VIGILI
. Con tale denominazione vennero designati i componenti di un corpo armato, che doveva provvedere a spegnere, a limitare, e, per quanto possibile, a prevenire gl'incendî e inoltre al servizio di pubblica sicurezza nella città di Roma specialmente durante la notte.
Tale servizio era affidato durante la repubblica ai tres viri capitales, detti anche tres viri nocturni, ai quali vennero poi aggiunti i quinque viri cis Tiberini. Al lavoro manuale necessario per l'estinzione degl'incendî provvedeva la familia publica degli edili, cioè un corpo di schiavi, il cui numero e la cui organizzazione non sono conosciuti. Esso certo era insufficiente ai bisogni; perciò i privati mantenevano e addestravano alle operazioni di estinzione d'incendî gruppi di schiavi o per speculazione, e cioè per darli a nolo in caso di necessità, o per ambizione. Oltre agli edili e ai tres viri capitales, dovevano presentarsi sul luogo degl'incendî anche i consoli e i tribuni. Augusto, riconosciuta la necessità del suo diretto intervento anche in questo, nel 22 a. C. invitò gli edili a una maggior cura di questo servizio e diede loro un corpo di vigili di 600 uomini. Poco appresso gli istituì o ravvivò il culto di Vulcano e di altre divinità, che potevano avere indirettamente influenza sugl'incendî, per accrescere nel popolo la cura per le precauzioni atte a impedirli. Dimostratisi insufficienti anche questi provvedimenti, nell'anno 6 d. C., egli riformò totalmente il servizio, costituendo il corpo dei vigili. Come in altre riforme riguardanti la citta di Roma, prese a modello Alessandria, e tenne conto della divisione della città in quattordici regioni, già da lui fatta nel 17 a. C., e mantenne il principio che il nuovo corpo provvedesse anche alla polizia notturna particolarmente contro gl'incendiarî, gli scassinatori, i ladri e i ricettatori. Stabilì che il corpo dei vigili fosse composto di liberti, compresi i Latini iuniani, i quali, dal 24 d. C., potevano ottenere la cittadinanza romana dopo un servizio nei vigili di sei anni, poi ridotto a tre con un senato-consulto. Ai tempi di Settimio Severo, a quanto risulta da qualche iscrizione, i vigili erano in gran parte ingenui.
Il corpo dei vigili era ordinato in sette coorti di 1000 a 1200 uomini, composte di sette centurie di un numero di uomini non fisso (da 120 a 160). Le coorti dei vigili quindi si differenziavano da quelle degli altri corpi, che erano di dieci o di sei centurie. Ogni coorte doveva provvedere alla vigilanza nel territorio di due regioni e aveva la sua caserma in una di esse; ma in ognuna delle XIV regioni c'era un corpo di guardia (excubitorium), donde i vigili potessero più prontamente accorrere sul luogo dell'incendio. Di quattro delle sette caserme (stationes) sono stati scoperti i ruderi o identificata l'ubicazione, e precisamente quelle della I, II, IV e V.
Il comando del corpo dei vigili era tenuto, in rappresentanza dell'imperatore, dal prefetto dei vigili (praefectus vigilum o vigilibus) nominato per un periodo di tempo non determinato. Era scelto nell'ordine equestre ed era il meno elevato in grado degli altri grandi prefetti: poteva essere promosso a una delle altre prefetture senza distinzione; è noto l'esempio di Ofonio Tigellino, promosso direttamente alla prefettura del pretorio, sotto Nerone. Dal tempo di Traiano venne aggiunto al prefetto un subpraefectus vigilum o vigilibus (da non confondersi con il vicepraefectus). Il prefetto dei vigili, come gli altri alti funzionarî ausiliarî dell'ordine equestre, non è magistrato nel vero senso della parola, e perciò non ha i littori, nè le altre insegne dei magistrati, tuttavia è investito straordinariamente di poteri giurisdizionali limitati. Oltre che i sottoposti, giudica in via penale i ladri, gl'incendiarî, i grassatori, gl'incettatori, i danneggiatori di magazzini e luoghi pubblici e gli schiavi fuggitivi; in generale la sua competenza si limita ai reati che hanno diretto rapporto col suo ufficio; può condannare alla fustigazione, alle miniere, ai lavori forzati a vita e a tempo; ma non può emettere sentenze capitali, anzi nei casi più gravi egli deve rinviare il reo al giudizio del praefectus urbi. In via civile le sue decisioni riguardano risarcimento di danni e restituzione di cose, in quanto tali decisioni hanno rapporto con il suo ufficio di vigilanza.
