VICENZA (Vicetia, Vicentia)
Città del Veneto situata ai piedi della propaggine più settentrionale dei colli Berici, alla confluenza del Retrone nel Bacchiglione.
Ragioni di carattere geografico, o meglio di carattere storico, determinarono qui il sorgere di un nucleo abitato di un certo significato già in periodo paleoveneto. Ma fin dal Paleolitico il territorio vicentino era occupato da insediamenti umani (grotte dei colli Berici, Paleolitico Medio). Del Neolitico ed Eneolitico non mancano ritrovamenti, con aspetti tipici della cultura di Remedello bresciano, in zone che saranno ancora più ricche di reperti nell'Età del Bronzo (palafitta di Fimon, Castellon del Brosimo, ecc.) e anche in area suburbana (Borgo S. Felice). Ma nel centro vicentino una documentazione assai chiara e cospicua inizia con l'Età del Ferro, in particolare con l'estendersi, nell'area, della cultura paleoveneta. È del 1960 la scoperta presso il corso Palladio, che fu sempre l'arteria principale della città, di un piccolo santuario paleoveneto con numerosissime laminette enee figurate, che testimoniano una stretta dipendenza di V. da Este, già affermata, del resto, dal vicino santuario di Magrè vicentino. Con il progressivo decadere del centro atestino e il contemporaneo affermarsi di centri autonomi, anche V. inizia la sua vita come nucleo di una certa importanza. Un cippo di confine (C.I.L., v 2490), posto dal proconsole Ses. Atilio Sarano, inter Atestinos et Veicetinos (135 a. C.), esprime concretamente questo sviluppo e documenta nello stesso tempo significativi rapporti con Roma. Ma questi rapporti, che già dovevano essere frequenti per il passaggio della via Postumia costruita nel 148 a. C. lungo la linea che sarà poi il decumano della città (corso Palladio), dovettero sempre più stringersi allorché V. ottenne, come altre città del Veneto, il diritto latino (89 a. C.) e il diritto romano (49 a. C.). Probabilmente alla seconda metà del I sec. a. C. è da riferire, in seguito alla raggiunta configurazione amministrativa di V. come municipium romano, l'impianto urbanistico della città. La città era rettangolare con lati all'incirca di m 500 × 56o: era costruita secondo il sistema ad assi incrociantisi nel mezzo, con vie parallele ed isolati tendenti al quadrato (m 6o circa di lato). Recenti scoperte (ancora inedite) contraddicono la più volte affermata inesistenza di mura lungo il perimetro della città: ne sono stati trovati elementi considerevoli in mattoni presso piazza Castello, in prossimità del tratto urbano della Postumia. Anche esse paiono riferibili ai primi decenni della vita municipale della città, contemporanee quindi al suo impianto regolare. Già dei primi anni della nostra èra dovevano essere i due ponti romani di S. Paolo e degli Angeli. Questo (parzialmente conservato fino al 1889) era valicato dalla via Postumia, alla sua uscita dalla città verso E. L'altro, abbattuto nel 1875, collegava, superando il Retrone, il centro urbano con il sobborgo meridionale di Berga dove era situato il teatro e da cui si diramavano due strade verso le pendici orientali e occidentali dei colli Berici. Ambedue ci sono noti da ricostruzioni grafiche di A. Palladio, oltre che da relazioni del tempo della demolizione: erano a tre archi a sesto ribassato, uguali gli estremi, più largo il centrale, costruiti secondo la tecnica e il ritmo di varî ponti augustei. Rimangono tracce alla periferia settentrionale della città, nel sobborgo di Lobia, di un acquedotto che si svolgeva per 5-6 km fino al castrum aquae posto a ridosso delle mura. La tecnica di costruzione consiste in un nucleo centrale cementizio, rivestito di un paramento di cubi lapidei simile a quello dell'anfiteatro di Padova. Un'altra opera esterna alla cinta muraria di V., era il teatro, detto di Berga dal nome medievale del quartiere dove si trovano le sue rovine. Anche qui, oltre ai risultati di ripetuti scavi e indagini del secolo scorso, fonte di informazione sono i disegni di A. Palladio. La cavea, con un diametro