Vedi VICO EQUENSE dell'anno: 1973 - 1997
VICO EQUENSE (v. s 1970, p. 907)
L'insediamento di V. E., circoscritto dalle necropoli, era ubicato su un pianoro tufaceo proteso sul mare. La distribuzione dei nuclei cemeteriali sembra suggerire un centro di medie dimensioni con un assetto del sito simile a quello di Pompei, con l'abitato nella zona elevata e le strutture marittime, in basso, sulla costa. L'abitato etrusco- indigeno fu forse preceduto da un piccolo villaggio di Opici analogo a quelli sparsi nella penisola sorrentina e attestati soprattutto dalle necropoli e dal materiale erratico.
La più antica documentazione archeologica risale all'ultimo quarto del VII sec. a.C. e proviene da due settori della necropoli, Via Nicotera e Via Cortile, attestando come la presenza degli Etruschi ben presto incrementò l'attività emporica rispetto all'originaria vocazione degli indigeni, dediti all'agricoltura e alla pesca (Bonghi Jovino, 1982).
Relativamente alla fase etrusco-indigena, gli scavi (1985- 86) hanno portato alla luce altre ventitré sepolture (Sampaolo, 1987) nell'area della necropoli di Via Nicotera ove erano già state rinvenute le altre numerose tombe, notevoli soprattutto per il materiale bronzeo, per la ceramica attica e per l'eccezionale documentazione epigrafica etrusca e paleo-osca. Delle nuove tombe, diciannove sono a cassa costituita da lastroni di tufo con copertura sia orizzontale sia a doppio spiovente; alcune presentano oggetti deposti all'esterno che possono far parte del corredo di accompagno oppure essere pertinenti al culto funebre, altre tre si trovavano a una quota superiore e sono prive di corredo. Il rito è esclusivamente inumatorio. Fa eccezione un solo caso che è a incinerazione in dolio. La maggior parte delle tombe è orientata N-S; solo due, a cassa di tufo, hanno orientamento E-O. Al di sopra dello strato pertinente alle tombe a cappuccina è stato trovato un livello di pomici dell'eruzione vesuviana. Anche questi corredi riflettono le usanze del sito e segnalano un rituale funerario che prevedeva un ridotto numero di oggetti nelle tombe, di cui chiaramente almeno due maschili e due femminili.
Tra il materiale pregiato si annoverano una cassetta decorata con elementi in bronzo, uno scarabeo con cornice d'argento, avorî lavorati, una collana, un pendente in osso in forma di ghianda, una fibula in argento con arco decorato e staffa lunga desinente con bastoncello ornato da tondelli. Il materiale metallico comprende un calderone situliforme con attacchi e ansa in ferro, un cinturone, una brocca, una «grattugia», fibule e anellini in bronzo e un coltello, alari, spiedi e fibule in ferro. Il bucchero è attestato soprattutto da coppe. La produzione vascolare attica a figure nere è principalmente documentata da una oinochòe, da un'anfora e da uno skỳphos; quella a figure rosse da un cratere a calice, da un cratere a colonnette e da una kỳlix. La ceramica a vernice nera, che sembrerebbe prodotta prevalentemente in area campana, annovera soprattutto skỳphoi, kỳlikes, coppe e coppette, una lèkythos miniaturistica. È attestata la ceramica a bande. La ceramica acroma è presente con anforette, brocche monoansate, olle, skỳphoi. La produzione anforaria è documentata da un'anfora etrusca tipo Py 4 e da altra greco-orientale. Molto interessante infine risulta la presenza di parti di un tessuto abbastanza ben conservato. Una novità, rispetto al panorama noto, è costituita da un pregiato alàbastron a bocca larga in pasta vitrea policroma di probabile produzione levantina, che documenta ulteriormente l'apertura e il gusto della committenza. Esso comprova anche la diffusione essenzialmente costiera degli oggetti in pasta vitrea tra cui le perle a occhio rinvenute nella medesima necropoli, da ascrivere direttamente al commercio fenicio oppure a quello greco o etrusco (Albore Livadie, 1985).