I vigili non erano veri e proprî milites: erano considerati inferiori ai soldati delle coorti pretorie e urbane; tuttavia l'ordinamento gerarchico dei vigili non era molto diverso da quello degli altri corpi armati.
Le sette corti di cui il corpo dei vigili era costituito prendevano il nome di I, II, III, ecc. Solo le corti I e VII ebbero, secondo l'uso invalso dall'inizio del sec. III un nome imperiale (Antoniniana, Severiana, Filippiana e anche Mamiana). Ogni coorte era comandata da un tribunus che poteva passare, per promozione, con la stessa denominazione, al comando di una coorte urbana o pretoria. Le centurie erano ciascuna agli ordini di un centurione. Poiché, come si è accennato, i vigili avevano funzioni di pubblica sicurezza, loro reparti sorvegliavano le carceri, i magazzini di viveri dello stato, i bagni pubblici; i vigili addetti a questi servizî erano detti carcerarii, horrearii, balnearii e, con questi ultimi, unctores, che ungevano i bagnanti.
Dei principales dei vigili, ossia dei sott'ufficiali, è stato possibile stabilire la gerarchia. Come in tutti i corpi armati, i gradi sono in rapporto con le funzioni, dette munera, che si dividono in due categorie: i munera assegnati dai comandanti, perché inerenti ai reparti da questi comandati (e quindi c'erano i munera praefecti, munera tribuni, munera centurionis) e quelli comuni a tutta la coorte. Per la gerarchia in ogni centuria avevano rango superiore i munera praefecti, seguivano i munera centuriae e quindi i munera tribuni; i munera cohortis non erano raggruppati, ma compresi e intramezzati, in un ordine non ancora ben sicuro, a quelli già detti. L'ordine della promozione dal basso era il seguente:1. miles (semplice gregario); 2. codicillarius tribuni (che troviamo solo nel corpo dei vigili e doveva essere addetto alla segreteria per i codicilli); 3. secutor tribuni (che accompagnava il tribuno e doveva essere sempre pronto ai suoi ordini); 4. beneficiarius tribuni o optio carceri o optio cohortis; 5. tesserarius (uno in ogni centuria per segnare su una tavoletta di legno, cioè su una tessera, la parola d'ordine e trasmetterla); 6. optio centurionis (una specie di aiutante del centurione); 7. vexillarius (uno in ogni centuria) oppure a commentariis praefecti (che redigeva gli acta diurna); 8. optio balnearii (probabilmente il capo del reparto dei balnearii) o cornicularius tribuni (un aiutante del tribuno, che come i cornicularii degli altri corpi si distingueva per il distintivo, che era un corniculum); 9. beneficiarius praefecti; dopo il quale c'era il centurione. Vi erano inoltre medici, quattro in ogni coorte, in numero quindi superiore che negli altri corpi, forse per le speciali mansioni del corpo dei vigili. Nel corpo non c'erano equites.
Una sezione (vexillatio) di una coorte di vigili di Roma era a Ostia comandata da un praepositus, che quasi sempre era il tribuno delle coorte di cui faceva parte la vexillatio; ne è stata pure scoperta la caserma. Quando la capitale venne trasportata a Costantinopoli, anche là vennero create la prefettura dell'annona e quella dei vigili; così pure a Ravenna. Vigili troviamo, oltre che a Ravenna, a Tuder (Todi), a Favepntia (Faenza), a Nemausus (Nîmes) e a Lugdunum (Lione).
Per i moderni vigili, v. polizia; per i vigili del fuoco, v. incendio.
Bibl.: Th. Mommsen, Röm. Staatsrecht, II, 3ª ed., Lipsia 1888, p. 1054 segg. (versione franc. Le droit public romain, in Manuel des antiquités romaines, V, p. 356 esgg.); J. Marquardt e A. Domaszewski, Röm. Staatverwaltung, II, ivi 1876, p. 468 segg. (versione francese, in Manuel des antiquités romaines, XI, Parigi 1891, p. 210 seg. Cfr. p. 285 e specialmente p. 301 segg.); Ephemeris epigrafica, IV, Berlino 1881, p. 355 segg., 531 segg.; O. Hirschfeld, Die kaiserliche Verwaltungsbeamten bis auf Diocletian, 2ª ed., Berlino 1905, p. 252 seg.; E. De Magistris, La "militia vigilum" della Roma imperiale, Roma 1898; E. Caetani Lovatelli, Scritti varii, ivi 1898, p. 189 segg.; P. Werner, De incendiis urbis Romae aetate imperatorum, Lipsia 1906, p. 51 segg.; Annali dell'Instituto di corrispondenza archeologica, Roma 1858, p. 265 seg.; 1874, p. 111 seg.; P. V. Raynolds, The vigiles of imperial Rome, Oxford 1936.