BAFFI, Vincenzo
Nacque ad Acri (Cosenza) il 12 maggio 1829, da Gennaro; trasferitosi giovanissimo a Napoli, frequentò la scuola di R. Savarese, laureandosi in legge; entrato nella magistratura, si fece presto apprezzare per la seria preparazione in materia penale. Volgendosi prevalentemente i suoi interessi in campo letterario, il B. preferì tuttavia sacrificare la sua carriera per non allontanarsi da Napoli, ove dava vita a un noto circolo letterario, di cui fecero parte anche F. Persico e D. Morelli. Allievo prediletto di F. S. Arabia, la cui scuola doveva lasciare una impronta assai profonda nelle sue poesie, il B. aveva presto esordito con un'ode in morte di un amico, L. Iorio, pubblicata su un foglio volante, poi smarrito (1848). Collaboratore di alcune riviste letterarie napoletane (Sirena, Guirlande de Julie), vi pubblicò numerose sue rime, raccolte poi in un unico volume, Versi (Napoli 1854); una nuova edizione, arricchita con canti inediti e con l'Arrigo (frammenti di una novella calabra in ottava rima, dedicata a G. Carcano), fu pubblicata da Le Monnier, con una interessante prefazione di S. Baldacchini (Firenze 1858). La natura elegiaca della sua musa si rivela più chiaramente in una nuova raccolta di versi, Italia (dedicata a Vittorio Emanuele II, Napoli 1860), ove cogliamo commossi accenti di un sincero amore per la sua terra. Legato da stretti rapporti di amicizia con G. Carcano, A. Maffei e S. Baldacchini, il B. partecipò attivamente alle lotte che agitarono in quegli anni il mondo letterario napoletano; curò in seguito una raccolta di poesie patriottiche di scrittori italiani di ogni secolo, Poeti della Patria. Canti italiani (Napoli 1863), di cui il Manzoni rifiutò cortesemente la dedica (Epistolario di Alessandro Manzoni, raccolto e annotato da G. Sforza, II, Milano 1883, pp. 308 s.). Ingegno assai vivace, il B. fu uomo di vasta cultura: valendosi della sua conoscenza delle lingue, tradusse versi di Hugo, Longfellow, Heine (Frondi Sparte, Napoli 1875). Raggiunta una vasta popolarità (nella celebrazione di solenni anniversari molto spesso si ricorreva alla sua penna), il B., divenuto presidente del tribunale di Cassino, moriva a Napoli il 24 marzo 1882, nel pieno della sua attività.
"Aedo della dolcezza", il B. appartiene a quella schiera di poeti calabri, chiamati giustamente dal De Sanctis "romantici naturali"; la sua indole, incline al patetico-sentimentale, lo fece aderire infatti spontaneamente alla scuola romantica, che nel meridione risentiva fortemente la suggestione delle letterature straniere: evidente è l'influsso del Lamartine sul B., che tuttavia non credeva di essere "ribelle alla scuola dei classici". Il suo romanticismo fu dunque assai temperato, lontano dalle esuberanze della scuola romantica napoletana. La sua opera più nota, l'Arrigo, ripete comunque i motivi dell'Angiola Maria, romanzo sentimentale del Carcano; degne di essere ricordate sono alcune belle traduzioni, in particolare la Preghiera di Margherita,dal Faust di Goethe. Pur incontrando la calda approvazione dei più noti critici letterari del tempo (Niccolini, Zanella, Tommaseo), e l'Aleardi molto apprezzava la sua "malinconia soave", il B. resta una figura affatto secondaria nella storia della letteratura romantica dell'Ottocento, conservando in definitiva un valore più documentario che poetico.
Fonti e Bibl.: P. C. Ulloa, Pensées et souvenirs sur la littérature contemporaine du Royaume de Naples, II, Genève 1859, p. 55; D. Galati, Gli uomini del mio tempo, Bologna 1882, pp. 292 ss.; G. Falcone, Poeti e rimatori calabri, II, Napoli 1902, pp. 348-50; A. Villari, I tempi, la vita, i costumi, gli amici, le prose e poesie scelte di F. S. Arabia, Firenze 1903, pp. 130 s., 270 s.; S.De Chiara, V.B., studio critico, in Riv. critica di cultura calabrese, I(1921), n. 1; F. De Sanctis, La letteratura italiana nel sec. XIX (con note di B. Croce), Napoli 1922, pp. 73, 201 nota 27; L. Aliquò Lenzi-F. Aliquò-Taverriti, Gli scrittori calabresi, dizionario bio-bibliografico, I, Reggio Calabria 1935, pp. 62 s.; G. Mazzoni, L'Ottocento, Milano 1949, pp. 697, 756, 1259; G. Gallo, Dal carteggio inedito di V. B., in Brutium, XXXV(1956), nn. 1-2, pp. 8-11.