Le tombe recentemente emerse coprono un arco di tempo che va all'incirca dal VI sec. a.C. fino al periodo ellenistico. Alla luce dell'intero complesso della documentazione archeologica è possibile delineare con maggiore puntualità il profilo culturale dell'insediamento. L'orizzonte più antico mostra una facies caratterizzata soprattutto dai seguenti elementi: presenza della locale ceramica di impasto di buona fattura, ricorrenza della ceramica a fasce di tradizione geometrica e importazione dall’Etruria meridionale di vasellame di bronzo di eccellente qualità. Dalla Campania interna etruschizzata (Capua e Nola) sembra invece provenire altro materiale bronzeo e vascolare. Si nota infine la notevole quantità del bucchero di produzione campana. Oggetti di pregio si affiancano alla grande quantità di ceramica attica. A partire dal V sec. a.C., al regime delle importazioni si accompagnano, specialmente per quel che attiene alla ceramica figurata e a quella a vernice nera, le produzioni campane in maniera sempre più perspicua e consistente. Sulla base del materiale disponibile non si nota quella recessione a metà del VI sec. che è stata segnalata altrove, p.es., per la Valle del Sarno e per Stabia (Cerchiai, 1987); tale fenomeno va comunque valutato nell'ambito della microstoria di questi centri e potrebbe avere le sue fondamenta anche nel tipo di funzionalità di tali sbocchi commerciali marittimi e nel regime del rapporto tra essi e la realtà economica del territorio retrostante. Indubbiamente la ricchezza e la qualità del materiale rinvenuto nelle necropoli di V. E., non essendo destinato al commercio, attesta l'alto livello di alcuni nuclei elitari in un contesto aggregativo attraversato da marcate differenziazioni sociali. Il gruppo degli individui eminenti doveva, presumibilmente, il proprio benessere alle attività emponche e, data la feracità dei luoghi circostanti, anche a quelle agricole tra cui molto probabilmente un buon posto occupava la viticoltura. La fisionomia culturale dell'abitato appare sostanzialmente analoga a quella degli altri insediamenti dell'èthnos nucerino (Lepore, 1979). Le esplorazioni archeologiche, dalla Valle del Sarno alle necropoli stabiane, da Nuceria a V. E., hanno mostrato in definitiva una situazione affine e omogenea nell'ambito di un contesto fortemente etruschizzato.
Gli scavi nell’ insula 5 della Regio VI di Pompei hanno portato alla luce lo strato etrusco-indigeno di epoca arcaica consentendo di formulare per la prima volta l'ipotesi che l'abitato avesse svolto l'eminente ruolo di centro precocemente urbanizzato e recinto di mura dagli Etruschi nel quadro di una facies complessiva che lo ricollegava a V. E. e agli altri insediamenti costieri (Bonghi Jovino, 1984). Gli interventi alle mura e l'edizione dei saggi di A. Maiuri nell'area del Tempio di Apollo hanno soprattutto dimostrato il rapporto Etruschi-fortificazione e ulteriormente confermato tale tessitura culturale (Chiaramonte Treré, 1986; De Caro, 1985 e 1986).
La documentazione epigrafica vicana, costituita da un'epigrafe paleo-osca e da un alfabetario etrusco, ha infine rivelato complesse stratificazioni etnico-linguistiche che sono di particolare interesse anche per il quadro culturale e il popolamento della Campania antica. L'abitato di V. E. si configura quindi, a partire dalla fine del VII sec. a.C., come una compagine etnica a carattere articolato, simile a quella degli altri insediamenti della Campania etruschizzata costiera, sostanzialmente caratterizzato da dualismo culturale e linguistico, anche se il dato epigrafico ha indotto a supporre una componente italica maggioritaria.
La componente etrusca, inserita nel più ampio quadro storico-culturale, risulta tuttavia essere già prevalsa a V. E. intorno alla metà del VI sec. a.C., come segnala la stessa documentazione archeologica che sancisce, a partire da quell'epoca, la compiuta stabilizzazione del processo. Quest'ultimo, tuttavia, non annullò né costrinse oltre misura, a giudicare dai dati archeologici ed epigrafici, lo spazio culturale proprio degli elementi locali che lentamente vennero assorbiti. La funzione di V. E., esaminata anche alla luce della presenza greca nel golfo, fu in sostanza quella di centro di redistribuzione di prodotti verso le zone agricole immediatamente prossime, verso la Campania settentrionale interna e verso il comprensorio enotrio. L'emporio marittimo si colloca e si giustifica pertanto nel quadro del potenziamento e della strutturazione del territorio effettuata dagli Etruschi.
