MASOTTI, Vincenza Giulia
– Nacque nel 1645 circa, probabilmente a Roma. Solitamente è menzionata nei documenti come «romana», ma Roma potrebbe essere semplicemente la città di adozione. La M., infatti, vi studiò canto con G. Carissimi; come sua allieva è citata nel marzo 1662 in una lettera inviata da Roma alla corte medicea, nella quale vengono magnificate le sue eccezionali doti artistiche, dimostrate durante quella quaresima B.L. Glixon - J.E. Glixon, p. 209).
Nonostante la giovane età è assai probabile che già a quest’epoca la M. avesse avuto qualche esperienza nel teatro musicale, perché nel 1663 debuttò a Venezia nel teatro di S. Luca come protagonista di La Dori su libretto di G.F. Apolloni e musica di P. Cesti, destando una fortissima impressione per le capacità vocali e la presenza scenica. Il successo fu immediato e tale da offuscare la stella che da più di un decennio brillava incontrastata sui palcoscenici veneziani: Caterina Porri. Per la prima volta il teatro di S. Luca, protetto dall’abate Vettor Grimani Calergi, riuscì a battere la concorrenza del teatro Ss. Giovanni e Paolo, di proprietà dello zio Giovanni Grimani; questi, al fine di evitare che ciò si ripetesse nella successiva stagione, cercò in tutti i modi di sottrarre la M. ai rivali.
A Roma la M., protetta dal residente mediceo Torquato Montauti, era stata ingaggiata grazie all’appoggio del cardinale Giovan Carlo de’ Medici. G. Grimani, attraverso il nunzio papale Annibale Bentivoglio, tentò perciò di trovare qualche sostegno nella corte fiorentina per fare in modo che la M. accettasse di cantare nel suo teatro o almeno le fosse impedito di esibirsi al S. Luca. La contesa familiare ebbe però ben presto termine, perché nel mese di maggio G. Grimani morì. Grimani Calergi lasciò allora il S. Luca e si unì al quattordicenne Giovanni Carlo Grimani nella gestione del teatro Ss. Giovanni e Paolo, che all’epoca aveva come impresario Marco Faustini. I due Grimani avviarono immediatamente le trattative per scritturare la M. e, con qualche difficoltà (alcuni anni dopo la cantante disse di essere stata «violentata» dall’abate Grimani affinché tornasse a Venezia), grazie anche al patrocinio di Mattias de’ Medici, riuscirono nel loro intento, impegnandosi però a non richiederla per la stagione dell’anno successivo.
Nella stagione 1663-64 la M. cantò dunque al Ss. Giovanni e Paolo nella Rosilena di A. Aureli e G.B. Volpe, e nello Scipione affricano di N. Minato e F. Cavalli. Il nuovo trionfo spinse tuttavia i Grimani a non mantenere la promessa fatta, prodigandosi in tutti i modi per averla ancora nella stagione 1664-65. Questa volta, nonostante le insistenze e la mediazione di autorevoli membri della nobiltà veneziana e romana, la M., forte della protezione dei Chigi e dei Colonna, oppose una resistenza insuperabile. L’anno seguente, quando Faustini dopo due stagioni di assenza ritornò al Ss. Giovanni e Paolo, i Grimani tentarono di ingaggiare nuovamente la M.; ma, nonostante l’altissima offerta economica ricevuta, anche in questa occasione questa oppose un rifiuto. Soltanto nella stagione 1666-67 Faustini riuscì a ingaggiarla, dopo una estenuante trattativa, grazie all’intervento del solito gruppo di aristocratici veneziani e romani, e soprattutto a un compenso doppio rispetto a quello propostole l’anno prima.
Come se non bastasse, la M. pretese che la somma le fosse interamente versata all’arrivo a Venezia – e non, come d’uso, scaglionata durante le recite –, di interpretare il ruolo di protagonista in entrambe le opere da rappresentare, e di cambiarne una con un’altra a suo piacimento. Alla fine ottenne che fosse ripresa La Dori, un’opera che conosceva molto bene e che le aveva dato per la prima volta fama e successo a Venezia, tanto da far diventare il nome del personaggio eponimo un suo soprannome d’arte.
L’impresario dovette sottomettersi e, nonostante tutto, nella stagione 1667-68 fece il possibile per ingaggiarla ancora una volta, ricevendo un nuovo rifiuto.
