id., Scritti scelti, a cura di R. Fornaciari, Firenze 1911, pp. 177, 182-83; [I. Rilli], Notizie letter. ed istor. intorno agli uomini illustri dell'Accademia Fiorentina, I, Firenze 1700, pp. 77-80; G. Negri, Istoria degli scritt. fiorentini, Ferrara 1722, p. 525; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, pp. 2336-38; M. Barbi, Della fortuna di Dante nel sec. XVI, Pisa 1890, pp. 84-85, 121, 212-15; E. Pastorello, L'epistolario manuziano, Firenze 1957, p. 223.