VICARIO
. Antichità romana. - Nell'ordinamento che Diocleziano e poi Costantino diedero all'Impero le provincie vennero molto diminuite di territorio; se ne aumentò il numero e si riunirono in grandi raggruppamenti amministrativi detti diocesi (διοίκησις, dioecesis). A capo di ciascuna diocesi è comunemente un funzionario civile detto vicario (vicarius, βικάριος). Esso appartiene ai più alti gradi dei funzionarî imperiali, venendo in rango subito dopo il prefetto del pretorio e i comandanti supremi delle armate mobili, i maestri della milizia. Con ciò non si deve intendere che dipenda da questi ultimi: essendo funzionario civile, esso dipende dal prefetto del pretorio. Giacché, come è noto, nelle riforme amministrative di Diocleziano e Costantino l'amministrazione civile fu separata da quella militare e, tanto i vicarî, quanto i governatori delle provincie sono funzionarî puramente civili. I vicarî appartengono al rango degli spectabiles e sono pari ai generali delle armate dislocate permanentemente alla periferia, detti duces.
Non tutte le diocesi sono governate da vicarî, almeno nello stadio definitivo della riforma dioclezianea-costantiniana. Un gran numero delle provincie orientali, compreso l'Egitto, costituì in un primo tempo un'unica diocesi, che fu governata da un vicario. Nel 331 il titolo fu cambiato in quello di conte dell'Oriente (comes Orientis), e del territorio che era all'inizio la sua giurisdizione furono fatte varie diocesi. Il governatore dell'Egitto (praefectus Augustalis) rimase più a lungo sotto la sua giurisdizione, ed era sotto di lui anche un vicarius Mesopotamiae, di cui poi non si ode più parlare. Tra il 365 e il 386 l'Egitto fu staccato dalla giurisdizione del comes Orientis e ne fu fatta una diocesi a sé; ma anche questa non fu governata da un vicario, bensì dal praefectus Augustalis, che salì così al grado di un vicario.
Attorno al 400 i vicarî erano i seguenti: il vicario del Ponto (vicarius dioecesis Ponticae), diocesi composta della parte settentrionale dell'Asia Minore e dell'Armenia romana; il vicario dell'Asia (vicarius dioecesis Asianae), diocesi che comprendeva le rimanenti provincie dell'Asia Minore, Panfilia, Licia, le provincie di Frigia, ecc. (un'altra parte dell'Asia Minore, composta cioè della provincia d'Asia, dell'Ellesponto e delle Cicladi, non dipendeva dal vicario, ma dal proconsole d'Asia, anch'esso del rango degli spectabiles e alla dipendenza diretta dell'imperatore); il vicario della Tracia, che costituiva anch'essa una diocesi. Il vicario della Macedonia, la cui diocesi si estendeva sulla parte meridionale della Macedonia (la settentrionale era alle immediate dipendenze del prefetto del pretorio d'Illirico), sulla Tessaglia, sulla Grecia (Achaia), sull'Epiro, scisso nelle due provincie di Epirus vetus e nova, e in Creta (il resto della penisola Balcanica era dunque alle dirette dipendenze del praefectus praetorio per l'Illirico; anche la Pannonia o Illyricum Occidentale non aveva un vicario, ma era alle dirette dipendenze del governo di Milano, cioè del praefectus praetorio Italiae); il vicario d'Italia o della Diocesi Italiciana; il vicario della città di Roma. Sotto Dioeleziano l'Italia perse la posizione privilegiata di dominatrice dell'Impero che aveva fino allora più o meno mantenuta. La stessa capitale viene portata a Milano, che, insieme con Treviri, diventa ora la più importante città dell'Occidente. Così dell'Italia fu fatta un'unica grande diocesi, divisa in due circoscrizioni, e fu affidata all'inizio a un corrector utriusque Italiae. Assai presto però, tra il 306 e il 320, queste due parti divennero due diocesi distinte, la "diocesi suburbicaria" con Roma e l'Italia meridionale, e l'"Italia annonaria" o "diocesi Italiciana". Così anche il corrector cedette il posto a due vicarii. Di questi due quello preposto alla diocesi suburbicaria si dice vicarius urbis Romae. Proseguendo verso Occidente, troviamo: il vicario delle Gallie, la cui diocesi comprende la grande maggioranza della Gallia, il vicario della diocesi di Vienna (di Provenza) o delle Sette Provincie; è questa una piccola diocesi che si estende nella parte della Gallia non soggetta al vicario delle Gallie, e cioè la Narbonense, l'Aquitania e alcuni distretti alpini; il vicario delle Britannie; il vicario della Spagna; il vicario dell'Africa, la quale come la Spagna e la Britannia, rappresenta un'unica diocesi.
