villocentesi
Tecnica di diagnosi ostetrico-ginecologica, che prevede il prelievo di villi coriali, con lo scopo di raccogliere piccole quantità di tessuto trofoblastico (placentare). Poiché le cellule che costituiscono i villi sono caratterizzate da un elevato indice proliferativo e hanno il medesimo assetto genetico dell’embrione, la villocentesi consente di disporre, con grande facilità, di elementi cellulari sui quali delineare con precisione il profilo genetico dell’organismo in via di sviluppo. L’esame si effettua dalla decima settimana di gravidanza, e trova particolari indicazioni per la diagnosi di anomalie cromosomiche o malattie diagnosticabili con lo studio del DNA (autosomiche dominanti e recessive, legate al cromosoma X), malattie infettive, accertamento di paternità. La procedura viene eseguita, previa anestesia cutanea, mediante un sottile ago spinale. La guida ecografica, preferibilmente per via transaddominale, consente preventivamente di localizzare correttamente, e in tutta la sua estensione, il tessuto trofoblastico e poi di valutare il percorso dell’ago e di accertarsi della localizzazione corretta della sua punta nel bersaglio. Sempre sotto guida ecografica, si imprimono all’ago movimenti verticali ritmici in senso anteroposteriore per 50÷60 s, al fine di ottenere i campioni di tessuto, che vengono poi aspirati con l’ausilio di una siringa da 20 ml. Molto simile all’amniocentesi, sia come procedimento tecnico sia come indicazioni, il prelievo dei villi coriali è, però, leggermente più rischioso per il feto. (*)
→ Genetica. Screening genetico.