VILLA
. Il nome di villa che, nell'antichità romana, designava soprattutto la dimora rurale, anche signorile, o un gruppo di caseggiati rustici, ma, comunque, a differenza di vicus, pareva riservato a indicare il complesso di fabbricati appartenenti a unico proprietario, o addirittura, per antonomasia, il centro del fundus, ha invece mutato alquanto il suo valore nella corografia medievale. Infatti esso corrisponde ormai, in casi sempre più frequenti, a un piccolo centro rurale comprendente svariate e distinte aziende agricole; cioè a un complesso territoriale equivalente al moderno villaggio. Il fenomeno ha un riscontro tanto in regioni sottrattesi all'influsso barbarico, per es. in Sardegna, quanto in paesi che furono centro d'irradiazione della dominazione germanica, come la Gallia; e il mutamento si spiega abbastanza bene col diffondersi del latifondo nell'età romana, e, poi, col suo dissolversi, attraverso la divisione dei dominî e la formazione del massarizio. In Italia, il termine di villa, nella sua nuova accezione, pare abbia largamente soppiantato quello di vicus o locus specialmente dopo la conquista franca, e per influsso della terminologia amministrativa e notarile. Come indica anche il famoso capitolare carolingio "de villis", esso poteva permanere ancora col significato antico (equivalendo a curtis); ma, sempre oltralpe, esso si allargava poi anche a designare centri urbani (fr. ville). In Italia rimase soprattutto a designare il villaggio, cioè la terra aperta in contrapposto al borgo e al castello; donde la classe dei villani e l'istituto del villanatico, relativo alla condizione dei rustici gravati dai cosiddetti munera sordida. Così intesa, la villa fornì di solito la base territoriale per la formazione dei minori comuni rurali. (V. comune: Il comune rurale; curtense, sistema).
Bibl.: N. D. Fustel de Coulanges, L'alleu et le domaine rural, Parigi 1889; C. Flach, Fundus, villa et village, in Nouvelle Revue histor. d. droit français et étranger, XXXIV, p. 325 segg.; A. Dopsch, Die Wirtschaftsentwicklung d. Karolingerzeit, 2ª ed., Vienna 1921-22; G. P. Bognetti, Sulle origini dei comuni rurali del Medioevo, Pavia 1927.
Villafranca. - Il toponimo di Villafranca, con l'altro di Francavilla, è abbastanza frequente in Italia a testimoniare della diffusione di un istituto del diritto pubblico medievale, che ebbe notevole importanza per l'organizzazione politica e amministrativa del territorio rurale. Il remoto punto di partenza di questo istituto sta probabilmente nel privilegio che certe comunità militari avevano di essere direttamente soggette al sovrano, anziché agli ordinarî funzionarî provinciali o, più tardi, ai feudatarî (tale infatti fu, a lungo, il concetto di libertà politica). Dopo che, a cominciare dal sec. IX, i sovrani usarono concedere speciale protezione e immunità alle collettività cittadine e ai centri di mercato (v. franchigia; a città, alla francese e spagnola, si riferisce in qualche caso il nome di Francavilla), e dopo che, più tardi, le minori località fortificate ebbero privilegi, a loro incremento e per stimolo alla difesa (v. Borgo), fu la volta della concessione della franchigia a un certo numero di villaggi aperti (sec. XII). La caratteristica è quindi quella di una libertà largita. La largizione poté avvenire, ancora, per opera di sovrani o di grandi feudatarî, interessati a interrompere la continuità dei dominî dei vassalli; ma, specialmente nella storia dell'Italia settentrionale, è tipica la fondazione di tali ville, o la largizione della franchigia a preesistenti aggregati, dietro particolare giuramento di fedeltà, da parte delle comunità maggiori (città), che nella lotta contro le città rivali o i grandi feudali volevano avere, presso i confini, colonie fedeli; o, obbligate a conquistare, castello per castello, il contado, privilegiavano alcune terre con limitata autonomia o con esenzioni militari o fiscali (specialmente dal servizio armato fuori del distretto, e dagli onera rusticana), per trasformarle in centro di residenza e di adunata per i rustici vogliosi di sottrarsi ai feudatarî. Anche le minori città, come, per esempio, il comune di Albenga che fondò almeno quattro di queste ville, seguirono, specialmente durante il sec. XIII, questo procedimento.
Bibl.: A. Mazzi, Studi bergomensi, Bergamo 1888; R. Caggese, Classi e comuni rurali nel Medioevo italiano, Firenze 1906-09; G. Rolandi Ricci, Franchigie concesse dal comune di Albenga al borgo di Pogli, in Boll. della R. Deputaz. di storia patria per la Liguria, II, Albenga 1936.
VILLA, Tommaso. - Uomo politico, nato a Canale, in provincia di Cuneo, il 29 gennaio 1832, morto a Torino il 24 luglio 1915. Laureatosi in giurisprudenza, entrò a far pratica nello studio di Angelo Brofferio, di cui sposò poi la figlia. Come il suocero, si rivelò ben presto focoso oratore e uno dei rappresentanti del partito democratico piemontese, di cui sostenne vivacemente le idee politiche non solo nei pubblici comizî, ma in alcuni periodici da lui fondati (Il Mago; Il Goffredo Mameli; La Caricatura), che però ebbero vita effimera. Nell'ottobre del 1865 fu eletto deputato alla IX legislatura per il collegio di Villanova d'Asti, che gli rimase fedele fino alla XIV, ad eccezione della XII (1874), quando i suoi elettori non approvarono la difesa da lui fatta alla Camera del disegno di legge presentato dal Minghetti sulla nullità degli atti giuridici non registrati. Riuscì tuttavia nel collegio di San Daniele del Friuli, ma dalla XV in poi i suoi antichi elettori lo riconfermarono a loro deputato. Come avvocato fu uno dei primi del foro torinese; e celebri furono le sue difese nei processi per l'uccisione di Raffaele Sonzogno (delitto istigato da G. Luciani) e di quella del capitano Fadda. Nel 1879 entrò come ministro dell'Intemo nel Gabinetto Cairoli, e quattro mesi dopo, quando il Cairoli e il Depretis si rappacificarono formando quel ministero che cadde rumorosamente per la questione di Tunisi (maggio 1881), il V. passò alla Grazia e Giustizia. Presidente della Camera (dicembre 1893), tenne quel seggio fino al dicembre del 1897 e lo rioccupò per breve tempo nel 1908. Non fu rieletto deputato nel febbraio del 1909; ma il Giolitti, che era allora al potere, lo fece subito nominare senatore del regno (10 marzo 1909). Il V. fu l'organizzatore della grande esposizione di Torino nel 1884; e fu anche il rappresentante dell'Italia alle varie grandi esposizioni internazionali all'estero specialmente a quella di Parigi nel 1881.