di m 76,60, era rivolta a N e si distingueva in due ordini, separati da un ambulacro: l'ima cavea poggiante su sostruzioni piene, la summa cavea su muri radiali coperti di vòlte a botte. Il suo prospetto esterno, affacciantesi su una piazza lastricata, era decorato da un elegante paramento architettonico, di cui ci è noto l'ordine del piano-terra con grossi pilastri incorporanti semicolonne per un terzo del diametro. La cavea si saldava, tramite due cripte, all'edificio scenico, particolarmente interessante per le articolazioni che ne movimentavano il prospetto: tre profonde nicchie semicircolari, inquadrate in una columnatio marmorea ricca di rilievi e di statue decorative. Il notevole complesso di queste sculture e il "tipo" dell'edificio scenico, particolarmente sviluppato in Africa nel II sec. d. C. e, nella X Regione Augustea, a Brescia e Trieste, forniscono quegli elementi di valutazione cronologica e storica che la tecnica muraria da sola (paramenti di tufelli in file orizzontali, come nell'acquedotto di Lobia) non basterebbe a dare. Si constata così una successione di lavori per cui il teatro, forse già della prima metà del I sec. d. C. (cavea e statue iconiche giulio-claudie), fu rinnovato in età traianea (frammento di un grande fregio figurato, capitelli, cornici) e, forse nella seconda metà del II sec., ebbe rifatto il fondale scenico. Fino a pochi anni fa la vita monumentale entro il perimetro urbano era praticamente sconosciuta. Pochi lacerti di mosaici pavimentali bastavano a testimoniare l'esistenza di case di un certo decoro. L'esistenza del Foro era supposta, più che dimostrata, nella zona delle piazze medievali: il ritrovamento recente di elementi di un grande edificio pubblico nell'area parrebbe confermarla. Particolarmente significativa la scoperta di un criptoportico quasi nell'angolo S-O del rettangolo urbano. Esso si svolge nello schema a π, noto in numerosi esempi galloromani, con una larghezza di m 3,40 e una lunghezza di m 29 sul lato centrale e 27,2 sui laterali, con una lunga serie di finestre strombate verso l'interno. Per l'accurata decorazione originaria, per la semplicità dell'ingresso, stretto, con una scaletta a due rampe, e per il decentramento rispetto all'area degli edifici pubblici, si ritiene molto probabile l'appartenenza dell'opera ad una ricca domus del I sec. d. C. Diversi livelli di pavimentazione ne attestano l'uso per alcuni secoli. La vita monumentale del centro vicentino durante il periodo paleocristiano è pure di particolare interesse. Nel cuore della necropoli, che occupava in prevalenza la zona ad O della città, sorse, nella prima metà dei IV sec. una piccola basilica cemeteriale, con pavimento musivo in gran parte conservato, sulle tombe dei SS. Felice e Fortunato. Un secolo dopo le successe una basilica più grande a tre navate, con quadriportico e battistero: la prima cattedrale. Le si affiancò alla fine del V sec., un martyrion a croce greca con mosaici parietali. A questo centro paleocristiano si aggiunge quello, di più recente scoperta, sotto l'area del Duomo. Ivi, su resti di case romane del I sec. d. C., si estese una basilica degli inizî del V sec. con pavimento musivo. Di altre costruzioni vicentine resta solo qualche suggerimento epigrafico (C.I.L., v, 3107) o qualche resto troppo povero. Da ricordare un mosaico policromo con medaglioni a scene di caccia (IV sec. d. C.) trovato nella zona del Foro ed altri frammenti di mosaici in bianco e nero. Dalle necropoli di V. e del suo agro provengono stele funerarie decorate: documento di un gusto locale, dipendente da quello della vicina Padova, e dichiaratamente autonomo rispetto al gusto urbano del complesso di sculture iconografiche e ornamentali del teatro Berga. Il Museo Civico conserva, oltre alle antichità locali, una raccolta di sculture, di prevalente provenienza romana, curata nel secolo scorso da G. E. Velo, e una collezione di antichità varie costituita nel 1700 da A. Tornieri.
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