Bibl.: Per l'edizione delle necropoli equane: M. Bonghi Jovino, La necropoli preromana di Vico Equense, Cava dei Tirreni 1982. - Aspetti storico- culturali: M. Pallottino, Un documento della presenza etrusca nella penisola sorrentina: l'alfabetario di Vico Equense, in ArchCl, XXV, 1973, pp. 1-9; R. Arena, in StEtr, XLII, 1974, PP· 387-390; G. Colonna, ibid., pp. 379-385; Α. L. Prosdocimi, ibid., p. 386; G. Colonna, Nuovi dati epigrafici sulla protostoria della Campania, in Atti della XVII Riunione scientifica dell'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Firenze 1975, pp. 151-169; C. Albore Livadie, Sur les amphores de type étrusque des nécropoles archaïques de Nuceria: aspects et problèmes de l'étrusquisation de la Campanie, in RivStLig, XLIV, 1978, pp. 71-135; ead., Le bucchero nero en Campanie. Notes de typologie et de chronologie, in AA.VV., Le bucchero nero étrusque et sa diffusion en Gaule méridionale. Actes de la Table-Ronde d'Aix-en-Provence 1975, Bruxelles 1979, pp. 91-100; N. di Sandro, Appunti sulla distribuzione delle anfore commerciali greche in Campania tra l'VIII sec. ed il 273 a.C., in AnnAStorAnt, III, 1981, pp. 1-14; E. Lepore, Il quadro storico, in F. Zevi (ed.), Pompei 79, Napoli 1984, pp. 13-23; C. Albore Livadie, La tomba 107 ( proprietà N. D'Amora) della necropoli di via Madonna delle Grazie ( Castellammare di Stabia) e l'iscrizione graffita «ahtika sum», in StEtr, LII, 1984, pp. 67-76; ead., Gli Aegyptiaca in Campania: i contesti archeologici ( fine IX-inizi VIII sec. a.C./IV sec. a.C.), in AA.VV., Civiltà dell'antico Egitto in Campania. Per un riordinamento della Collezione Egizia del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Napoli 1984, pp. 45-51; M. Bonghi Jovino, Il periodo arcaico, in M. Bonghi Jovino (ed.), Ricerche a Pompei. L'insula 5 della Regio VI dalle origini al 79 d.C., Roma 1984, pp. 357-372; M. Cristofani, Gli Etruschi in Campania, in AA.VV., Lingua e cultura degli Oschi, Pisa 1985, pp. 21-34; C. Albore Livadie, in Civiltà degli Etruschi (cat.), Milano 1985, p. 131; M. Niro, ibid., p. 228; F. Zevi, ibid., pp. 124-126; C. Albore Livadie, La situazione in Campania, in AA.VV., Il commercio etrusco arcaico (QuadAEI, 9), Roma 1985, pp. 127-154; C. Chiaramonte Treré (ed.), Nuovi contributi sulle fortificazioni pompeiane, Milano 1986, pp. 16-19; S. De Caro, Saggi nell'area del tempio di Apollo a Pompei. Scavi stratigrafici di A. Maturi nel 1931 e 1942-43, Napoli 1986, pp. 19-25; L. Cerchiai, Il processo di strutturazione del politico: i Campani, in AnnAStorAnt, IX, 1987, pp. 46-47; V. Sampaolo, Attività di tutela e di valorizzazione degli scavi, in AA.VV., Archeologia in Campania, Napoli 1987, p. 127; V. Sampaolo, La Penisola Sorrentina in epoca arcaica e classica, in AA.VV., Archeologia a Piano di Sorrento. Ricerche di preistoria e di protostoria nella penisola sorrentina, Napoli 1990, pp. 114-115; G. Colonna, Civiltà anelleniche, in G. Pugliese Carratelli (ed.), Storia della Campania. L'Evo antico, Napoli 1991, pp. 54-56; V. Sampaolo, Aspetti culturali della penisola sorrentina, in Omaggio a Paola Zancani Montuoro, Napoli 1989 ( AttiMGrecia, I), Napoli 1992, pp. 99-109; G. Colonna, Le iscrizioni di Nocera e il popolamento pre- e paleosannitico della Valle del Samo, in AA.VV., Nuceria Alfatema e il suo territorio, Nocera Inferiore 1994, pp. 85-99; L. Cerchiai, I Campani, Milano 1995, p. 139.