Nel corso del sec. V un tale ordinamento si andò alterando. La separazione dei due poteri tornò qua e là ad abrogarsi; da un lato infatti l'autorità militare veniva spesso a conflitto con la civile, dall'altro le continue guerre e le invasioni barbariche non sempre resero opportuna la divisione dei due poteri. La trasformazione che subì il sistema di governo delle provincie non è ben chiara. È molto probabile che al capo della diocesi si sottraesse qualche provincia e la si affidasse al dux o comes, pur conservandole il suo governatore civile, che sarebbe rimasto così in sottordine al governatore militare. I vicarî andarono gradatamente perdendo la maggioranza delle provincie. Verso la fine del sec. V e al principio del VI esistono ancora nominalmente vicarî e diocesi, ma queste non sono più se non circoscrizioni storiche, quelli hanno visto di mano in mano restringersi la propria giurisdizione a solo due o tre provincie. Giustiniano poi, che operò a sua volta una nuova e grande riforma amministrativa, soppresse la carica, raggruppò le provincie in circoscrizioni più vaste e le diede a governare a funzionarî civili e militari di sua creazione che portano varî nomi: praetores, quaestores Iustiniani, e altri.
Bibl.: Karlowa, Römische Rechtsgeschichte, I, p. 856; P. Willems, Le droit public romain, 7ª ed., Lovanio 1920, p. 599 segg.; M. Gelzer, Studien zur byzantinischen Verwaltung Aegyptens, Lipsia 1909; J. B. Bury, The Constitution of the later Roman Empire, Cambridge 1910; id., History of the later Roman Empire from the death of Theodosius to the death of Justinian, Londra 1923, I, p. 25 segg.; II, p. 338 segg.; L. Cantarelli, La serie dei prefetti d'Egitto, in Mem. Acc. Lincei, CCCIX (1912), p. 7; Kornemann, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, col. 727 segg.; E. Stein, Untersuch. zur spätröm. Verwaltungsgesch., in Rhein. Mus., LXXIII (1925), p. 347 segg.; G. Rouilard, L'administration civile de l'Égypte byzantine, 2ª ed., Parigi 1928, p. 3; A. Gitti, L'ordinamento provinciale dell'Oriente sotto Giustiniano, in Bull. com., LX (1932); G. Segrè, Alcune osservazioni sulla costituzione dell'Impero da Diocleziano a Giustiniano, in Atti Congr. giurid. Romano, Roma 1933, p. 211 segg.
Diritto pubblico medievale. - Il nome di vicarius si estende nel Medioevo a molte dignità di pubblico ufficio, che tutte sono inspirate al concetto di rappresentanza di un'autorità, per coadiuvarla, o per sostituirla nel caso di assenza o di impedimento, o per esercitarne le funzioni nelle circoscrizioni territoriali minori. Gia nell'età franca, sia nei territorî romanici, sia nei territorî della Francia settentrionale, esisteva un minister comitis o vicarius del conte, istituito dallo stesso conte come suo rappresentante per l'intiero comitato o, più spesso, per uno dei distretti minori in cui il comitato era diviso. Probabilmente, questa istituzione segna il passaggio dalle antiche magistrature popolari dell'età germanica all'ordinamento vigorosamente accentrato dell'età franca: il conte aveva adottato il costume di inviare un suo vicario nella minore circoscrizione della centena e così il vicario aveva finito col sostituirsi al centenario, di origine popolare, e la vicaria, come suddivisione del comitato, aveva finito col confondersi, generalmente, con la centena; talora, però, la vicaria abbracciava un distretto più vasto, costituito da più centene.
Il vicario esercitava le funzioni comitali, militari, di polizia, finanziarie, giudiziarie nel distretto, ma la sua competenza giurisdizionale era meno vasta, perché ne erano escluse le cause criminali e quelle di proprietà e liberta. Anche nelle città italiane vi era spesso un vicario investito della podestà giurisdizionale sotto l'autorità di un marchese o di un conte. Analogamente in Francia, nei dominî diretti del re vi erano funzionarî per l'amministrazione della giustizia e l'esercizio degli altri poteri regi e prendevano nome di vicarî.
