ARNOLFINI, Vincenzo
Nacque a Lucca, da Iacopo e da Caterina Bartolomei. Fu battezzato nella chiesa di S. Giovanni il 23 sett. 1515. Visse per lo più a Lione, Parigi e Anversa, fin dalla giovinezza, dopo aver iniziato l'attività mercantile sulle orme del padre. L'A. fu in relazione di affari con i fratelli, Francesco, Silvestro e Giovan Battista, di cui era il maggiore, ma pare aver collaborato più strettamente con Giovan Battista. La prima testimonianza della sua attività commerciale risale al 1539 circa, quando la tesoreria di Francesco I di Francia ricevette ordine di pagargli 20.837 lire 10 soldi tornesi, per la fornitura di 1.302 marchi 2 oncie 6 grossi di stoviglie d'argento (a 17 lire il marco), da lui consegnate al tesoriere Pierrevive. Nel 1551 reggeva ad Anversa la compagnia "Vincentio Arnolfini e C.", come risulta dal censimento dei membri delle nazioni italiane residenti in quella città. Negli anni successivi tornò a Lucca: nel 1553 è citata la sua presenza in un contratto lucchese; nel 1557 gli nacque a Lucca il figlio Orazio; l'anno successivo fu inviato dal Senato di Lucca come ambasciatore a Firenze. Ma nel 1562 egli si trovava di nuovo a Lione: il suo nome figurò tra i firmatari della lettera che il 22 gennaio di quell'anno la colonia lucchese di Lione scrisse al Senato di Lucca assicurandolo della propria devozione alla religione cattolica.
Non v'è dubbio che molti tra i Lucchesi firmatari di questa lettera fossero seguaci o simpatizzanti della Riforma: tra costoro potrebbe andare compreso anche l'A., se fossimo sicuri di poterlo identificare con quel Vincenzo Arnolfini che nel 1567 esercitava a Lione l'arte tipografica e si trovava in stretti rapporti con l'umanista e riformatore basileese Basilio Amerbach (ma potrebbe qui trattarsi di un caso di omonimia con Vincenzo Arnolfini di Battista di Filippo di Iacopo, detto "Il Grasso" [1493-1580 circa], la cui presenza è attestata solo a Lucca).
La sua presenza a Lione è documentata ancora nel 1571, quando fu iscritto tra i banchieri lucchesi nella lista di banchieri stranieri compilata per stabilire la ripartizione della imposta straordinaria destinata a coprire una parte del pagamento della guarnigione svizzera. Nel 1573 l'A. fu inviato dal Senato di Lucca come ambasciatore a Enrico di Valois re di Polonia. È assai probabile che a Lione l'A. collaborasse con la compagnia "Giovanni Bernardini, Arnolfini e Guinigi e C.", che aveva filiali ad Anversa, a Marsiglia e a Lucca.
Questa società fallì alla fine di settembre 1574, durante la fiera "d'agosto" di Lione, lasciando un passivo che fu stimato a 700.000 o a 800.000 scudi e causando gravi perdite non solo ai vari mercanti fiorentini di Lione, ma a una massa di piccoli risparmiatori di Lucca, i cui capitali, investiti nella compagnia, ammontavano a circa 180.000 scudi. Questa compagnia era strettamente legata alla società lucchese "Cesare e Stefano Bernardini e C.", che fallì poco dopo a Lucca con un passivo di 50.000 scudi, e alla società "Figli di Iacopo Arnolfini e Lodovico Penitesi e C.", diretta principalmente da Francesco e Silvestro Arnolfini, fratelli dell'A., che pure fallì una quindicina di giorni dopo, a Lucca, con un passivo di circa 200.000 scudi.Nel 1579 una vertenza relativa a quest'ultimo fallimento oppose i fratelli Vincenzo e Giovan Battista da un lato, e Silvestro e Francesco Arnolfini dall'altro, i quali elessero come arbitri per pronunciare una sentenza compositoria Gerolamo de Nobili e Bernardino Arnolfini.
Nel 1582 l'A. si era trasferito a Parigi, donde corrispose in un primo tempo con Filippo Vanni di Lione e in un secondo tempo, nel 1586, con Bonaccorso Bonaccorsi e con Francesco Arnolfini, suo fratello, anch'essi residenti a Lione. Lo troviamo a Lucca nel 1598, anno in cui fece testamento a favore del fratello Michele, frate nel convento di S. Romano di Lucca, e del nipote Attilio, figlio del fratello Silvestro. Nel 1599 il suo patrimonio immobiliare fu stimato, nell'estimo lucchese, a 2.300 scudi solamente; nel 1606 figurò nel nuovo estimo per 2.400 scudi. L'A. redasse un nuovo testamento nel 1604. Morì poco dopo il 1606.
Ebbe due figli naturali: Orazio e Pompeo. Orazio, nato nel 1557, fu sacerdote della Congregazione della Madre di Dio. Alcuni contratti che il padre stipulò a suo favore a Lione e a Lucca furono ratificati nel 1589 a Roma e nel 1592 a Loreto. Fu autore di due opere rimaste manoscritte: De Calculis Coronae B. M. Virginis Romae in Ecclesia S. Mariae in Campitello asservatis e Historia miraculosae Imaginis Sanctae Mariae in Porticu de Urbe.Morì nel 1626.
Pompeo fece parte di parecchie società letterarie lucchesi, dapprima di quella che si riuniva in casa di Cristoforo Guidiccioni, poi di quella che ebbe la sua sede nella casa di Giuseppe Bernardini; e fu membro dell'Accademia degli Oscuri dall'anno della sua fondazione (1584). Fu segretario di Giovanni Andrea Doria, principe di Melfi, almeno tra il 1592 e il 1596. Era stato in relazione anche con Alessandro Farnese, che pare gli avesse proposto di seguirlo nei Paesi Bassi. Pompeo ebbe un figlio di nome Orazio, il quale servì nella flotta spagnola e nel 1604, alla morte del padre, ricevette dal re di Spagna Filippo III una pensione di 12 scudi mensili, in considerazione dei servigi resi nel passato ed anche dell'attività del padre, che aveva tenuto "a su cargo los papeles del príncipe Juan Andrea Doria ".
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