AVVOCATI, Vincenzo
Nato a Palermo il 12 sett. 1702, cominciò giovanissimo lo studio del greco, della filosofia e della giurisprudenza, in cui contava di addottorarsi. Nel 1721 però, avvertendo una forte vocazione religiosa, entrò nell'Ordine di S. Domenico, iniziando il noviziato nel convento di S. Zita. Fattosi ben presto notare per le sue notevoli capacità intellettuali, fu mandato, per intercessione del domenicano mons. Marino, vescovo di Siracusa, a completare i suoi studi nel collegio della Minerva, in Roma, dove si addottorò brillantemente in teologia. Nel 1727 era già lettore di filosofia nel convento di S. Domenico in Palermo, donde passò poi a insegnare teologia nel seminario vescovile di Girgenti e nel collegio dei Santi Agostino e Tommaso. Ricoprì anche la carica di baccelliere a Palermo (1743) e di reggente a Trapani (1747). Fu infine priore del convento di S. Zita e (1765-66) provinciale di Sicilia. Morì a Palermo l'8 sett. 1767.
Buon conoscitore delle lingue classiche e dell'ebraico, iniziò la sua attività con un trattato in due volumi di esegesi biblica, dedicato a Benedetto XIV (De Sanctitate librorum qui in Ecclesia Catholica consecrantur Liber primus, Praeparatio biblica, Panormi 1741; Liber secundus, Demonstratio biblica, Panormi 1742). Scrisse poi vari altri trattati e opuscoli, rimasti inediti, prevalentemente su argomenti di teologia morale e di diritto naturale (De iure Naturae et Gentium; De Oeconomia Charitatis; Origine avanzamento e vera forma della Teologia Scolastica,ecc.). Ma il suo nome resta soprattutto legato alla violenta polemica antigesuitica, promossa in Sicilia dai domenicani, in concomitanza al generale rinnovamento delle discipline teologiche, a partire dagli anni intorno al 1750. Accesasi inizialmente la polemica sul probabilismo, l'A., agostiniano rigido con forti tendenze giansenistiche, rifacendosi apertamente alle dottrine del Concina, dell'Alexandre e del Serry, attaccò violentemente, nella sua Defensio Scholae Thomisticae ordinis Praedicatorum contra tripartitum apologeticum librum cui titulum: Trattenimenti apologetici sul probabilismo (Panormi 1756), il lassismo dei gesuiti, denunciando in esso la più seria minaccia ai fondamenti dell'etica cattolica. Controbattuto dal gesuita F. Burgio, replicò, sotto il falso nome di Ignazio Vivaldi, con delle Riflessioni sopra il parere teologico il cui titolo: Lettera ad un amico in cui si dà il parere teologico sopra il libro intitolato: Defensio Scholae Thomisticae...,(Palermo 1757), in cui, chiarendo le proprie precedenti affermazioni, abilmente distorte dal Burgio, difese, come aveva già fatto nella Defensio,la scuola tomistica dall'accusa di giansenismo, con la classica argomentazione che non può essere tacciato di giansenismo se non chi accetta almeno qualcuna delle famose cinque proposizioni di Giansenio condannate dalla Chiesa. Accentuò poi la sua avversione alle dottrine probabilistiche, accusando di molinismo tutti i più noti teologi gesuiti. Ribatté ancora il Burgio, ma questa volta il suo libello restò senza risposta.
Bibl.: D. Scinà, Prospetto storico della letteratura di Sicilia nel secolo decimottavo, I, Palermo 1824, pp. 187 s.; II, ibid. 1825, pp. 280 s.; M. A. Coniglione, La provincia domenicana di Sicilia, Catania 1937, pp. 470 s.; G. Cigno, Giovanni Andrea Serrao e il giansenismo nell'Italia meridionale, Palermo-Louvain 1938, pp. 327-329, 339.