Nell’agosto del 1668 la M. si esibì a Roma in una insolita festa «enogastronomica» per musica fatta rappresentare dal cardinale Flavio Chigi in un giardino alle Quattro Fontane. Quando all’inizio di settembre le fu nuovamente proposta una scrittura per il carnevale di Venezia nel teatro di S. Luca (Faustini nel frattempo aveva lasciato il Ss. Giovanni e Paolo), gli intermediari, G. Passionei e Apolloni, riuscirono ad avere una risposta positiva solo perché a insistere fu l’intero gruppo dei suoi protettori: il connestabile L.O. Colonna, il principe A. Chigi, sua moglie Maria Virginia Borghese e il cardinale Chigi. In realtà per convincerla fu necessario offrirle anche un compenso senza precedenti e una lunga serie di trattamenti di favore. Tra l’altro, dal momento che conosceva già la parte, la M. pretese di ritardare il più possibile il suo arrivo nella città lagunare, partendo solo a metà dicembre.
Nel corso del viaggio fece una sosta a Siena, dove cantò «con sommo contento di molte dame e infiniti cavalieri», e suggerì agli accademici Intronati di scegliere l’Argia di Apolloni e Cesti (la stessa opera che andava a recitare a Venezia) per l’inaugurazione del nuovo teatro cittadino che sarebbe avvenuta nella successiva primavera (Reardon, p. 419). Forse il suggerimento fu dato immaginando una sua partecipazione, ma ciò non avvenne perché i due principali ruoli femminili furono poi affidati a Elena Passarelli e Caterina Botteghi. Nel 1669 la M. fu comunque a Siena, dove si esibì, come attestano 4 sonetti in suo onore pubblicati in quella occasione (A. Cotoni, Amante che in presenza della sua dama stava a sentir cantare la signora G. M.; T.M. Squarci, Per la signora G. M. dal canto della quale s’argomenta l’immortalità del piacere; Sonetto d’un amante alla sua dama mentre la sig. G. M. cantava un’arietta sopra la rosa; P. Biringucci, Alla virtuosissima signora G. M. [copia di questi sonetti, tutti pubblicati a Siena nel 1669, è conservata a New Haven, Yale University Library). Anche se non se ne hanno prove dirette, è assai probabile che a Venezia insieme con il ruolo di Argia, la M. ricoprisse anche quello principale nell’altra opera data al teatro di S. Luca, Antigona delusa da Alceste di Aureli e P.A. Ziani. G.C. Grimani e il fratello Vincenzo non lasciarono a lungo la M. alla concorrenza. È da attribuire alla sua presenza la rapidissima sostituzione con La Dori nella stagione 1670-71 della prima opera data al Ss. Giovanni e Paolo, che non aveva incontrato particolare successo, ed è certo che nella stagione 1672-73 abbia recitato nello stesso teatro nel Domitiano di M. Noris e G.A. Boretti, costituendo a detta di un contemporaneo l’unico punto di forza contro l’agguerrita concorrenza del S. Luca.
In quegli anni si esibì anche in altre città del Norditalia, come Ferrara, Bologna, Torino, ma tra il 1673 e il 1674 la sua vita e la sua carriera ebbero una svolta radicale: la M. si trasferì a Vienna, dove rimase circa venticinque anni al servizio della corte imperiale. Qui fu molto apprezzata come cantante da camera e d’opera (anche se pare che l’imperatore Leopoldo I le preferisse il castrato V. Ulivicciani) e, pur non potendo più contare sugli eccezionali compensi veneziani, conobbe una decisa ascesa della propria posizione sociale. Nel 1675 si fidanzò con Andreas Anton Schmelzer, figlio del vicemaestro di cappella Johann Heinrich Schmelzer, ma il 19 sett. 1676 sposò I.L. Kugler von Edelfeld, violinista della cappella imperiale, figlio di B. Kugler von Edelfeld, cornettista e maestro dei concerti, dal quale ebbe una figlia Theresia, che a sua volta nel 1705 sposò a Vienna il tiorbista e poi compositore cesareo F.B. Conti.
Dal settembre 1679 al maggio 1680, insieme con il marito la M. seguì a Praga la famiglia imperiale costretta a lasciare Vienna per un’epidemia di peste. Nel carnevale 1680 quasi certamente partecipò all’allestimento praghese de La patienza di Socrate con due mogli di N. Minato e A. Draghi. Anche se è documentato un suo viaggio in Italia nel 1695, sembra che in seguito sia rimasta sempre a Vienna.
