VIGILIA
. Con questo vocabolo latino s'indica propriamente la veglia notturna, ma da questo primo significato ne derivarono altri nella terminologia ecclesiastica. Presso molti popoli e in tutti i tempi la notte, per il silenzio e l'oscurità, fu ritenuta molto opportuna per dedicarsi alla preghiera. Per i cristiani vi era inoltre l'esortazione di Gesù: "vegliate, perché non sapete quando venga il padrone di casa, se a sera, se a mezzanotte, se al canto del gallo, se la mattina" (Marco, XIII, 35), e il suo esempio: "andò su di un monte a pregare e stava passando la notte in orazione" (Luca, VI, 12); perciò anche essi adottarono l'uso di vegliare pregando, e ce lo attestano non solo gli antichi Padri della Chiesa, ma anche scrittori pagani (cfr. Plinio il Giovane, Epist., 10). Soprattutto durante le persecuzioni i fedeli vegliavano nelle catacombe. L'usanza divenne comune anche dopo la libertà concessa al culto pubblico, particolarmente nella notte tra il sabato e la domenica e in quelle precedenti le feste del Signore e dei martiri; più tardi fu estesa al sabato delle quattro tempora. Quando nel sec. IV asceti e monaci passavano tutte le notti in orazione, per lo più salmodiando, questa ufficiatura notturna prese il nome di "vigilia", e lo conservò anche quando non le si diede principio che al canto del gallo per terminarla col sorgere del sole, e la veglia dell'intera notte non era rimasta liturgicamente se non nella "madre di tutte le vigilie" (cioè quella di Pasqua) nella vigilia di Natale e in quella di Pentecoste, che forse è la più antica. Tale soppressione, che avvenne verso la fine del sec. IV e il principio del V, va attribuita in gran parte al fatto, che a causa della moltitudine dei fedeli veglianti si erano introdotti degli abusi, tanto che la Chiesa aveva già dovuto prescrivere che le veglie pubbliche si tenessero solamente nelle chiese e che a quelle private non partecipassero le donne. Nel sec. VIII persino la sacra liturgia della vigilia di Pasqua non era più praticata di notte, ma veniva anticipata alle tre del pomeriggio; nel sec. XI si celebrava a mezzogiorno e dal XIV fin dal mattino, come si pratica tuttora. Così, scomparsa del tutto la veglia, fuorché per l'"alma notte della Natività del Signore", per la quale perdura ancora, la parola "vigilia" passò col tempo a significare anche il giorno precedente una festa (profestum).
Complemento delle vigilie, intese in quest'ultimo senso, era divenuto a poco a poco il digiuno, forse originariamente connesso con la Pasqua, e "vigilia" fu chiamato anche tale digiuno e, per estensione, anche il digiuno della quaresima e di altri tempi; sicché "far vigilia" è sinonimo di "digiunare".
Infine, dall'usanza di santificare con la preghiera e con la recita di salmi le veglie che dappertutto si sogliono fare ai morti prima del seppellimento, derivò in molti luoghi l'uso di dare il nome di "vigilia" all'ufficiatura liturgica per i defunti, sebbene essa abbia luogo di giorno.