Importanza parimenti notevole ha la carica di vicario nel posteriore diritto pubblico germanico e italiano. Nella monarchia germanica, quando il re era impedito durevolmente nell'esercizio della sua podestà sovrana, doveva essere sostituito finché durasse la causa di impedimento (ad es. una lunga permanenza in Italia) da un vicario, che era, normalmente, il figlio o l'erede presuntivo del trono; ché, se questi mancava, si procedeva alla designazione per libera scelta. In seguito, però, il conte palatino e il duca di Sassonia rivendicarono il titolo all'esercizio della carica; la bolla d'oro del 1356 divise il regno in due vicariati corrispondenti alle due grandì divisioni fra paesi di diritto franco e paesi di diritto sassone e attribuì i primi, per l'esercizio del vicariato, al conte palatino, i secondi ai duca di Sassonia.
I vicarî esercitavano alcune fra le più importanti funzioni del regno, e soprattutto l'amministrazione della giustizia, ma le estesero in seguito, comprendendovi anche il diritto di convocare la dieta del regno. La carica di vicario non presupponeva necessariamente la vacanza o l'impedimento quando si trattava dell'impero, avendo l'imperatore la facoltà di delegare a singole persone l'esercizio totale o parziale dell'autorità sovrana per un determinato territorio, esercizio che consentiva all'impero per mezzo del vicario una più efficace difesa dei proprî interessi e la tutela dei diritti riservati. Di questa istituzione del vicariato, si volsero frequentemente gl'imperatori in Italia; Federico II istituì vicarî per le varie regioni dell'Italia centrale e settentrionale con l'ufficio di esercitare uno stretto controllo sulle autorità cittadine e spesso di assumere l'esercizio dei poteri nella città, sì che la carica fu congiunta a quella di podestà o capitano: vigoroso tentativo, troncato dalla morte dell'imperatore, di istituire un governo accentrato sul modello della monarchia meridionale.
Diverso da questo vicariato, che è una generale o parziale rappresentanza dell'autorità dell'impero, è il vicariato attribuito in Italia a comuni o signori. Questo vicariato imperiale, che ottennero la Repubblica Veneta, le repubbliche di Firenze, di Genova e altre, quasi tutte le signorie italiane, dei Visconti, Carraresi, Scaligeri, Estensi, Gonzaga, talune case marchionali e i conti di Savoia, aveca lo scopo di consacrare con l'autorità dell'impero la legittimità dei pieni e supremi poteri di governo e di giurisdizione che i comuni italiani avevano via via spontaneamente acquisito ed esercitato e che erano stati trasferiti, in molti luoghi, ai signori. In virtù della concessione del vicariato il potere giuridico delle repubbliche e delle signorie ebbe la sua fonte nell'autorità dell'impero e i vicarî assunsero vera dignità di ufficiali imperiali; la concessione aveva la durata della vita dell'imperatore e, se anche fatta in perpetuo, poteva essere revocata per ogni atto di ribellione o di infedeltà verso l'impero.
Teoricamente, questa concessione era un'espressione della piena sovranità imperiale, ma nella realtà aveva ben diverso significato, in confronto della magistratura dei vicarî dei tempi di Federico II imitata poi dai successori; se i vicarî avevano allora costituito una forma di controllo e di ingerenza del potere imperiale, nell'età successiva ogni tentativo di siffatta natura era tramontato e aveva aperto la via al nuovo concetto di vicariato, consacrazione giuridica, da parte dell'impero, di poteri già esistenti di fatto.
Bibl.: E. Mayer, Italienische Verfassungsgeschichte, II, Lipsia 1909, par. 45; R. Schröder, Lehrbuch der deutschen Rechtsgeschichte, Berlino 1922, par. 43; A. Esmein, Cours d'histoire du droit français, Parigi 1925, p. 346; E. Chénon, Histoire générale du droit français, I, ivi 1926, par. 104; H. Brunner, Deutsche Rechtgeschichte, II, Lipsia 1928, par. 83.
Per il vicariato imperiale in Italia: Th. Sickel, Das Vicariat der Visconti, in Sitzungsberichte der Wiener Akad. der Wissenschaften, 1859; J. Ficker, Forschungen zur Reichs- und Rechtsgeschichte Italiens, II, Innsbruck 1869, capitolo 31°; F. Ercole, Impero e Papato nel diritto pubblico italiano del Rinascimento, nel vol. Dal comune al principato, Firenze 1929.
Per il significato del termine nel campo del diritto ecclesiastico, v. missione; parroco; vescovo. Per il vicariato di Roma, v. roma; per il vicariato della Città del Vaticano, v. vaticano.