Fleming, Victor
Regista e operatore cinematografico statunitense, nato a Pasadena (California) il 23 febbraio 1883 e morto a Cottonwood (Arizona) il 6 gennaio 1949. Attivo fin dai tempi del muto, F. ha costituito un esempio significativo di quella combinazione tra artigianato e autorialità che caratterizzò buona parte della produzione hollywoodiana del periodo classico. Ben integrato nel sistema produttivo delle majors, considerato un regista esperto e rapido, venne più volte chiamato a sostituire colleghi in alcune delle più rischiose imprese produttive dell'epoca. È l'autore di due dei film di maggiore successo della storia del cinema, The wizard of Oz (1939; Il mago di Oz), fiaba dall'atmosfera intensamente onirica, e Gone with the wind (1939; Via col vento), sontuoso melodramma ambientato durante la guerra di Secessione che ottenne numerosi Oscar, fra cui quello per il miglior film e per la regia. Non è un caso che proprio F. venisse scelto per condurre a termine tali travagliate lavorazioni (nel primo caso sostituì George Cukor, Richard Thorpe e King Vidor, nel secondo Cukor e Sam Wood). Per lungo tempo la critica non si è interrogata sugli effettivi apporti stilistici dati a queste due opere: tuttavia in esse sono rintracciabili quei toni romantici, discreti e seccamente rigorosi, che attraversano tutta la sua produzione. I fondali dagli accesi cromatismi di Gone with the wind, le tensioni psicologiche espresse dal gioco tra il bianco e nero e le scene a colori di The wizard of Oz, rappresentano le tipiche invenzioni visuali che scaturiscono direttamente, per lo più in forme inaspettate, dal sistema industriale cinematografico della Hollywood della fase classica.Inizialmente destinato a una spericolata carriera nel mondo dei motori (fu motociclista, pilota d'aereo e di automobili da corsa), negli anni Dieci F. arrivò negli studi hollywoodiani, dove cominciò a lavorare come operatore per alcuni registi, quali David W. Griffith e Allan Dwan, e con un produttore e attore come Douglas Fairbanks, protagonista di quello che costituì il suo esordio nella regia, When the clouds roll by (1919). In quegli anni, lavorando per la Paramount, si specializzò nel melodramma (molto spesso a carattere esotico-avventuroso: Red hot romance, 1922; Dark secrets, 1923) e nel western (The call of the canyon, 1923; The rough riders, 1927), mettendo a punto la sua caratteristica versatilità narrativa, arricchita di notevoli coloriture romantiche, che sarebbe stata alla base della sua successiva produzione sonora, andando a costituire un corpus di rilievo, pari a più della metà dell'intera opera del regista.Dopo aver diretto Lord Jim (1925), dal romanzo di J. Conrad, e aver contribuito a lanciare attrici e attori quali Clara Bow (Mantrap, 1926, Una maschietta tutto pepe, e Hula, 1927), Emil Jannings, al suo primo film statunitense (The way of all flesh, 1927, Nel gorgo del peccato) e Gary Cooper (nel western The Virginian, 1929), F. nel 1932 passò alla Metro Goldwyn Mayer dando una svolta radicale alla propria carriera e inserendosi in modo organico nello stile della casa. La sua musa ispiratrice divenne Jean Harlow, protagonista di un trittico fondamentale: Red dust (1932; Lo schiaffo, con Clark Gable, rifatto da John Ford nel 1953 con il titolo di Mogambo), Bombshell (1933; Argento vivo), Reckless (1935; Tentazione bionda). Rispettivamente un melodramma di forte erotismo, ambientato in Indocina, una commedia sofisticata e caustica sul mondo del cinema, un dramma musicale su una crisi coniugale, tutti inequivocabilmente segnati ‒ oltre l'apparente freddezza registica ‒ da una scrittura filmica ironica e sottilmente allusiva, da uno sguardo densamente romantico e sensuale. Una cifra stilistica entro cui F. adombra un mondo poetico fatto di dolorose malinconie (si pensi alla leggerezza con la quale viene raccontata una vita non vissuta, scandita dal cinismo dello star system in Bombshell) e di indagini morali, come sempre più spesso avverrà anche nei successivi film pervasi da violente e cupe inquietudini e da un impetuoso andamento narrativo: Treasure island (1934; L'isola del tesoro), dal romanzo di R. L. Stevenson, Captains courageous (1937; Capitani coraggiosi), dal romanzo di R. Kipling, e Test pilot (1938; Gli arditi dell'aria). Quest'ultimo in particolare ‒ grazie anche alla presenza scenica di Clark Gable e Spencer Tracy ‒ prefigura nelle sue visionarie traiettorie celesti l'originale commistione, tipica dello stile del regista, fra parossistica messa in scena di valori etici in crisi (ampiamente presenti in Gone with the wind) e sperimentazione sull'immagine tramite un reale continuamente trasfigurato (come avviene nella 'tavolozza' visiva di The wizard of Oz, fondata sulle due varietà psicologiche di un bianco e nero slavato e di una fuga di colore tanto intensa da sembrare irreale). Gli ultimi film di F., da Dr. Jekyll and Mr. Hyde (1941; Il dottor Jekyll e Mr Hyde) e Tortilla flat (1942; Gente allegra), a A guy named Joe (1943; Joe il pilota) e Adventure (1945; Avventura), fino a Joan of Arc (1948; Giovanna d'Arco), confermano, almeno in parte, questo atteggiamento. In Dr. Jekyll and Mr. Hyde, tratto dal racconto di Stevenson, F. valorizza, oltre all'interpretazione di Spencer Tracy, l'intensa e sensuale fisicità di Ingrid Bergman, nel ruolo, inusuale per lei, di prostituta cinica e malinconica (solo Roberto Rossellini saprà proporre in seguito un'inconsueta raffigurazione dell'attrice, e lo stesso F. non riuscirà a ripetersi nel didascalico Joan of Arc, sempre con la Bergman), creando un ritmo filmico arditamente giocato su dilatazioni del racconto interrotte da inaspettati lampi horror e innestate su una figuratività densa e brillante insieme. Ma è con A guy named Joe ‒ di nuovo alle prese con gli amati avventurieri dell'aria ‒ che F. firmò il proprio testamento cinematografico. In questo film (di cui Steven Spielberg ha diretto nel 1989 un remake altrettanto appassionato e poetico, Always), i consueti risvolti malinconici del romanticismo di F. confluiscono nei territori del fantastico e trovano, nella pastosa consistenza di un mondo popolato da fantasmi, la dimensione estetica della sua poetica.
H. Bridges, T.C. Boodman, Gone with the wind. The definitive illustrated history of the book, New York 1989; A. Harmetz, The making of wizard of Oz, New York 1998; P. Cristalli, Victor Fleming, Via col vento, Torino 2001.