La M. morì, presumibilmente a Vienna, poco dopo il 30 giugno 1701, data in cui percepì per l’ultima volta lo stipendio come cantante della corte imperiale.
Fonti e Bibl.: Vienna, Hofkammerarchiv, Quartierbücher, 1677, 1678, 1686; Quartierresolutionen, 1677, 1686; Ibid., Allgemeines Verwaltungsarchiv, Familienarchiv Harrach, K.299 (lettera di J.H. Schmelzer del 21 ag. 1675 al conte Ferdinand Bonaventura Harrach); K.207 (lettere di Leopoldo I al conte Ferdinand Bonaventura Harrach 1674-76); Arch. di Stato di Ferrara, Arch. Bentivoglio d’Aragona, Lettere sciolte, b. 365, c. 440r (lettera della M. da Praga, 9 dic. 1679 a Ippolito Bentivoglio); C. Fontana, Risposta… alla lettera dell’illustrissimo signor Ottavio Castiglioni, Roma 1668, p. 21; P. Nettl, Die Wiener Tanzkomposition in der zweiten Hälfte des 17. Jahrhunderts, in Studien zur Musikwissenschaft, VIII (1921), p. 172; B. Brunelli, L’impresario in angustie, in Riv. italiana del dramma, V (1941), 3, pp. 330-333; R. Giazotto, La guerra dei palchi, in Nuova Riv. musicale italiana, I (1967), 3, pp. 283, 285; H. Knaus, Die Musiker im Archivbestand des Kaiserlichen Obersthofmeisteramtes (1637-1705), Graz-Wien 1967-69, II, pp. 9 s., 23, 27, 42 s.; III, pp. 45, 140 s.; R. Giazotto, Nel CCC anno della morte di A. Cesti: ventidue lettere ritrovate nell’Archivio di Stato di Venezia, in Nuova Riv. musicale italiana, III (1969), p. 510; M. Viale Ferrero, Repliche a Torino di alcuni melodrammi veneziani e le loro caratteristiche, in Venezia e il melodramma nel Seicento, a cura di M.T. Muraro, Firenze 1976, p. 165; C.B. Schmidt, An episode in the history of Venetian opera: the «Tito» commission (1665-66), in Journal of the American Musicological Society, XXXI (1978), p. 458; Storia del teatro Regio di Torino, a cura di A. Basso, III, M. Viale Ferrero, La scenografia dalle origini al 1936, Torino 1980, p. 26; J. Rosselli, From princely service to the open market: singers of Italian opera and their patrons, in Cambridge Opera Journal, I (1989), pp. 11 s.; E. Rosand, Opera in seventeenth-century Venice. The creation of a genre, Berkeley, CA, 1991, pp. 224, 226, 235, 239-243; J. Rosselli, Il cantante d’opera. Storia di una professione (1660-1990), Bologna 1993, pp. 31, 163, 196, 235; B.L. Glixon, Private lives of public women: prima donnas in mid-seventeenth-century Venice, in Music & letters, LXXVI (1995), pp. 524-526; E. Tamburini, Due teatri per il principe. Studi sulla committenza teatrale di Lorenzo Onofrio Colonna (1659-1689), Roma 1997, pp. 92, 103 s., 184, 199, 407; A. Romagnoli, Galline, «specolazioni» e pene d’amore. «La patienza di Socrate con due mogli» di Minato e Draghi (1680), in «Quel novo Cario, quel divin Orfeo». Antonio Draghi da Rimini a Vienna. Atti del Convegno internazionale, Rimini… 1998, a cura di E. Sala - D. Daolmi, Lucca 2000, p. 206; S. Monaldini, L’orto dell’Esperidi. Musici, attori e artisti nel patrocinio della famiglia Bentivoglio (1646-1685), Lucca 2000, pp. 179 s., 183 s., 277, 566; C. Reardon, The 1669 Sienese production of Cesti’s «L’Argia», in Music observed. Studies in memory of William C. Holmes, a cura di C. Reardon - S. Parisi, Warren, MI, 2004, pp. 419, 426; B.L. Glixon - J.E. Glixon, Inventing the business of opera, Oxford 2006, ad indicem.